L’Odissea in TV (1968)

Domenica 24 marzo 1968, alle ore 21, sul programma televisivo Nazionale (attuale Raiuno), andò in onda la prima delle otto puntate dell’“Odissea”, realizzata dal regista Franco Rossi. Fu il primo sceneggiato a colori prodotto dalla Rai, ma in Italia fu trasmesso in bianco e nero, perché la TV a colori ancora non era disponibile. Ebbe un grandissimo successo di pubblico, con una media di sedici milioni e mezzo di spettatori a puntata. Lo sceneggiato ripercorreva per intero il poema e nel complesso risultava sostanzialmente fedele al testo omerico.

Ritaglio dal “Radiocorriere TV”: I puntata dell’Odissea televisiva, 24 marzo 1968

Ogni puntata, che durava circa 50’, era preceduta da una breve introduzione in cui il grande poeta Giuseppe Ungaretti (1888-1970), allora ottantenne, declamava alcuni versi del poema omerico. Come ha scritto recentemente Giorgio Ieranò, ai giovani telespettatori di allora il grande poeta “pareva vecchio di una vecchiezza mitologica e millenaria, più antico dell’Odissea stessa, e quando parlava la sua voce sembrava venire da un remoto aldilà”.

E tuttavia – sarà irriverente dirlo – tutti noi ragazzi aspettavano la puntata domenicale dell’Odissea non solo per seguire le appassionanti avventure di Ulisse, ma anche per sbellicarci dalle risate nel vedere Ungaretti che, con occhio grifagno, con il cranio lucido, con contorcimenti del corpo, con voce cupa e profonda e con misteriosi sibili, centellinava e degustava fonicamente i singoli versi omerici con una pronuncia incomprensibile e grottesca. E nelle aule scolastiche, il lunedì mattina, centinaia di piccoli Ungaretti sbuffavano e soffiavano declamando versi inesistenti.

Quello che colpiva nello sceneggiato era il suo carattere “non televisivo”, con molte scene girate all’aperto (le locations erano state scelte nella Jugoslavia); all’epoca si era invece abituati a sceneggiati realizzati interamente in interni, negli studi televisivi.

Ogni dettaglio, inoltre, era perfettamente curato: i costumi, l’ambientazione, i riferimenti culturali e antropologici (ad es. nella scena della strage dei Proci era molto scrupolosa la fattura dell’arco di Odisseo ed era ben evidenziata l’esperienza tecnica dell’eroe nel piegarlo). Una voce fuori campo, molto suggestiva, citava spesso i versi originali di Omero.

Le musiche, che si ispiravano ai frammenti dell’antica musica greca, erano di Carlo Rustichelli; la traduzione utilizzata era quella di Rosa Calzecchi Onesti.

Tra gli attori, molto famosi erano Marina Berti (Arete), Scilla Gabel (Elena), Juliette Mayniel (Circe) e soprattutto la grande attrice greca Irene Papas, che interpretò Penelope come una donna vera, dolente ed estremamente credibile.

Del tutto sconosciuto era invece, fino a quel momento, il protagonista, l’attore jugoslavo (nativo di Sarajevo) Bekim Fehmiu, che risultò un Ulisse così efficace da essere poi per sempre identificato con l’eroe omerico: “Ulisse per noi era Bekim Fehmiu. Per tutti era Bekim Fehmiu. Anzi, è ancora e sarà sempre Bekim Fehmiu per quanti sono cresciuti in quegli anni. Era un attore magnifico, con un viso di un’intensità rara”. Molti anni dopo, la fine di Fehmiu fu molto triste: fu trovato morto il 15 giugno 2010 nel suo appartamento di Belgrado e sembra che si fosse suicidato.

Bekim Fehmiu nel ruolo di Ulisse

Il giovane Renaud Verley, nei panni di Telemaco, piaceva molto alle spettatrici di allora, così come Nausicaa, interpretata da Barbara Gregorini Bach (in seguito Bond-girl nel film “Agente 007 – La spia che mi amava”), affascinò molti adolescenti dell’epoca…

Barbara Bach (Nausicaa)
Renaud Verley (Telemaco)

Polifemo era interpretato da Sam Burke; l’episodio che lo aveva per protagonista fu diretto da Mario Bava, che ebbe al suo fianco, come aiuto regista, il figlio Lamberto Bava. Io all’epoca avevo 14 anni e non fui impressionato più di tanto, ma molti bambini furono molto spaventati da Polifemo e soprattutto dagli effetti speciali (allora insoliti) dell’episodio, il cui artefice era il bravo Carlo Rambaldi; l’artista aveva realizzato per il ciclope, ingigantito grazie al sistema ottico “Blue Backing”, una maschera con il “monocolo”, dotata – appunto – di occhio e palpebra manovrabili a distanza; inoltre costruì un grande braccio con la rispettiva enorme mano (articolata in tutte le sue falangi); cose, per i tempi, strabilianti…

Sam Burke nel ruolo di Polifemo

(A proposito di scene “terrorizzanti”, se dovessi dire quale antico sceneggiato aveva superato tutti gli altri nel provocare tenaci paure in tutte le fasce d’età, ricorderei senz’altro “Belfagor – Il fantasma del Louvre”, la serie televisiva francese con Juliette Gréco trasmessa nel 1965, che – soprattutto in occasione delle “apparizioni” dell’inquietante fantasma – riusciva a creare una tensione terribile negli spettatori, non dimenticata a distanza di decenni…).

Belfagor, il fantasma del Louvre

Il successo strepitoso dell’ “Odissea” televisiva è dimostrato dal fatto che, a distanza di moltissimi anni, moltissime persone lo ricordano come un capolavoro; l’uscita in DVD nel 2002 ha consolidato ulteriormente questo successo.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

2 commenti

  1. rigorosamente conservato in un hard disk spesso mi viene in mente di riguardarlo. Ricordo che le domeniche erano sacre e per noi ragazzi di allora fu una meraviglia studiarlo a scuola e contemporaneamente vedere in tv purtroppo in bianco e nero il mito di Ulisse. Il fascino maggiore erano l’arrivo nella terra dei Lotofagi, l’incontro con il dio Hermes, l’incanto nelle scene della reggia di Eolo o la vista della casa di Circe. Ma quello che più rimane nella memoria è la colonna sonora in una parola eccezionale.

  2. La sensazione che ancora provo vedendo e rivedendo quel capolavoro è la straordinaria immedesimazione nel personaggio di Ulisse, per come l’attore che lo ha interpretato, il regista che lo ha diretto e i tanti sconosciuti che quel capolavoro hanno reso possibile sono riusciti, forse a loro stessa insaputa, a infondere nell’ignaro spettatore. Toccando il culmine ambito della tragedia greca, la liberazione dell’uomo dalle sue passioni mostrandole nella loro abbietta contraddizione e spianando la strada al miglioramento individuale come presupposto ineludibile del miglioramento collettivo

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