Se telefonando…

La canzone “Se telefonando” fu scritta espressamente per Mina da Maurizio Costanzo e Ghigo De Chiara; la musica fu composta da Ennio Morricone.

Il grande Maestro in quel periodo aveva già firmato le colonne sonore della “Trilogia del dollaro” per Sergio Leone e le sue musiche erano già popolari in tutto il mondo; contestualmente però era anche autore di musiche e arrangiamenti nel campo della musica “leggera” (ad es. “C’era un ragazzo…” di Gianni Morandi, “Sapore di sale” di Gino Paoli e “Il mondo” di Jimmy Fontana). “Se telefonando” però era la canzone di cui Morricone era più orgoglioso; una volta ebbe modo di dichiarare che la melodia gli era venuta in mente mentre faceva la fila in ufficio postale: e c’è davvero da rivalutare le snervanti file alla posta, di fronte a risultati come questo.

Il brano, nato originariamente come sigla di apertura del programma radiofonico “Aria condizionata”, fu cantato da Mina per la prima volta in televisione durante la sedicesima puntata di “Studio Uno” il 28 maggio 1966; contestualmente fu edito il 45 giri.

La melodia, l’arrangiamento, il tessuto musicale del brano sono straordinari. L’introduzione di fiati (ispirata, per ammissione dello stesso Morricone, alle sirene bitonali della polizia di Marsiglia) diventa il motivo portante della canzone, che presenta per l’interprete non poche difficoltà: il brano è in un crescendo continuo e si arrampica su note sempre più alte. Mina però aveva uno straordinario talento e un’estensione vocale unica, tanto da reggere alla perfezione l’impegnativo percorso vocale della partitura.

Non meno bello è il testo, che narra la storia di un amore durato lo spazio di una notte, una notte stupita anche lei di quanto sta avvenendo, a due passi dal mare: “Lo stupore della notte spalancata sul mar”. In questa notte avviene l’incontro di due persone fra loro sconosciute, sorprese e contagiate da quello stupore: “Ci sorprese che eravamo sconosciuti io e te”.

Si accende una scintilla, nasce un’improvvisa immediata attrazione fisica: “Poi nel buio le tue mani d’improvviso sulle mie”. [Il testo originale in realtà era “Poi nel buio d’improvviso / le tue mani sulla mia”, ma Mina, temendo che la spietata censura del tempo scorgesse un doppio senso nel testo, preferì che fosse cambiato]

Dopo la fiammata della passione, subentra nella donna lo sgomento, la paura per la rapidità fulminea di quello che è successo: “È cresciuto troppo in fretta questo nostro amor”.

Che fare, ora? Il telefono è là, a un passo da lei: basterebbe chiamarlo, parlargli, spiegare quello che lei sta provando. Basterebbe: “se” lei avesse la forza e il coraggio di farlo.

Ma lei sta lì ad analizzarsi, a creare ipotesi, in una serie di incalzanti periodi ipotetici dell’irrealtà: “Se telefonando io potessi dirti addio / ti chiamerei. / Se io rivedendoti fossi certa che non soffri / ti rivedrei. / Se guardandoti negli occhi sapessi dirti basta / ti guarderei”.

C’è in lei il desiderio di chiudere con un’esperienza nuova, inimmaginata e inimmaginabile, che ha sconvolto la sua vita e che non si sente di affrontare: forse ha un altro, forse è sposata, forse ha avuto delle delusioni e non se la sente di affrontare una nuova relazione.

Comunque sia, le mancano le parole per dire quello che prova: “Ma non so spiegarti / che il nostro amore appena nato / è già finito”. E del resto come potrebbe spiegarla, una cosa così incomprensibile, così assurda? Possono essere così brevi le ore di un amore? Può essere amore un sentimento che nasce e muore nell’arco di pochi magici istanti vissuti insieme?

In realtà lei ha paura. Ha paura di parlargli, di rivederlo, di guardarlo negli occhi. Si trincera dietro giustificazioni altruistiche (“se io rivedendoti fossi certa che non soffri”), ma in realtà le spiegazioni razionali le mancano, perché forse non esistono. Esistono solo i proclami categorici, tanto più categorici quanto più tormentati: “il nostro amore appena nato / è già finito”. È così e basta. Punto.

La canzone ebbe un enorme successo anche all’estero: nello stesso anno 1966 Françoise Hardy ne registrò due versioni, una in francese (Je changerais d’avis) e una in inglese (I will change my life). In queste traduzioni il telefono sparisce e il senso del brano viene modificato; di fronte a un nuovo amore, la ragazza qui si dimostra pronta a cambiare le sue precedenti idee, scettiche di fronte alle grandi passioni, e a lasciare alle spalle il suo passato per ricominciare tutto da capo. Pur avendo una voce assai meno potente di quella di Mina, più sussurrata e suadente, la cantante francese riesce a conferire sensualità e sincerità alla sua esecuzione, ottenendo un risultato sicuramente efficace (il brano si può ascoltare su Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=AbMJ6MO0Doo).

Françoise Hardy “Je changerais d’avis”, edizione francese di “Se telefonando”

Non sono mancate ulteriori reinterpretazioni della canzone, con risultati vari, come quelle di Nek, Franco Battiato, Claudio Baglioni, Orietta Berti, Delta V e Giorgia; ci fu anche un dimenticabile remake della cover di Françoise Hardy da parte di Vanessa and the O’s (2009).

Il video di Mina girato alla Stazione Centrale di Napoli

Esiste anche un video in cui Mina, avvolta in un costume che sembra fatto di serpenti neri, canta “Se telefonando” fra le moderne strutture della stazione centrale di Napoli (considerata da Bruno Zevi una delle opere più interessanti di architettura italiana degli anni Cinquanta e Sessanta). Il video era destinato ai “Caroselli” della Barilla e fu girato da Piero Gherardi, scenografo e costumista di Federico Fellini, vincitore di numerosi premi (tra cui due premi Oscar per i costumi di “8 e mezzo” e “La Dolce Vita”).

Lo stupore della notte spalancata sul mar
ci sorprese che eravamo sconosciuti io e te.
Poi nel buio le tue mani d’improvviso sulle mie:
è cresciuto troppo in fretta questo nostro amor

Se telefonando io potessi dirti addio
ti chiamerei,
se io rivedendoti fossi certa che non soffri
ti rivedrei,
se guardandoti negli occhi sapessi dirti basta
ti guarderei.

Ma non so spiegarti
che il nostro amore appena nato
è già finito.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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