“Can’t help falling in love”

La famosa canzone “Can’t help falling in love” fu scritta per Elvis Presley da George Weiss, Hugo Peretti e Luigi Creatore.

La melodia era basata su un’antica canzone francese del 1784 intitolata “Plaisir d’amour”, opera di Jean-Paul-Égide Martini (che in realtà era tedesco e di nome faceva Johann Paul Aegidius Schwarzendorf, ma fu soprannominato “Martini il Tedesco”).

Il testo francese era questo: «La gioia dell’amore non dura che un momento, / la pena d’amore dura tutta la vita. / Ho lasciato tutto per l’ingrata Silvia, / e lei mi lascia e prende un altro amante. / La gioia dell’amore non dura che un momento, / La pena d’amore dura tutta la vita. / “Finché quest’acqua scorrerà lentamente / verso quel ruscello che costeggia il prato / io ti amerò”, mi ripeteva Silvia. / L’acqua scorre ancora. Lei invece è cambiata. / La gioia dell’amore non dura che un momento, / La pena d’amore dura tutta la vita». [Nell’originale: «Plaisir d’amour ne dure qu’un moment, / chagrin d’amour dure toute la vie. / J’ai tout quitté pour l’ingrate Sylvie, / elle me quitte et prend un autre amant. / Plaisir d’amour…. / Tant que cette eau coulera doucement / vers ce ruisseau qui borde la prairie, / Je t’aimerai, me répétait Sylvie. / L’eau coule encore. Elle a changé pourtant./ Plaisir d’amour…»].

Il brano francese fu riadattato con un nuovo testo e fu inserito nella colonna sonora del film “Blue Hawaii” di Norman Taurog, con protagonista Elvis Presley. La registrazione del pezzo avvenne negli studi Radio Recorders di Hollywood il 21, 22, e 23 marzo 1961.

Il testo americano è di una semplicità lineare: «Gli uomini saggi dicono che solo gli stupidi fanno le cose d’impulso, / ma io non posso fare a meno di innamorarmi di te. / Devo restare? Sarebbe un peccato / se non posso fare a meno di innamorarmi di te? / Come un fiume scorre immancabilmente verso il mare, / tesoro, le cose vanno così, / certe cose devono succedere. / Prendi la mia mano, / prendi anche tutta la mia vita, / perché io non posso fare a meno di innamorarmi di te».

Eccolo nell’originale: «Wise men say only fools rush in, / but I can’t help falling in love with you./ Shall I stay? Would it be a sin / if I can’t help falling in love with you? / Like a river flows surely to the sea, / darling, so it goes, / some things are meant to be. / Take my hand, take my whole life too / for I can’t help falling in love with you».

Va detto che in alcune versioni si trova e si sente “Shall I say /would it be a sin?” (“Devo dire che sarebbe un peccato?”); e sarebbe filologicamente interessante capire come è nata la variante.

Non tutti i critici hanno visto in questa canzone il trionfo dell’amore, ma piuttosto una “resa” all’amore, contrapposto agli iniziali ammonimenti dei “saggi”, che invitano a non innamorarsi impulsivamente. In particolare la frase “only fools rush in” (“solo gli stupidi fanno le cose d’impulso”) è stata addirittura paragonata a una frase simile tratta da “An Essay on Criticism” (1711) di Alexander Pope: «Gli stolti si precipitano dove gli angeli temono di calpestare» (“Fools rush in where angels fear to tread”), come a dire che gli impulsivi fanno avventatamente le cose evitate dalle persone sagge.

Va anche rimarcato l’uso del termine “sin” (“colpa, peccato”), che sembra rispecchiare un tormentoso e perbenista dubbio morale sulla possibilità di infrangere il comportamento etico “corretto” atteso dalla società.

In realtà però il trionfo assoluto dell’amore è assicurato dal paragone (già esistente nel testo francese) con un fiume che scorre “surely” (“senza alcun dubbio, sicuramente”) verso il mare. Ne deriva la fatalistica accettazione che le cose “devono andare così” (“so it goes, / some things are meant to be”) e quindi non c’è nessuna obiezione possibile alla forza di un tale sentimento, vera “fiumana” alluvionale incontenibile. Da qui il successivo invito rivolto alla persona amata: “Prendi la mia mano, prendi anche tutta la mia vita” (“Take my hand, take my whole life too”), che segna una resa incondizionata all’amore e un superamento tutti gli scrupoli precedenti.

Una breve digressione: l’invito a “prendere la mano” nel mondo greco antico aveva un potente significato sensuale. Ad esempio il verso di Archiloco “Oh, potessi toccare la mano di Neobùle!” (εἰ γὰρ ὣς ἐμοὶ γένοιτο χεῖρα Νεοβούλης θιγεῖν, 118 W.), nel quale il Perrotta scorgeva (un po’ superficialmente) la “grande delicatezza di sentimento” del poeta nei confronti della fanciulla amata, in realtà va letto ben diversamente. Infatti numerosi confronti testuali dimostrano senza ombra di dubbio che per i Greci l’espressione “afferrare per la mano” indicava i preliminari di un rapporto sensuale: cfr. l’Inno omerico ad Afrodite (ove Anchise “prendeva per mano” Afrodite e la conduceva “nel letto fornito di belle coperte”, vv. 155-157) o analoghi passi di Euripide (“Ippolito” vv. 1042-1044), Aristofane (“Tesmoforiazuse” 1122), Teocrito (“L’incantatrice”, vv. 1115 e 1122), ecc.

Ovviamente gli autori americani non potevano conoscere questo dettaglio, per cui nella loro versione la componente romantica è assoluta e innegabile; non a caso l’invito a “prendere la mano” è subito affiancato da quello ad impadronirsi anche di “tutta la vita”, equivalendo così a una dichiarazione d’amore eterno e definitivo.  

Ben diversa, e più amara, era – come s’è visto – la conclusione dell’antica canzone francese: “L’acqua scorre ancora. Lei invece è cambiata. / La gioia dell’amore non dura che un momento, / La pena d’amore dura tutta la vita”.

Nell’esecuzione di Elvis Presley il brano salì in vetta alle classifiche di mezzo mondo nel 1962; in seguito, durante le esibizioni in concerto degli anni Sessanta e Settanta, concludeva immancabilmente gli spettacoli del King.

Nei decenni successivi, la canzone è diventata una “cover” eseguita da moltissimi famosi artisti: basti ricordare Perry Como, Doris Day, Bob Dylan, Shirley Bassey, Bruce Springsteen, Julio Iglesias, Céline Dion, Camila Cabello, ecc.

In Italia l’hanno cantata tra gli altri Ricky Gianco (per primo, nel 1965, con il titolo “E quando), Bobby Solo (che si atteggiava a “clone” di Presley, nel 1967 con il titolo “Te ne vai”), gli Aphrodite’s Child (nel 1969, nella versione intitolata “I Want to Live”), Nek, Andrea Bocelli (nel 2006 nell’album “Amore”), Marco Mengoni, Francesco De Gregori, ecc.

Nonostante le molte versioni, però, quella originale di Presley resta unica (la si può riascoltare in https://www.youtube.com/watch?v=vGJTaP6anOU), anche per il particolare arrangiamento minimalista, che oggi appare “vintage” ma è ancora efficacissimo nella sua essenzialità.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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