Erich Wolfgang Korngold (1897-1957), compositore austriaco naturalizzato statunitense, divenne famoso come autore di colonne sonore nei film di Hollywood.
Korngold, nato nel 1897 a Brno (nell’attuale Repubblica Ceca), crebbe a Vienna; su consiglio di Mahler studiò con Alexander Zemlinsky (1871-1942), celebre compositore e direttore d’orchestra austriaco, ritenuto l’erede musicale di Gustav Mahler e di Richard Strauss. Negli anni ’30, sfuggendo al regime nazista, si stabilì con la famiglia a Hollywood, dove compose (tra tante altre) le musiche per alcuni famosi film interpretati da Errol Flynn, come “Il principe e il povero” (1937), “La leggenda di Robin Hood” (1938), “Il conte di Essex” (1939), “Lo sparviero del mare” (1940), ecc.
Vinse due Oscar nel 1937 e nel 1939 per la migliore colonna sonora (“Avorio nero”, con Olivia de Havilland e Fredric March, e il già ricordato “Robin Hood”).
Nonostante le lodi del pubblico e la grande popolarità acquisita, Korngold fu avversato dalla critica, che gli rimproverò la scelta di una musica più “facile” rispetto alla produzione sinfonica e operistica; in realtà però le sue composizioni, nonostante palesi influenze di Puccini e Strauss, si rivelano eclettiche e spesso molto originali.
A Los Angeles Korngold si spense nel 1957; riposa all’Hollywood Forever Cemetery.
Pochi mesi fa è uscito un libro importante sulla vita e l’opera di Korngold: edito dalla Libreria Musicale Italiana di Lucca, il libro si intitola “L’uomo che fece suonare Hollywood – Vita e opere di Erich Wolfgang Korngold attraverso le lettere” ed è stato curato da Lis Malina (cantante e insegnante di canto). La traduzione in italiano è stata curata da Maria Adelaide Bianchi, che tanti anni fa a Genova fu la mia insegnante di Pianoforte.
Dopo mesi e mesi di lavoro indefesso, fra mille difficoltà, tutte superate con esemplare tenacia, Marida ha avuto la soddisfazione di veder pubblicata la sua fatica.
Il libro consiste in una selezione delle 2.000 lettere che la Biblioteca nazionale austriaca ha restituito alla nipote di Korngold (la quale però ha consentito di lasciarle lì per favorirne lo studio da parte di tutti).
Il titolo del libro nell’originale tedesco è “Dear papa: how is you? – Das Leben Erich Wolfgang Korngolds in Briefen” e, come spiega la curatrice, «si riferisce ad una lettera scritta al padre nel 1943 da Georg, il più piccolo dei figli di Erich Wolfgang Korngold. Questo simpatico sbaglio grammaticale è una testimonianza della difficoltà da parte degli emigrati di adattarsi alla nuova lingua» (p. XVI).
Le lettere sono disposte in ordine cronologico, con brevi premesse e utili note, spesso con il corredo di foto e caricature (realizzate da Luzi, la moglie del compositore); molto utile, all’inizio del libro, è un “Indice delle persone”, che fornisce preziose indicazioni su mittenti e destinatari delle lettere; c’è anche un “Indice dei luoghi” che presenta le “location” che hanno segnato l’esistenza del compositore austriaco e dei suoi familiari.
In quarta pagina di copertina, viene così sintetizzato il contenuto del volume: «Costretto ad abbandonare Vienna per l’America a causa delle leggi razziali, Erich W. Korngold, enfant prodige nella madrepatria, divenne suo malgrado il vero inventore della musica per film hollywoodiana. La corrispondenza, qui pubblicata per la prima volta in italiano, è il fil rouge di una narrazione coinvolgente, attraverso cui seguire una vita divisa tra due continenti, con i grandissimi successi come compositore più che acclamato e il duro destino imposto agli esuli della Seconda guerra mondiale. Le chiose dell’autrice, tra una lettera e l’altra, illuminano le vicende intercorse e ne chiariscono i vari collegamenti. Korngold, vincitore per ben due volte dell’Oscar, condiziona sino ai giorni nostri lo stile della musica per film made in Hollywood. Il tentativo di Korngold di riprendere dopo la guerra la sua precedente carriera in Austria fallì senza pietà: le promesse per una ripresa delle sue opere furono troppo spesso non mantenute, il che lo deluse profondamente. Se le sue opere erano state considerate degenerate (perché d’avanguardia) dai nazisti, dopo la guerra acquisirono il sentore di anacronistiche, eclettiche e – ironia della sorte – troppo legate al genere della musica da film. Questa pubblicazione delle lettere di Korngold ha lo scopo di far conoscere al lettore italiano la sua vita e la sua attività artistica».
L’autrice della raccolta, Lis Malina, in una prefazione segnala alcune delle difficoltà incontrate: l’illeggibilità di alcune lettere scritte a mano, la necessaria esclusione di alcune missive per motivi di spazio, la forzata abbreviazione di alcuni testi; intenzione della curatrice è stata quella di «creare un filo biografico-narrativo», un filo peraltro non lineare, dato che costituisce «un tentativo di presentare l’altalena emotiva tra gli anni spensierati del bambino prodigio e l’esodo drammatico. La vita privata di Erich Wolfgang Korngold diventa il fulcro del racconto, anche se sempre in un’ottica di vicinanza al compositore, pianista e direttore d’orchestra» (p. XVI).
In particolare, risultano di grande interesse per i lettori alcune lettere inviate da insigni mittenti:
1) nella lettera del 3/1/1910 indirizzata da Richard Strauss a Julius (padre di Korngold), l’insigne compositore esalta le composizioni del giovanissimo Erich (allora tredicenne), temendo però che «un genio così prematuro possa perdere la possibilità di uno sviluppo normale», per cui invita il genitore dell’enfant prodige a mandarlo «in montagna a sciare, a correre in slitta, così che questo giovane cervello non si stanchi o si consumi in anticipo» (p. 6);
2) l’1/11/1922 Giacomo Puccini, che conosceva da qualche anno i Korngold, scrive così ad Erich: «È molto lusinghiero per me che Lei s’interessi per la mia musica. Vorrei vivere a Vienna dove si respira l’alito dell’arte – credo, ora e sempre, sia e sia sempre stato l’unico paese dove l’arte musicale trova le anime appassionate e con senso eclettico per questa nostra arte. […] Auguri a Lei e al suo Paese – Lei però è forte e giovane: scriva, scriva come le detta il cuore e vincerà ogni ostacolo, chiarezza e semplicità!» (pp. 48-49);
3) in un’altra lettera del 12/3/1924 (di cui viene riportata la foto a p. 53), Puccini scrive a Erich da Viareggio, comunicando di aver ricevuto la partitura d’orchestra dell’opera “La città morta” (“Die tote Stadt”, 1920) di Korngold: «Sono tanto contento di avere nella mia biblioteca questo vostro nobile e sapiente lavoro. Avanti, mio caro Erich, Voi siete giovane e la via è appianata per arrivare ad astra!» (p. 54).
4) il grande regista teatrale e cinematografico Max Reinhardt (che conobbe Korngold fin dal 1911 e gli fu sempre legato da un’amicizia profonda, tanto da farlo venire in America come compositore di colonne sonore) con tre telegrammi da San Francisco nell’ottobre 1934 invita Erich a rielaborare la musica di Mendelssohn per il film “Sogno di una notte di mezza estate” (p. 92); da qui derivò il primo viaggio negli USA di Erich e di sua moglie Luzi e il 19 luglio 1941 Erich scriverà a Reinhardt esprimendogli il suo “grande attaccamento”, la sua riconoscenza («il destino La ha già prescelta come strumento della nostra salvezza»), il suo affetto e la sua ammirazione (p. 131);
5) il 30/9/1945, alla morte di Julius (padre di Erich), il grande compositore Arnold Schönberg scrive ad Erich per fargli le condoglianze, cogliendo l’occasione per esternargli la sua “stima più profonda” (p. 149);
6) il 3/12/1981 il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, che aveva recitato come attore nel film “Delitti senza castigo” (Kings Row) diretto da Sam Wood nel 1942, con le immancabili musiche di Korngold, scrisse a Ernst, figlio primogenito di Erich, per ringraziarlo per i materiali musicali donati da lui e sua moglie Helen alla Biblioteca del Congresso di Washington: «La musica di Suo padre ha sfiorato molte vite, inclusa la mia, in un modo speciale. Egli ha lasciato un’eredità di bellezza, che adesso si potrà dividere con la moltitudine dei suoi ammiratori» (p. 191).
A parte le lettere di contenuto più specificamente musicale, la ricca documentazione epistolare segue la vita privata di Korngold, attestando il suo amore per la moglie Luzi von Sonnenthal (variamente soprannominata Uzi, Luzerl, Luz, Luzing, Putzi), il complicato rapporto con l’ingombrante padre Julius, la difficile relazione con il fratello maggiore Hans (che fece il musicista jazz senza affermarsi e gli domandò sempre soldi, arrivando anche ad appropriarsene illegalmente), le liti fra i suoceri Korngold e la nuora Liz (difesa peraltro dall’affezionato consorte), le feste di famiglia (ad es. le nozze d’argento di Erich e Liz festeggiate il 30.04.1949), i premi, i ricevimenti, ecc.
Particolarmente drammatiche sono le lettere di Julius al figlio scritte in occasione dell’Anschluss, l’annessione dell’Austria alla Germania nazista avvenuta il 13 marzo 1938; in una missiva inviata da Zurigo il 15 marzo, Julius descrive al figlio e alla nuora (che vivono ormai in America) la tragica situazione del momento: «Amati, amati figli! Una grande sventura si è abbattuta su di noi e sul mondo: in due giorni e mezzo crollo del governo, occupazione, SA nelle strade, negli uffici, in tutto il Paese arresti, fuggiaschi, annuncio delle leggi tedesche, prime privazioni dei diritti per gli ebrei. […] Ma, cari figli, non credo che il Vostro ritorno sarà mai possibile. Il vostro, Ericko e Luzi, proprio per niente. Poiché non potreste più venirne fuori, faranno come in Germania e dichiareranno i passaporti ebrei non validi» (pp. 114-115).
Insomma, dalla documentazione epistolare non si ricava soltanto la ricostruzione dell’esistenza di un uomo famoso e importante nella cultura musicale del Novecento, ma anche la testimonianza ricca e vivace di un’intera epoca storica.
Il lavoro svolto dalla curatrice e dalla traduttrice è stato imponente e spesso complicato; infatti, come si legge in una recensione pubblicata lo scorso 13.08.24, nel volume viene presentata «una sequela di lettere, di testimonianze, tradotte accuratamente e con notevole difficoltà, data la scrittura il più delle volte poco leggibile (ne sanno qualcosa coloro i quali devono “interpretare” le ricette mediche) dapprima dal tedesco in inglese e poi in italiano per questo eccellente volume, tra Korngold ed i suoi contemporanei colleghi, tra lui e la moglie Luzi, tra lui ed i familiari, tra lui ed il suo Tempo, che fa ancor di più venir voglia di andarsi a leggere (se non lo si è già fatto) altri libri su questo immenso compositore, prodigioso nella scrittura di colonne sonore, opere, sinfonie, concerti per singoli strumenti e molto altro» (https://www.colonnesonore.net/recensioni/libri/10180-l-uomo-che-fece-suonare-hollywood-vita-e-opere-di-erich-wolfgang-korngold-attraverso-le-lettere.html).
Nonostante le difficoltà, però, il risultato finale è notevole; continua infatti il recensore: «Questo libro […] è un eccezionale contributo all’Arte della Musica (non solo) di Korngold attraverso queste lettere, incorniciate da una parte iconografica interessante, alcune vignette e disegni, nonché spartiti e in coda un indice delle composizioni per numero d’opera, in cui ci si delizia e ci si accultura grazie a scambi epistolari con, a parte i succitati, Giacomo Puccini, Igor Stravinsky, Bruno Walter, Arnold Franz Walther Schönberg, Richard Strauss, Ronald Reagan e tanti altri».
La traduzione italiana di Marida si segnala per chiarezza ed efficacia ed è sempre guidata dal desiderio di favorire la comprensione dei lettori italiani: in questa ottica si giustificano le informazioni più dettagliate su alcuni luoghi e il potenziamento delle note esplicative.
Il lavoro della traduttrice è stato complicato dalla opinabile trascrizione di alcune lettere scritte a mano, dall’uso di una lingua tedesca ormai antiquata, da alcuni complicati riferimenti storico-politici, dalla presenza di espressioni in yiddish (ebreo parlato), dalla necessità di rendere le diverse sfumature linguistiche dei mittenti.
È stato sicuramente una fatica notevole, considerando anche il tono “informale” di molte epistole familiari, in cui lo “slang” adoperato era già di difficile comprensione nell’originale tedesco; per di più quasi sempre Marida ha lavorato da sola e ha dovuto rivedere le bozze personalmente (nonostante la sua “verde” età di splendida ottantenne).
Emerge nel complesso, nella traduzione della prof. Bianchi, una precisione esemplare, una scrittura vivace, un’attenzione capillare alla resa opportuna di termini ed espressioni.
In tutte le fasi del suo lavoro, però, come spesso mi ha confidato per telefono o per mail, Marida è stata guidata da una passione e da un entusiasmo che invano si cercherebbe in una ventenne; e l’opera da lei realizzata diventa un esempio, per tutti, di come nella vita si possano e si debbano sempre inseguire nuove mete, senza sentirsi mai “arrivati”. In questo, io sono un po’ come la mia Maestra: e non a caso il mio blog si intitola “Nulla dies sine linea”…