Le “muffulette” dei Morti

A Palermo il 1° e il 2 novembre si mangiano (a colazione, o a pranzo, o a cena, o in tutte e tre le occasioni) le “muffulette”, condite (anzi “cunzate”) con olio d’oliva, acciughe sotto sale, origano e caciocavallo oppure ricotta. In questi due giorni la “muffuletta” viene preparata con un diametro più grande rispetto alla pagnotta utilizzata solitamente con le panelle o con la milza.  

La “muffuletta” si può gustare “schietta” (con olio d’oliva, sale, pepe, sarde salate e caciocavallo) o “maritata” (con l’aggiunta della ricotta di pecora).

A dire il vero (per problemi di identità di genere assai diffusi nell’isola, come nel caso di “arancina” e “arancino”) la “muffuletta” di Palermo in altre zone della Sicilia diventa virilmente un “muffulettu”; ma, anche in questo caso, al giorno d’oggi la differenza non ha più nulla di scandaloso.

In passato, a Palermo e non solo, le persone imbottivano le “muffulette” e se le portavano al cimitero per riproporre, almeno una volta l’anno, un momento di affettuosa convivialità con i propri defunti.

Ricordo di avere visto vere e proprie “tavolate” davanti alle cappelle funerarie e ai loculi dei cari estinti: in Sicilia i confini fra vita e morte, esistente ed esistito, presente e assente sono più labili e incerti che altrove; anzi in qualche modo l’assente andrebbe definito, in modo più politicamente corretto, “diversamente presente”.

La tradizione del “pranzo al cimitero” aveva però anche ragioni oggettive: spesso in città o nei paesi i cimiteri si trovavano lontani dal centro; ciò in passato comportava un viaggio piuttosto lungo, a volte con mezzi di fortuna (come i carretti); insomma, non era facile tornare in tempo per il pranzo (momento ineludibile per qualunque siciliano). Da qui la comodità della “muffuletta”, consumabile durante il “viaggio”, al cimitero e (in casi non troppo rari) anche al ritorno.

Anche quest’anno, come trionfalmente mostrato dalle foto, non mi sono fatto mancare le gustosissime “muffulette”, cui è consacrato il pranzo di oggi.

Le ho comprate, come faccio da molti anni, al vicino panificio Ingrassia, il cui titolare è stato, fino al 2020, lo storico panificatore Antonino “Ninetto” Ingrassia, che era un vero “artista” nel suo mestiere, unendo alla grande abilità professionale la simpatia umana. Al panificio indossava sempre un tradizionale camice bianco, risultando un modello di dedizione al lavoro, impegno e competenza; e oggi, vedendo il suo lavoro continuato egregiamente dai suoi eredi, sarebbe stato contento e orgoglioso.

Antonino Ingrassia con la figlia Pina

Oggi, per “par condicio”, ho acquistato entrambe le tipologie di “muffulette”, “schiette” e “maritate” (non è stata ancora inventata la tipologia “conviventi”); mi accingo dunque a onorare le sacre tradizioni locali.

Come dessert, attingerò al ricco “canestro” dei Morti.

Dunque, buon appetito!

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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