A proposito del saluto romano…

La legge Scelba n. 645 del 1952 vieta la ricostituzione del partito fascista e la propaganda delle sue idee e finalità; in particolare, l’art. 5 dice che «chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie pubblicamente manifestazioni usuali al disciolto partito fascista è punito con l’arresto fino a tre anni e un’ammenda fino a 516 euro, la perdita dei diritti politici e l’interdizione dai pubblici uffici».

Nel 1993 la legge Mancino n. 205 ha ratificato la convenzione di New York sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale; il suo art. 2 vieta «il compimento di manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi».

Ieri però la Cassazione ha stabilito che il saluto romano non è reato “senza il concreto pericolo del ritorno del fascismo”; la sentenza ha disposto un nuovo processo di appello nei confronti di otto militanti di estrema destra, che avevano compiuto il gesto nel corso di una commemorazione fatta a Milano il 29 aprile 2016 in memoria dello studente milanese Sergio Ramelli, militante del Fronte della Gioventù, deceduto in uno scontro avvenuto il 13 marzo 1975 con un gruppo di militanti della sinistra extraparlamentare.

In altre parole, per la Cassazione il saluto romano non è reato se viene fatto nell’ambito di commemorazioni; per essere perseguito penalmente dovrebbe accompagnarsi alla volontà di ricostituire il partito fascista.

Quindi, se io vado a una commemorazione di estrema destra e faccio il saluto romano, non sto mostrando alcuna chiara volontà di “ricostituire il partito fascista”; mi limito invece a una salutare ginnastica per le braccia. Del resto, vai a dimostrare che io – solo perché faccio il saluto fascista – sono un neofascista, nostalgico di Mussolini, delle leggi razziali, del nazismo e dei disastri storici provocati dal famigerato ventennio.

Non meno impossibile è dimostrare che a Capodanno il deputato di Fratelli d’Italia, Emanuele Pozzolo (dalla cui pistola è partito un colpo che ha ferito il genero di un agente di scorta al sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro) avesse intenzioni negative: ognuno è libero di portarsi in tasca una pistola, di mostrarla orgoglioso agli astanti e di negare poi spudoratamente di essere stato imprudente: la colpa è semmai dei malpensanti e, in questo caso, di chi aveva avuto la pessima idea di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato.

In definitiva, in questo mirabile anno venti-ventiquattro (o anno II della nuova era?), si è capito chiaramente che per ogni evento occorre sempre fare un processo alle intenzioni: e mentre i fatti sono fatti, oggettivi-evidenti-chiari-lampanti, le intenzioni possono essere evanescenti-illusorie-confutabili-reinterpretabili.

Del resto, la stessa Cassazione si era già espressa in passato sul saluto romano in modo non univoco; come si legge nel sito del “Corriere della Sera”,  nel 2014 la Cassazione aveva ritenuto che «il saluto romano di certo rientra nelle manifestazioni esteriori idonee a configurare il pericolo di ricostituzione del partito fascista», mentre un anno dopo lo riteneva lecito sia perché «non ha attitudine alla diffusione di idee discriminatorie e violente» (?), sia perché compiuto all’interno di uno stadio «che non è un luogo deputato a fare proselitismo» (?!).

Ovviamente la sentenza di ieri ha fatto cantare vittoria ai difensori di alcuni imputati per il saluto romano in una commemorazione del 2016; ad es. l’avvocato Domenico Di Tullio ha dichiarato all’Adnkronos: «Il saluto romano fatto da oltre 40 anni nel corso di commemorazioni di defunti e vittime del terrorismo non è reato; per la contestazione della Legge Mancino è necessario che ci sia un’organizzazione che ha tra gli scopi la discriminazione razziale e la violenza razziale. Non è il caso del presente e del saluto romano che non ha i requisiti della riorganizzazione né di discriminazione. Non è dunque sussumibile nelle due fattispecie ipotizzate».

Sussumibile o non sussumibile, per chi è antifascista il saluto romano è una dichiarazione lampante di simpatia, sostegno e rimpianto verso il fascismo; e colpisce il fatto, notato dal prof. Prodi in una recente intervista, che in queste manifestazioni “nostalgiche” non si notasse nessuna donna. Il fascismo di ogni tempo e Paese è “maschio” e virile, come lo era il ridicolo personaggio del fascistissimo Catenacci (interpretato da Giorgio Bracardi) nella trasmissione radiofonica “Alto gradimento” di Arbore e Boncompagni; e ben poco avrebbero e hanno le donne da rimpiangere per quel periodo che le aveva ridotte a prolifici e succubi angeli del focolare domestico.

Comunque sia, come si legge oggi nel sito de “Il Giornale” (quotidiano legato all’attuale maggioranza di governo) «la scelta delle Sezioni Unite [della Cassazione] non accontenta, alla fine, nessuno. Né l’ultradestra che sperava in una cancellazione, o quasi, del reato; non il mondo della sinistra e dell’Anpi che vedono ridimensionata la portata del delitto di nostalgia». Tuttavia, «che il reato sia depotenziato, e d’ora in avanti un po’ più difficile da contestare, appare inevitabile». Manifestazioni come quella recente di Acca Larenzia, dunque, sono perfettamente legali.

Manifestazione ad Acca Larenzia, domenica 7 gennaio 2024

A questo punto, non c’è da meravigliarsi che Casa Pound esulti («è una vittoria storica che zittisce tutti, con buona pace di chi ad ogni presente invoca condanne e sentenze esemplari») e proclami a gran voce: «continueremo a fare il saluto romano».

Del resto, chi potrebbe dire che Casa Pound miri concretamente alla ricostituzione del fascismo? Chissà invece che non sia un movimento neocomunista e che nelle manifestazioni trasformi in extremis il pugno chiuso in una mano spalancata nel saluto dei Cesari?

Ma forse la colpa è del Covid, che ci aveva abituato a rinunciare alla stretta di mano, sostituendola con surreali colpi di gomito, con cenni della mano e con inchini pseudonipponici; se qualcuno vuole tornare ai saluti romani, non si può pensare che sia spinto da lodevoli motivazioni igienico-sanitarie?

Tutto è possibile, tutto è affermabile, tutto è negabile, tutto è sussumibile.

Tanto non mancherà mai chi possa dimostrare che quello che si vede non è, che quello che si pensa non può essere pensato e che quello che sembra un reato è in realtà un gesto senza importanza.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

1 commento

  1. Cosa si può dire di più? Ci si sente piccoli, impotenti. Troppo cretinismo. Troppa necessità del branco che ti fa forte…. Poveri tutti. I tempi sono tempi da lupi, anzi da ratti da fogna

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