Il ghibli, le foglie, gli scivoloni e il Gattopardo

L’asfissiante vento di scirocco che da ieri opprime la Sicilia, con temperature che qui a Palermo ieri e oggi hanno toccato i 34° all’ombra, ha dato anche il colpo di grazia agli alberi (mai potati) delle poche strade alberate del capoluogo siciliano.

Le foglie infatti, come si vede dalle foto che ho scattato poco fa in via Sammartino, in pieno centro cittadino e a cinque minuti da Piazza Politeama, hanno sepolto la sede stradale e i marciapiedi, rendendo il percorso pericolosissimo per i pedoni: poco fa, dovendo attraversare quel punto, pur stando molto attento stavo per fare uno scivolone.

Ho sentito dire a un parrucchiere delle vicinanze che ieri anche un motociclista è slittato sulle foglie, per fortuna senza gravi conseguenze.

Facile profezia è dunque quella che, purtroppo, prevede che altre persone, più distratte o meno fortunate, finiscano all’ospedale con qualche frattura; a meno che, cosa che in questa città ha qualcosa di miracoloso e surreale, non si materializzi improvvisamente qualcuno di quegli esseri invisibili chiamati “operatori ecologici” (alias “spazzini”) alla cui esistenza crediamo ormai solo per fede.

Le foto che allego documentano inoltre, se ce ne fosse bisogno, il degrado vergognoso in cui l’amministrazione comunale (che l’anno scorso aveva strombazzato per mesi un “vuccazzusu” piano di risanamento e pulizia urbana) tiene le vie cittadine.

Les feuilles mortes se ramassent à la pelle / Tu vois, je n’ai pas oublié / Les feuilles mortes se ramassent à la pelle / Les souvenirs et les regrets aussi.

(“Le foglie morte si radunano nella paletta / Tu vedi, non ho dimenticato / Le foglie morte si radunano nella paletta / Cosi pure i ricordi ed i rimpianti”).

Speriamo di non dover radunare dei morti accanto alle foglie morte.

Quanto ai ricordi e ai rimpianti, ci si può cullare invano nel ricordo di tempi migliori (ammesso siano esistiti); e si può rimpiangere di dover vivere così male in un’invivibile città così abbandonata da tutti e così bistrattata anche dal clima.

Questo clima che c’infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi; li conti, Chevalley, li conti: Maggio, Giugno, Luglio, Agosto, Settembre, Ottobre; sei volte trenta giorni di sole a strapiombo sulle teste; questa nostra estate lunga e tetra quanto l’inverno russo e contro la quale si lotta con minor successo” (G. Tomasi di Lampedusa, dal “Gattopardo”).

Quannu ciuscia lo sciroccu, / puru u scaltru agghiorna loccu” (“Quando soffia lo scirocco, / pure chi è scaltro si sveglia idiota”); proverbio popolare inventato da un componente del popolo siciliano (io).

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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