Le Officine Elettriche Genovesi

Le Officine Elettriche Genovesi (OEG) operavano nel campo della produzione e distribuzione dell’energia elettrica. Furono fondate nel 1895, con un capitale sociale di tre milioni di lire, sottoscritto in maggioranza da società del gruppo elettrico AEG (Allgemeine Elektrizitäts Gesellschaft) di Berlino, con rogito del notaio Besio.

La nuova società aveva dovuto affrontare una dura lotta con la Siemens per il controllo della produzione e distribuzione di energia elettrica della città. Nello stesso anno l’AEG incorporò l’esistente Società Genovese di Elettricità, garantendosi così l’egemonia nel servizio elettrico per l’illuminazione e la trazione. La società assicurò così l’illuminazione elettrica nel centro storico e nel porto.

Sempre nel 1895 fu costruita la centrale termoelettrica di via Canevari 9, alimentata a carbone (fu messa lì proprio perché c’era il treno che portava il carbone lì vicino); rimase in funzione fino al 1967 allorché, nell’ambito della nazionalizzazione dell’energia elettrica voluta dal governo di centro-sinistra, in seguito al decreto del Presidente della Repubblica del 29 marzo 1963, le OEG furono trasferite all’ENEL.

Nel 1902 un giovanissimo Gilberto Govi fu assunto come disegnatore presso le Officine Elettriche Genovesi; ma per fortuna non volle poi rinunciare al teatro per una vita da impiegato…

Gilberto Govi

Nella storia di queste Officine vi fu anche una tragedia: nel 1917 la società aveva dato il via alla costruzione di due dighe, una alta 45 metri (detta del bric Zerbino) e un’altra alta 15 metri (detta della sella Zerbino), che formarono il lago di Ortiglieto. Il 13 agosto 1935 a Molare, dove il Piemonte confina con la Liguria, si scatenò l’apocalisse: alle 13.15 in punto crollò la diga secondaria e in pochi minuti le sue acque spazzarono via un lungo tratto della valle dell’Orba. L’onda che ne proruppe arrivò fino a Ovada, provocando 111 morti e distruggendo case, ponti, strade e un tratto della ferrovia Asti-Genova.

Il disastro di Molare (1935)

La tragedia fu taciuta dalla stampa del regime fascista che aveva ordine di censurare gli eventi drammatici dell’epoca. Per la giustizia, poi, il crollo della diga delle Officine Elettriche Genovesi, costola della potentissima Edison dell’epoca, non ebbe colpevoli; nel 1938 la Regia Corte d’Appello di Torino assolse tutti gli imputati, nonostante i periti fossero giunti alla conclusione che lo sconnesso terreno della sella Zerbino non poteva reggere la costruzione di una diga. Di recente il CNDDU (Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina dei Diritti Umani) ha commemorato quella tragedia rimossa e dimenticata.

Allego qui una foto della centrale di via Canevari, che risale all’inizio del secolo scorso; si intravedono alcuni operai e impiegati sull’uscio. All’ingresso c’era un’iscrizione latina (“Non heic molitur vanos Salmoneus ignes ingredere o tandem prona vides MDCCCXCVI”); la scritta faceva riferimento alla storia di Salmoneo che, volendo gareggiare con Zeus nella produzione di fulmini e tuoni, fu incenerito dal dio, offeso per la sfida che gli era stata lanciata. Lungo tutte le pareti dell’edificio, inoltre, erano riportati i nomi di scienziati, fisici, chimici.

La documentazione sulla storia dell’edificio, presa direttamente dall’archivio Officine Elettriche Genovesi, è stata donata dalle sorelle Elena e Maria Pero nel 1997 alla Wolfsoniana, polo museale del Levante con sede a Nervi, in Via Serra Gropallo; dal ’99 l’archivio è stato dichiarato “di notevole interesse storico”.

Usciti di scena nel gennaio 2013 anche gli ultimi presidii della ditta Enel, Municipio III e Comune di Genova stavano lavorando a un progetto per la riqualificazione; Dopo il restauro di circa tre anni fa, i locali sono destinati ad uso sociale; al momento vi ha sede la Protezione Civile del gruppo Alpini di Genova. Durante il periodo COVID è stato illuminato col tricolore.

Via Canevari

Io ricordo di aver visto ancora questa fabbrica da bambino, con quella specie di ciminiera che mi sembrava un monumentale obelisco; non era molto lontana da corso Sardegna dove abitavo; passavo il ponte Firpo sul Bisagno in corso Galliera e arrivavo…

Una foto dei nostri giorni

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

1 commento

  1. Salve. Interessante articolo. Ho una scatola di derivazione mancata officine elettriche genovesi se vuole posso inviare le foto..

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