La cosa migliore è non vedere. Ed è quello che fanno troppe persone, qui. O meglio: vedono e prendono atto, ma ripetono che tanto non c’è niente da fare e che non cambierà mai niente. La gente dunque fa la stessa cosa che faceva lo Stato per De Andrè: “si costerna, s’indigna, s’impegna / poi getta la spugna con gran dignità”.
Ieri mattina sono sceso per fare la spesa, meravigliandomi anzitutto di essermi ormai assuefatto al caldo asfissiante che attanaglia l’isola e continuerà ad attanagliarla a lungo (come dico scherzosamente ai negozianti, però, non occorre preoccuparsi: “cosa di tre-quattro mesi può essere”).
Poi ho guardato per terra.
Le foto che allego qui ne sono un’impietosa documentazione.
All’angolo con la centralissima via Sammartino, gli stalli (si dice così?) di parcheggio per i motorini sono deserti (del resto, i “motori” qui si lasciano in genere ovunque, tranne che nei luoghi ad essi riservati). In compenso c’è uno strato di sporcizia accumulatasi da giorni; foglie, cartacce, sacchetti multicolori. Se un motociclista dovesse parcheggiare qui, dovrebbe prima “sanificarsi” (altro che covid) e stare attento a non cascare rovinosamente. Per di più, i vicini marciapiedi sono costellati di crepe, “scaffe” e buche, nella totale assenza di ogni manutenzione.
Inutile dire che non si tratta di una situazione sporadica: la storia si ripete ovunque. In questa città non si sa che cosa significhi “spazzare” una strada. A volte lo fanno i commercianti, nauseati dalla sporcizia circostante o dai cumuli di “munnizza” maleodorante che si accumulano accanto ai loro negozi.
Quanto ai cosiddetti “operatori ecologici” (che almeno quando si chiamavano “spazzini” esistevano) sembrano una stirpe estinta; una volta ogni tanto ne appare uno, impegnato in una monomachia omerica contro la “netturbe” che richiederebbe invece un esercito degno di Agamennone.
Ma la RAP (Risorse Ambiente Palermo s.p.a., cioè “società per allocchi”) non vede e non agisce, i cittadini non vedono e sopportano, il sindaco non vede e non sente.
O meglio: essendo indubbiamente una persona di grande spessore culturale, Orlando vede sicuramente; i casi allora sono due: 1) o non ritiene che fra le sue competenze ci sia quello di dare dignità, decoro e pulizia all’aspetto esteriore della città che amministra, preferendo cercare altrove le immagini positive da valorizzare; 2) oppure capisce e conosce il problema ma non è riuscito, non riesce e non riuscirà a risolverlo, limitandosi a scaricare la responsabilità della disastrosa situazione su altri enti politico-amministrativi.
E poiché Leoluca Orlando fu sindaco di Palermo per la prima volta nel 1985, è davvero triste che dopo 36 anni non sia ancora riuscito a spazzare via la “munnizza” da questa città, così come è vergognoso che i cittadini debbano vedere Palermo ridotta così, magari vergognandosi di mostrarla agli amici che vengono da fuori.
Poiché poi “munnizza” chiama “munnizza”, i rifiuti urbani diventano crescente metafora di una più generale “sporcizia” che riesce a infettare le risorse di questa città un tempo splendida e “unica”.
“Città meravigliosa” la definiva, alla fine del XII secolo, Ibn Jubayr, viaggiatore e poeta arabo-andaluso. Città meravigliosa, ma non amata dai suoi abitanti e dai suoi amministratori, maltrattata e deturpata nella generale indifferenza o nella colpevole impotenza, insozzata nei suoi angoli più pittoreschi, sempre sacrificata a bassi interessi personali e a meschini calcoli privati.
Fare confronti impietosi con altre realtà del nostro Paese fa soltanto male e fa rabbia; per di più serve a poco, perché come risposta emerge la solita rassegnazione fatalistica (“è sempre stato così, sarà sempre così”), una rassegnazione che è degli anziani ma anche (purtroppo) dei giovani, illusoriamente consolati dal riferimento alle innegabili cose belle (il sole, il mare, i monumenti, il passato, ecc. ecc.).
Chi si contenta, gode. E forse siamo così mal abituati che ci accontentiamo veramente di poco.