Ieri sera a perdere alla Favorita, anzi allo pseudo-stadio “Renzo Barbera”, non è stata solo la nazionale italiana, brutta copia irriconoscibile della squadra che l’anno scorso vinse gli europei, inguardabile, confusionaria, velleitaria, a tratti leziosa e abulica, pure jellata.
Come posso dire per diretta testimonianza, ieri sera è stata sconfitta Palermo, perché le condizioni in cui si è svolto l’incontro sono state intollerabili e ingiustificabili e dovrebbero richiamare le autorità a un “mea culpa” (cosa di cui sono notoriamente incapaci).
Bastino alcune osservazioni.
1) L’afflusso di migliaia di tifosi provenienti da tutta la Sicilia era disordinato, sregolato e non minimamente filtrato. Migliaia di persone arrivavano accalcate l’una accanto all’altra nelle strade adiacenti allo stadio (piazza De Gasperi e viale del Fante in particolare), fra lanci di petardi, canzoni napoletane, copie della “Gazzetta dello Sport” regalate e subito abbandonate per terra (forse per non sentirsi mancare la gradita abituale compagnia della “munnizza”), consumazione frenetica di panini (con altrettanto immediato abbandono di cartacce ovunque).
Meno male che l’emergenza covid è stata dichiarata finita dalle stesse autorità che fino a poco tempo fa ci subissavano di raccomandazioni, divieti e inviti ad evitare gli “assembramenti”! Ieri sera fra le orde in marcia verso lo stadio nelle prime file avanzava Omicron 2, con il sorriso del demonio sicuro che nessuno crede più nella sua esistenza.
2) I controlli erano inesistenti: a me non è stato chiesto né il green pass né il documento di identità; a un mio amico, che aveva i biglietti memorizzati nel telefonino, non sono neanche stati controllati i biglietti (fesso chi paga); gli addetti ai controlli (parola priva di significato in questa città) erano palesemente propensi a “fare presto” per smaltire l’afflusso spropositato di gente.
3) Io nel biglietto avevo trovato la scritta “Ingresso n. 16”; al n. 16, fra la calca di gente sgomitante (ovviamente nessuno ha pensato a ordinare le file tramite percorsi obbligati), ci è stato detto di entrare da “uno dei tornelli dal 18 in poi”. Ma si sa, a Palermo (come mi disse una volta un usciere della Regione Sicilia) “lei non lo deve vedere quello che c’è scritto”).
4) Varcati i tornelli e superato un addetto all’ordine che si scattava un selfie, siamo saliti nella gradinata superiore (unici posti trovati il 3 marzo a pochissime ore dall’inizio della vendita dei biglietti). Meno male che era “superiore”! Era una bolgia lurida, fetida e impresentabile; i sedili di metallo (spesso rotti), di un colore un tempo verde, erano grigi di polvere, con doppi numeri su ognuno (uno, sbagliato, in evidenza nel sedile; l’altro, forse giusto, all’altezza del pavimento).
Che ci sarebbe voluto ad assoldare qualche addetto alle pulizie per pulire questi posti prima della partita? Manco a parlarne: ci sarebbero volute due cose notoriamente assenti a Palermo, cioè i soldi e il senso del decoro.
4) Il servizio d’ordine (?) era inesistente: le forze dell’ordine (nome ossimorico) erano palesemente in numero insufficiente e si mostravano scocciate, sgomente di fronte all’afflusso incontrollabile di orde innumerevoli, frettolosamente inadempienti (soprattutto ai tornelli); altri addetti (ragazzotti e ragazzotte con giubbotto rosso, addetti a dare confuse indicazioni) pensavano soprattutto a conquistarsi posti strategici per vedere meglio la partita. In particolare, un tizio che aveva un giubbotto nero con la scritta “Protezione civile” stava incivilmente in piedi davanti a noi (che stavamo rannicchiati nei nostri stretti luridi posti) scattando foto, salutando gli amici e infischiandosene degli inviti (più o meno educati) a sedersi.
5) Il tifo del pubblico, inizialmente caloroso (i fischi di alcuni zulù all’inno macedone sono stati subito coperti dagli applausi), è andato scemando di fronte allo spettacolo indecoroso offerto dagli azzurri. Ci si limitava perciò a sottolineare con la consueta oscena parolaccia sicula la lentezza del portiere macedone nel rinviare la palla, mentre non ho sentito mai, dico mai, scandire “I-ta-lia, I-ta-lia” (che forse sarebbe il minimo sindacale per uno stadio dove gioca la nazionale). In compenso non è mancato il rituale “chi non salta catanese è, è”.
6) All’uscita, a parte la bile per la beffa finale e per l’eliminazione dai mondiali (che per me ha la gravissima controindicazione di vedere sfumare le leggendarie cene offerte dal mio amico Toti a casa sua in occasione delle partite mondiali), si riproponeva, ancora peggiorato, il quadro iniziale: migliaia e migliaia di persone quasi ferme, l’una accanto all’altra, strette come sardine, moltissimi senza maschera (tanto si era all’aperto, no?). Alcune macchine di polizia erano messe di traverso in viale del Fante per rallentare (?) il già immobile (peggio di Ciro) deflusso.
Il 31 ottobre scorso, allo stadio di San Siro a Milano, ho visto Inter-Udinese. Erano presenti 48.076 spettatori (ieri sera a Palermo ce n’erano 34.129 dichiarati, per il “tutto esaurito”, specie a livello nervoso). Ebbene, a parte il fatto che lì si arriva allo stadio con efficientissimi mezzi pubblici (ad es. il metro che sbuca a pochi metri dallo stadio e che effettua corse ogni 5’), l’afflusso delle persone era rigidamente ed efficacemente controllato capillarmente. Non ci si poteva sognare né di cambiare posto, né di eludere i controlli, né di sporcare impunemente per terra. Nell’anello rosso (dove erano i nostri posti, grosso modo una gradinata davvero “superiore” a quella sicula) i posti erano pulitissimi.
Confronto impietoso e ingeneroso, si dirà. Sicuramente. L’unica soluzione per noi è sfuggire ai confronti. Non solo: ci offendiamo se vengono fatti, ci inalberiamo se i media stranieri segnalano impietosamente il degrado di Palermo, ci culliamo sulla bellezza del clima, del mare e del sole (“Basta ca ce sta ‘o sole, / ca c’è rimasto ‘o mare”), invochiamo la gentilezza delle persone (vedi ricorrente urlo osceno al portiere macedone).
Il risultato, per chi voglia vederlo seriamente, è la sconfitta.
Ingloriosa, assoluta, devastante.
A Palermo non ha perso solo l’Italia, ieri sera.
E forse dobbiamo confidare, in questa città maltrattata e scempiata, soltanto in una nuova gestione e in un nuovo allenatore (chiamiamolo così), che facciano il miracolo di tirarci fuori dal degrado infinito in cui siamo sprofondati.