Ho sempre amato la musica e la ho sempre ascoltata, tutta e indistintamente. Figlio di un musicologo, ho sentito a casa mia, fin da bambino, musica sinfonica o operistica grazie a un giradischi (c’erano pure antichi dischi a 78 giri) o al registratore a nastro Geloso. Da ragazzo ascoltavo spesso e volentieri la “Pastorale” di Beethoven, la “Grande Pasqua russa” di Rimskij-Korsakov, la “Sinfonia Dal Nuovo Mondo” di Dvořák, i “Pini di Roma” di Respighi, “Dafni e Cloe” di Ravel, il “Canone” di Pachelbel (e qui erano responsabili Demis Roussos e gli Aphrodite’s Child con la canzone “Rain and tears”), il “Capriccio italiano” di Tchaikovsky, brani operistici di Bellini, Puccini e Wagner (i miei preferiti), ecc. ecc.
Ovviamente amavo anche la musica leggera, le canzonette, il “beat”, il pop, il rock (non troppo hard, però), il rhythm and blues; e strimpellavo spesso sul pianoforte qualche motivetto di mia composizione. Solo verso la musica dodecafonica avevo qualche perplessità; ma ciò non mi impedì di comporre un folle brano intitolato “Incanalature”, in cui volevo addirittura competere con Arnold Schönberg…
Non poteva mancare in me quindi anche un interesse per il jazz, nella sua varietà di stili e sottogeneri, che un tempo avevo imparato a distinguere: dal dixieland allo swing, dal bebop al cool jazz e all’hard bop, dal free jazz alla fusion, ecc.
Forse fu una banale occasione, la partecipazione del grande Louis Armstrong al Festival di Sanremo del 1968, ad accentuare il mio interesse; e anche l’aver assistito a un’opera lirica di George Gershwin, “Porgy and Bess”, con lo struggente brano “Summertime”, stimolò in me una serie di sviluppi e arrangiamenti al piano in chiave jazzistica. La gershwiniana “Rhapsody in Blue” si aggiunse ai brani che ascoltavo più volentieri. In seguito, nella Palermo degli anni Ottanta, ero abbonato al Brass Group; ci andavo con la mia futura moglie e ricordo molte serate trascorse insieme a sentire pezzi interessanti musicalmente e arrangiati da ottimi interpreti (tali da riuscire a sconfiggere la stanchezza che la sera ci caratterizzava, in quell’epoca di faticosi pendolarismi verso le scuole della provincia).
Vero è che il jazz non è un genere per tutti e per ogni tipo di esecutore: richiede creatività continua, straordinario senso del ritmo, perfetta tecnica strumentale, studio attento del fraseggio, pazienza nell’ascolto e nella comprensione delle linee del discorso musicale; e al giorno d’oggi, in cui imperversano le ripetitive litanie dei rapper, sono ormai pochi gli interpreti che osano cimentarsi in questo arduo e ostico campo.
Tanto più piacevolmente sorpreso sono stato l’anno scorso, quando una mia ex alunna, Chiara Orlando, divenuta una bravissima musicista, mi ha fatto avere in dono un suo cd musicale intitolato “A place of stillness” (“Un luogo di quiete”).
Chiara, nata a Palermo (per una curiosa coincidenza proprio nel giorno del mio matrimonio), è stata mia alunna al Liceo Umberto fra il 1997 e il 1999, al ginnasio; ero il suo docente di Lettere per 18 ore a settimana e temo che ancora fatichi a riprendersi da questo… trattamento intensivo. Ma sicuramente è riuscita poi a valorizzare al meglio il suo notevole talento, indirizzandosi per una strada che le riserva e le riserverà molte meritate soddisfazioni.
Ha intrapreso giovanissima lo studio del jazz e della tecnica vocale a Palermo con Loredana Spata; si è poi perfezionata nel 2005 con Lucia Garcia presso il “Brass Group” di Palermo. Ha studiato il jazz prima a Piazza Armerina e poi al Saint Louis College of Music di Roma sotto la guida di Elisabetta Antonini; qui ha conseguito il diploma professionale di canto jazz nel 2011. Ha inoltre partecipato a molti seminari di perfezionamento e ha frequentato altri corsi di formazione musicale. In particolare, ha seguito un corso di improvvisazione con il M° Pietro Ciancaglini (divenuto poi suo marito); ha inoltre intrapreso lo studio della tromba, laureandosi nel 2016 al triennio di Tromba jazz al conservatorio “Santa Cecilia” di Roma con 110/110; due anni dopo, presso lo stesso conservatorio e sempre con il massimo dei voti, ha ottenuto anche la Laurea magistrale. Ha svolto e svolge attività didattica a Roma, dove ora risiede, presso diverse scuole di musica. Si è esibita in importanti jazz club e jazz festival italiani (impossibile enumerarli tutti).
Dopo aver fatto parte di altri gruppi musicali, nel 2014 è entrata a far parte della “New Talents Jazz Orchestra” del M° Mario Corvini. La sua discografia comprende “Omaggio a Duke Ellington” (2015), “Extempora” e “The State Between us” nel 2019; sempre all’anno scorso risale appunto l’ultimo cd, “A place of stillness”, prodotto da Alfa Music.
Come mi aveva scritto Chiara, “è il mio primo disco da ‘leader’ e per ‘partorirlo’ ho avuto mille remore; mi sono messa a dura prova ma forse ne è valsa la pena”. Per rassicurarla sull’esito, posso affermare che è stato un parto indolore e “plurigemellare”, nel senso che dal suo “travaglio” sono nati molti bellissimi brani di alto livello musicale.
Nella presentazione, Danilo Rea scrive così: “Chiara Orlando, con questa sua prima uscita discografica, dimostra di avere assimilato il messaggio dei grandi Maestri, per poi trovare una propria personale espressione artistica ed una propria riconoscibilità. Passa da alcuni brani della tradizione ad originali da lei scritti insieme a Pietro Ciancaglini, mantenendo un sound ed una coerenza che rende il cd personale ed omogeneo”. I brani originali della compilation sono stati composti da Chiara da sola o con suo marito, Pietro Ciancaglini. L’esecuzione è affidata a un quintetto composto da Chiara (voce), Pietro Ciancaglini (contrabbasso), Manuel Magrini (piano), Antonello Sorrentino (tromba e filicorno), Andrea Nunzi (batteria).
Ho riascoltato tutti gli undici brani del cd, unendo il diletto estetico per la sapiente architettura del fraseggio musicale al vivo compiacimento dell’ex professore che vede una sua alunna arrivare a un livello così alto di professionalità artistica.
In occasione di un’esecuzione, Chiara ha spiegato al pubblico che con il cd “A Place of Stillness” ha cercato di rispondere a una domanda: “Qual è il posto, il ricordo, il raggiungimento di un obiettivo che potrebbe generare in me uno stato di calma?”. Non a caso, dunque, i brani esprimono una sottile trama di suggestioni, di ricordi, di sensazioni liriche, in una comune prospettiva “positiva”, energica e vitale, con la prevalenza di toni soffusi e sfumati. Non posso qui soffermarmi su tutti i brani, ma mi limito qui a qualche nota essenziale.
“Boplicity” (una “storica” composizione di Cleo Henry del 1957) valorizza lo stile di Chiara e la sua melodiosa vocalità ricca di armonia; il testo poi ha forse per la brava interprete un certo riscontro autobiografico (“it began an as an experiment / a little new, but with the time cleverly spent / it woke up musical minds and boy, it sure made a dent / and so we know that Bebop lives”).
In “Summer Village”, brano vezzoso nell’intrigante e solare trama musicale, Chiara è ispirata dal ricordo della sua casa al mare in Sicilia.
Il brano “Rose”, preceduto da una suadente introduzione al piano di Manuel Magrini, è dedicato a una delle nonne di Chiara (tutto il cd è dedicato alle sue nonne Maria e Rosa); e sembra di risentire, nella rievocazione vocale della nipote, il ricordo delle conversazioni con la nonna, divenute qui un caleidoscopio di note musicali in libertà, un affettuoso e struggente flusso memoriale.
Il “Blues for Peace” rispecchia lo stato d’animo di Chiara nel periodo in cui in Europa si susseguivano numerosi episodi di terrorismo (il brano è impreziosito dagli assoli della tromba di Antonello Sorrentino e del contrabbasso di Pietro Ciangalini, che unisce virtuosismo e melodia).
Quasi sillabato, scandito, accompagnato inizialmente da semplici accordi di piano, “My silent scream” (dal titolo ossimorico) consente a Chiara, con una sorta di ritegno minimalista, di evidenziare al meglio le sue doti di cantante “soft”.
“In search of memories” è dedicato da Chiara ad uno dei suoi cani scomparsi; il refrain sembra riproporre, con efficacia mimetica, l’immagine dell’animale vivace, curioso, affettuoso.
Un grande “classico” è “Nardis”, del grande Miles Davis (poi proposto dal pianista Bill Evans); il quintetto ne dà una reinterpretazione superlativa di oltre 10’, con numerose idee originali.
“With a Song in my heart”, di Rodgers e Hart, è stato il brano grazie al quale Chiara ha scoperto Tom Harrell, suo musicista di riferimento quando ha deciso di studiare la tromba; il pezzo è noto anche per essere stato inserito in un album di Stevie Wonder del 1963 (“With a song in my heart / I behold your adorable face / just a song at the start / but it soon is a hymn to your grace”).
L’ultimo pezzo di Chiara e Pietro, “Where the rainbow ends”, ha per testo una lirica dello scrittore sudafricano Richard Rive: “Where the rainbow ends / there’s going to be a place, brother, / where the world can sing all sorts of songs, / and we’re going to sing together, brother, / you and I, thought you’re white, and I’m not”. Il forte messaggio di pace e fraternità è qui presentato in una versione lineare ed essenziale, ma proprio per questo efficace nel trasmettere un senso di dilagante e irrefrenabile serenità.
Nel complesso, come sintetizza ottimamente uno dei recensori del cd, “lo stile delle composizioni, scritte insieme a Pietro Ciancaglini, è un jazz moderno che risente però dell’influenza della tradizione, ed è caratterizzato a volte da una forte idea ritmica, a volte da un tema di grande lirismo e raffinatezza armonica”.
Non mi resta che ringraziare ancora Chiara Orlando del bellissimo dono, augurandole di proseguire la sua attività artistica con la stessa professionalità e la stessa passione, per ottenere ulteriori meritatissimi successi. Contestualmente, rivolgo un appello agli ascoltatori di musica, perché si ritaglino uno spazio da dedicare all’ascolto del jazz; non ne saranno delusi perché vi potranno trovare di tutto, in un contesto musicale ispirato costantemente alla libertà e all’estro. Quanto ai neofiti, che di jazz sono del tutto all’asciutto, perché non iniziare proprio dal cd di Chiara?
PS: Oggi, 26 maggio 2022, alle ore 18 Chiara presenterà “A place of stillness” al’Auditorium del Conservatorio dell’Aquila (esecuzione del Quintetto Ciancaglini-Orlando, con la voce di Chiara, il contrabbasso di Pietro Ciancaglini, la tromba di Antonello Sorrentino, il piano di Roberto Tarenzi e la batteria di Andrea Nunzi). Non è la prima esecuzione pubblica di questa bella realizzazione musicale, che è già stata presentata con successo in diverse occasioni; ma sicuramente sarà un ulteriore momento importante e una tappa da ricordare nella carriera di Chiara e dei suoi colleghi, che si spera sia sempre più ricca di meritatissime soddisfazioni.