Nella giornata del Giovedì Santo tutte le chiese di Palermo, dal pomeriggio fino a tarda notte, restano aperte per permettere ai fedeli la “visita ai Sepolcri”. Più correttamente, si dovrebbe parlare di “altari della reposizione”, con riferimento al luogo in cui, nella liturgia cattolica, viene conservata l’Eucaristia al termine della messa vespertina del Giovedì Santo, la Messa “nella Cena del Signore” (“Missa in Cena Domini”).
Gli altari sono addobbati da fiori e dai cosiddetti “lavureddi” cioè “piccoli lavori” o “piccole messi”, ciotole sul cui fondo il primo giorno di Quaresima vengono distesi stoffa o ovatta, su cui si spargono grano e legumi (in genere lenticchie); i germogli di grano sono poi fatti crescere al buio e innaffiati di tanto in tanto, cosicché il Giovedì santo, una volta germogliati, si presentino in forma di filamenti di diverso colore.
I “lavureddi”, diffusi in molte città e paesi dell’isola, hanno origini molto antiche; si pensa addirittura che risalgano ad antichi riti greci legati al culto del bellissimo Adone, amato dalla dea Afrodite e ucciso da un cinghiale. Per ricordare la morte e resurrezione del bellissimo fanciullo si celebravano in suo onore le feste Adonie; le donne piantavano, in vasi e cesti, semi a crescita rapida; di tale tradizione si trova eco nel “Fedro” di Platone e nel XV idillio di Teocrito (“Le Siracusane”).
Anche nelle epoche successive, nei piccoli germogli di grano sparsi in casa si vedeva un auspicio di rinascita per la stagione della semina e della raccolta del grano. Col passare del tempo, questa tradizione si è andata mescolando alle credenze cattoliche, fino a che con l’arrivo degli Spagnoli in Sicilia nel ‘600 e le loro usanze religiose, i “lavureddi” sono diventati il simbolo della resurrezione di Gesù dopo la passione e la morte.
In genere erano le famiglie devote delle varie parrocchie ad offrire l’addobbo per il “sepolcro” della chiesa più vicina; in particolare erano le donne a preparare i “lavureddi”. In molte case le ciotole venivano esposte alle finestre del piano terra; non mancavano alcune famiglie che esponevano delle vere e proprie ceste, con dentro i “lavureddi”, accanto alla porta di casa.
La sera del giovedì santo i Palermitani fanno doverosamente il giro dei “sepolcri” delle chiese più importanti; l’usanza è che ogni fedele visiti da cinque (quante sono le piaghe di Cristo) a sette (quanti sono i dolori della Madonna) di questi allestimenti, compiendo il cosiddetto giro “delle sette chiese” o “sepolcri”.
In genere il giro inizia con i “sepolcri” organizzati dalle suore domenicane del monastero di S. Caterina; l’itinerario può poi comprendere le chiese più significative del centro storico di Palermo (Chiesa della Pietà, la Gancia, San Francesco d’Assisi, San Domenico, San Giovanni alla Guilla, San Giuseppe dei Teatini e la Cattedrale).