Gli elementi posti dopo o prima della radice di una parola, che ne modificano il significato, si dicono “affissi” o “morfemi modificanti”; in particolare, ci occuperemo qui di quelli che seguono la radice e che sono chiamati suffissi, dal lat. subfixum “posto dopo”.
Molti suffissi latini hanno avuto un influsso determinante e permanente sull’italiano, sia pure – a volte – subendo delle modifiche; esamineremo qui di seguito gli esiti di alcuni importanti suffissi latini.
1) Il suffisso –aceus produceva aggettivi e sostantivi ed esprimeva composizione o derivazione, somiglianza o anche semplice relazione: chartaceus “papiraceo, di papiro”, gallinaceus “gallinaceo, della gallina”, harenaceus “sabbioso” (cfr. harena “sabbia”), violaceus “viola, violetto”
In italiano ne derivano sostantivi come “focaccia” (< panis focacius “pane cotto nella cenere”), “setaccio” (< cribrum setaceum), “vinaccia”, ma anche aggettivi come “cartaceo, gallinaceo” e come i peggiorativi-spregiativi in –accio/-accia: “occhiataccia, parolaccia, votaccio”, ecc.
2) Il suffisso –alis (-ilis) era utilizzato per la formazione di aggettivi denominali: hostilis “nemico” < hostis, -is, m., legalis “legale” < lex, legis, f., mortalis “mortale” < mors, mortis, f., navalis “navale” < navis, -is, f., puerilis “puerile” < puer, -i, m.
In italiano il suffisso è stato molto operativo: “comunale, morale, mortale, nazionale, nominale, statale”, ecc.; si trova pure in neologismi come “condominiale, informale, seriale”; esistono anche forme sostantivate come “bracciale, ditale, giornale, pugnale”.
3) Il suffisso –anus indicava appartenenza: Campanus “Campano, della Campania”, Ciceronianus “seguace di Cicerone”, Pompeianus “di Pompei” e “di Pompeo”, Romanus “Romano, di Roma”.
Questo valore permane in termini derivati in italiano che sono spesso forme sostantivate: “capitano, fontana, isolano, paesano, palermitano, piovano”; proprio dall’idea di appartenenza derivano i numerosi aggettivi che derivano da cognomi: “manzoniano, leopardiano, mazziniano”, ecc.
4) Il suffisso –arius aveva originariamente funzione aggettivale: argentarius, ad es., significava “proprio dell’argento, relativo al denaro”; in seguito però assunse il valore di sostantivo che indicava professione o mestiere; ad es.: argentarius, –ii, m. “banchiere”, asinarius, –ii, m. “asinaio”, herbarius, -ii, m. “erborista, studioso di erboristeria”, legionarius, –ii, m. “legionario”, salsamentarius, –ii, m. pizzicagnolo, salumiere”, unguentarius, –ii, m. “profumiere”.
In italiano ne sono derivati anzitutto termini di estrazione dotta in –ario/-aria come “agrario, antiquario, arbitrario, calendario, casellario, centenario, destinatario, ipotecario, millenario, schedario, segretario, viario”, ecc.; non mancano ritorni all’originario valore di aggettivo: “leggendario, ordinario, reazionario, straordinario”, ecc.
Vi sono poi molti nomi di mestiere in –aio/-aia: “calzolaio, fioraio, lattaio, libraio, macellaio, marinaio, portinaio, tabaccaio”, ecc.; esistono anche nomi con la stessa uscita in cui è “scomparsa” la nozione di luogo: “granaio” < locus granarius, e così “ghiacciaio, formicaio, pollaio”, ecc.
Ci sono anche esiti in –aro/-ara: “campanaro, carbonaro, montanaro, somaro”.
Due curiosità: 1) i nomi italiani in –iere provengono dal francese e dal provenzale, ove questo è stato l’esito di –arius: cfr. nomi come “arciere, cavaliere, coppiere”; il suffisso –ero è invece un’italianizzazione: “messaggero, pensiero, sentiero”, ecc.; 2) l’uscita –aio si è affermata di più in Toscana e nel Nord, mentre l’uscita –aro è preferita nel resto d’Italia: cfr. rispettivamente “notaio/notaro, benzinaio/benzinaro”.
5) Il suffisso –bilis serviva a formare aggettivi deverbali passivi: amabilis, -e “amabile”, laudabilis, -e “lodevole”.
populabilis, –e “devastabile”.
Alcuni però avevano valore attivo: flebilis , -e “lamentoso”, incredibilis, -e “incredulo”, medicabilis, -e “curativo”, volubilis, -e “che ruota, che gira, mutevole”.
Il suffisso ha avuto molta fortuna nell’italiano, sia in vocaboli che sono esiti “colti” latineggianti (spesso nella forma negativa col prefisso “in-”) sia in neologismi: “inapplicabile, incredibile, insormontabile, intollerabile, volubile” e “biodegradabile, ingualcibile, regolabile”. Popolare è l’esito –evole, che si trova in vocaboli come “fievole, incantevole, pieghevole, spregevole”.
6) Dal suffisso –inus si formavano aggettivi che in genere indicavano appartenenza a categorie: asininus “d’asino”, divinus “divino”, equinus “equino”, porcinus “porcino”
In italiano ne derivano numerosi termini (aggettivi e sostantivi), come ad es. “fiorentino, marino, perugino, settembrino”; si ha poi –ino come suffisso diminutivo, che però si distingue dagli altri diminutivi, dato che non indica tanto una minore grandezza quanto una partecipazione affettiva, un vezzeggiativo (spesso usato nel linguaggio rivolto ai bambini): “bellino, manina, parolina, piedino”, ecc. Hanno valore aggettivale senza sfumature diminutive o vezzeggiative sostantivi come “contadino” (= uomo del contado), “imbianchino” (chi imbianca), “postino” (= chi porta la posta), ecc.
7) Il suffisso –men era usato per la formazione di sostantivi deverbali connessi con l’azione espressa dal verbo radicale: carmen, -inis, n. “carme, formula magica, poesia” (cfr. cano, –is “cantare, recitare formule magiche, dire in versi”), certamen, –inis, n. “lotta, gara, disputa” (cfr. il verbo certo, –as “contendere, lottare”), levamen, –inis, n. “sollievo, conforto” (cfr. il verbo levo, –as “levare, sollevare, alleviare”).
Nel latino volgare si unì a sostantivi che indicavano un collettivo generico, come aeramen “rame”, lignamen “legname”; in tale funzione il suffisso è rimasto in forme italiane come “bestiame, fogliame, legname, pollame”, ecc.
8) Per indicare un’azione astratta, era molto diffuso (anche nel latino volgare) il suffisso –mentum; con tale suffisso si formavano sostantivi che esprimevano un’idea astratta, ma anche vocaboli che si riferivano ad oggetti concreti: hortamentum, –i, n. “esortazione, conforto, incitamento” (cfr. hortor “esortare”), incrementum, -i, n. “aumento, incremento, sviluppo” (cfr. incresco “svilupparsi, crescere”), monumentum, –i, n. “memoria, ricordo, testimonianza, monumento” (cfr. moneo “far ricordare, consigliare, avvertire, ammonire”), sacramentum, –i, n. “cauzione, deposito, giuramento militare, impegno solenne” (cfr. sacro, –as “consacrare, rendere sacro”), tormentum, –i, n. “fune, corda, strumento di tortura, tortura” (cfr. torqueo “torcere, torturare”), vestimentum, –i, n. “vestito, abito, coperta” (cfr. vestio “vestire”).
Innumerevoli sono i derivati italiani in –mento: “abbigliamento, abbonamento, affollamento, alimento, scompartimento, sentimento, tormento, tradimento”, ecc.
9) Il suffisso aggettivale –osus indicava l’abbondanza di una determinata qualità o sostanza: formosus “bello, di bell’aspetto”, iocosus “che ama scherzare, scherzoso, divertente”, harenosus “sabbioso, ricco di sabbia”, onerosus “pesante, grave”, periculosus “pericoloso, rischioso”.
Una funzione analoga è rimasta in italiano per formare aggettivi relativi a persone, cose o luoghi e che indicano “abbondanza”: “ansioso, coraggioso, faticoso, fumoso, luminoso, pauroso, radioso, sontuoso”.
10) Il suffisso –tas si trovava in sostantivi astratti: caritas, –atis, f. “prezzo alto, amore, affetto”, civitas, –atis, f. “città, cittadinanza”, libertas, –atis, f. “libertà”, voluntas, –atis, f. “volontà”, voluptas, –atis, f. “piacere, voluttà”.
In italiano ne derivano sostantivi tronchi, formatisi peraltro dall’antico accusativo, in seguito a troncamento o apocope, cioè in seguito a caduta di sillba o di vocale in fine di parola: civitatem > civ(i)ta(tem) > città (con caduta della vocale atona), virtutem > virtute > virtù, voluptatem > volutta(te) > voluttà; nell’italiano antico si trovavano ancora forme come bontade, caritade e virtude.
11) Il suffisso –tor (-trix al femminile) era usato per la formazione dei cosiddetti nomina agentis, cioè nomi di persone che svolgevano una particolare attività o azione; ecco alcuni esempi: auditor, -oris, m. “ascoltatore, discepolo”, genitor, -oris, m. “genitore, padre”, genitrix (genetrix), -icis, f., “genitrice, madre”, gladiator, -oris, m. “gladiatore”, imperator, -oris, m. “comandante, imperatore”, laudator, -oris, m. “lodatore, elogiatore” (cfr. laudator temporis acti “lodatore del passato”, Orazio Ars poetica 173), laudatrix, -icis, m. “colei che loda, lodatrice”, meretrix, -icis, f. “meretrice, prostituta”, orator, -oris, m. “oratore”, pictor, -oris, m. “pittore”, piscator, -oris, m. “pescatore”, pistor, -oris, m. “colui che pesta (grano, ecc.), mugnaio” (cfr. pistrinum, –i, n. “mulino”), scriptor, -oris, m. “scrittore”.
Il suffisso si mantiene nell’italiano -tore/-trice: cfr. vocaboli come “autore, autrice, lettore, lettrice, pittore, pittrice”, ecc.; esso si è esteso inoltre alla formazione di nomi che indicano particolari tipi di apparecchiature: “cucitrice, depuratore, lavatrice, locomotore, scavatrice, trasformatore”, ecc.
12) Il suffisso –tio era utilizzato per la formazione di sostantivi deverbali, che indicavano un’azione in sé; ecco alcuni esempi: elocutio, –onis, f. “modo di esprimersi, espressione” (cfr. eloquor “dire, esprimere”), excusatio, –onis, f. “scusa, giustificazione” (cfr. excuso “scusare, giustificare” e il celebre detto excusatio non petita, accusatio manifesta “scusa non richiesta, accusa evidente”), inquisitio, –onis, f. “ricerca, indagine, investigazione” (cfr. inquiro “cercare, ricercare”), inventio, –onis, f. “scoperta, inventiva, invenzione” (cfr. invenio “trovare, escogitare”), largitio, -onis, f. “elargizione, donazione” (cfr. largior “elargire, dare in abbondanza”), laudatio, –onis, f. “lode, elogio” (cfr. laudo “lodare”), traditio, –onis, f. “consegna, trasmissione, narrazione” (cfr. trado “consegnare, trasmettere”).
Nell’incontro con temi consonantici, il suffisso ha subito degli adattamenti: defensio, -onis, f. “difesa (cfr. defendo “difendere”), discessio, -onis, f. “separazione, partenza” (cfr. discedo “andarsene, separarsi”), manumissio, –onis, f. “manomissione, affrancamento (di uno schiavo)” (cfr. manumitto “affrancare, liberare uno schiavo”), progressio, –onis, f. “avanzata, sviluppo, progresso” (cfr. progredior “andare avanti, procedere”)
In italiano ne derivano i suffissi –agione (in graduale fase di scomparsa, cfr. “cagione”) e –azione; quest’ultimo è stato particolarmente fortunato e ne sono anche nati dei neologismi (ad es. “frizione, informazione, rimozione”, ecc.), soprattutto nelle forme derivate dal suffisso –izzare (“centralizzazione, globalizzazione, informatizzazione, socializzazione”, ecc.) e dal suffisso –ficare (“elettrificazione, giustificazione, modificazione”).
13) Il suffisso –tudo si utilizzava nei sostantivi astratti: altitudo, -inis, f. “altezza, profondità”, multitudo, –inis, f. “moltitudine”, pulchritudo, –inis, f. “bellezza”, similitudo, –inis, f. “somiglianza”.
In italiano ne derivano i sostantivi in –tudine come “altitudine, latitudine, mansuetudine”, ecc.
14) Il suffisso –ŭlus era un diminutivo, che però è stato poi sostituito da forme in –ellus che sono l’esito in italiano e che nulla hanno più dell’originale valore diminutivo: anŭlus, -i, m. > anellus “anello”, vitŭlus, -i, m. > vitellus “vitello”.
A volte però in italiano permane il valore diminutivo anche in termini italiani: “asinello, finestrella, paesello, poverello”, ecc.; c’è anche la forma –cello (es. “fraticello, monticello”). In forme come “vecchio” (da vetŭlus, -i, m.) è avvenuto il passaggio attraverso una forma sincopata e un’assimilazione: vetŭlus > veclus > “vecchio”.
[Articolo tratto dal mio libro Tirocinium – Corso di Latino per il biennio delle superiori – Laboratorio 2, ed. Palumbo, Palermo 2004, pp. 22-26]