Una rotonda sul mare

Nel 1964, sessant’anni fa, la canzone dell’estate fu “Una rotonda sul mare”, cantata da Fred Bongusto (1935-2019) e composta da Aldo Valleroni, Pietro Faleni e Franco Migliacci.

Ma qual era la “rotonda sul mare” che aveva ispirato la canzone?

Fred Bongusto nel 2006 rivelò a “Repubblica” che la rotonda si trovava a Senigallia: qui un pontile sul mare portava dalla spiaggia ad una struttura coperta circolare che vagamente ricordava la Casina Vanvitelliana del Fusaro.

A quel punto a Termoli, in Molise, Bongusto (che era di Campobasso) fu quasi considerato un traditore, dato che la vera “rotonda” era, per i locali, quella dove sorse in seguito il locale Panfilo, proprio a Termoli. A complicare le cose, Migliacci dichiarò in seguito che aveva scritto il testo della canzone durante una serata al ristorante dell’Hotel Lido a Passignano sul Lago Trasimeno: la “rotonda sul mare” dunque sarebbe stata in realtà una…. “rotonda sul lago”!

Non basta ancora: c’è chi ha detto che la vera rotonda sarebbe stata quella dell’Hotel Punta Molino ad Ischia, che negli anni ’60 era molto frequentata da attori, attrici e cantanti; e al Punta Molino, a quanto pare, Fred Bongusto era stato proprio nel 1964; qui anzi, come qualcuno ricorda, sulla grande terrazza circolare che si affaccia sul mare, dove ora si trova un ristorante molto esclusivo, Fred Bongusto avrebbe visto un giovane che sedeva in disparte, osservando malinconicamente le coppie che danzavano: da qui gli sarebbe nata l’ispirazione per la celebre canzone.

Comunque sia e qualunque sia stata la rotonda ispiratrice, da quel momento in poi in ogni “rotonda sul mare” questa canzone divenne imprescindibile e onnipresente.

L’anno dopo la canzone entrò nella colonna sonora del film “Vaghe stelle dell’Orsa” di Luchino Visconti, dove si sente alla radio di un bar. Il brano divenne il cavallo di battaglia di Fred Bongusto, che era interprete dalla voce calda e suadente, di carattere cordiale ed espansivo, sempre elegante e inappuntabile: il perfetto cantante “da night” (come, allora, era anche Bruno Martino).

Il testo presenta subito la “rotonda sul mare”, in cui un uomo siede in disparte, malinconico e nostalgico. In quel momento infatti viene eseguita una canzone che per lui è impregnata di ricordi (“il nostro disco che suona”); ma mentre i suoi amici si divertono (“vedo gli amici ballare”) lui avverte potentemente l’assenza della donna che ama (“Ma tu non sei qui con me”).

Lei non c’è più, se n’è andata con un altro. Ma ne è valsa la pena? Ha trovato davvero la felicità? Da qui l’appassionata seconda strofe: “Amore mio, dimmi se sei / triste così come me! / Dimmi se chi ci separò è sempre lì / accanto a te, / se tu sei felice con lui / o rimpiangi qualcosa di me”.

Il giovane può soltanto rifugiarsi nei ricordi e nell’insistente ricordo di lei: “Io ti penso sempre, sai… / Ti penso”.

Tutto qui. Come si vede, pochi e semplici sentimenti, uno stato d’animo tormentato, una malinconia struggente e un’ostinata passione che non si spegne.

Io nell’estate del 1964 avevo dieci anni e villeggiavo in campagna, a pochi passi dall’Hotel Zagarella di Sòlanto, allora più piccolo e visivamente di impatto più “soft” rispetto al Domina Zagarella Sicily di ora. La casa di campagna sorgeva sulla statale 113; vi si accedeva da un cancello e c’era poi uno “sciddicaloro” che conduceva giù, in mezzo ai limoni.

La sera sentivo la musica provenire dalla “rotonda sul mare” della Zagarella.

Allora mi immergevo tra i limoni e arrivavo a un punto dal quale (sotto un cielo che aveva una miriade di stelle, allora non fugate dalle abbacinanti luci moderne) vedevo le coppie dell’hotel che danzavano al suono delle musiche di quell’estate. Non esisteva il turismo di massa e gli ospiti degli alberghi erano o persone facoltose o turisti stranieri (prevalentemente francesi).

All’epoca il “lento”, danzato “cheek to cheek”, accomunava i giovani e gli adulti, tutti legati alle atmosfere dei night. Fino alla metà degli anni ’60, tutti ascoltavano e ballavano la stessa musica negli stessi locali, sia che fossero night sofisticati come la “Zagarella” sia che si trattasse delle popolari “balere” ove si ballava il “liscio”; le “discoteche” per soli giovani nacquero poi, negli anni Settanta.

Quell’anno, nella “rotonda” della Zagarella, non si suonavano i “tormentoni” vivaci, come “Sei diventata nera” dei Marcellos Ferial (in realtà italianissimi); le canzoni più eseguite erano brani soft-melodici come “Amore scusami” di John Foster (anche lui italiano, vero nome Paolo Occhipinti) e, ovviamente, “Una rotonda sul mare”.

Io però avevo solo dieci anni e non mi soffermavo più di tanto sotto quella “rotonda sul mare”;  anche se il mio animo è sempre stato romanticone, alle note un po’ melense di John Foster e alla voce suadente di Fred Bongusto preferivo i Marcellos Ferial (“Sei diventata ne-era ne-era ne-era / sei diventata ne-era / come il carbon”) o il twist incalzante di Nico Fidenco (“Eh, eh eh eh / No, quest’anno al mare non andrò / con te sulla spiaggia, con te sulla spiaggia. / No, l’altr’anno visto come andò / con te sulla spiaggia, con te sulla spiaggia / non ci sto / Eh, eh eh eh”).

La grande rivoluzione musicale doveva ancora avvenire, si era ancora agli “urlatori”, ai primi balli vivaci (twist, surf, hully gully, limbo, calypso, cha cha) e soprattutto ai primi grandi cantautori (“scuola genovese” in primis) che cominciavano a insidiare la canzone melodica tradizionale (incarnata da artisti come Nilla Pizzi, Claudio Villa, Luciano Tajoli e Sergio Bruni).

Quell’anno i Beatles facevano la loro prima grande tournée americana. In Italia approdarono soltanto nel giugno dell’anno dopo, con tre brevi concerti (a Milano, Genova e Roma); qui da noi erano visti ancora come un curioso fenomeno di costume: le poche scene locali di “beatlemania” furono imitazioni in tono minore di ciò che accadeva altrove.

Noi ci accontentavamo ancora delle esili canzoncine nostrane, spesso dimenticabili; ma io le ricordo bene, forse perché, col tempo, tutto viene idealizzato nella nostalgica rievocazione del passato.

E qualche volta la sera, sotto il cielo odierno quasi privo di stelle, se riesco a cancellare i rumori assordanti della modernità, risento le musiche soft dell’antica balera, rivedo le coppie che abbracciate ballano il lento e mi pare di sentire ancora le note di “Una rotonda sul mare”.

Una rotonda sul mare,

il nostro disco che suona.

Vedo gli amici ballare

ma tu non sei qui con me

Amore mio dimmi se sei

triste così come me!

Dimmi se chi ci separò è sempre lì

accanto a te,

se tu sei felice con lui

o rimpiangi qualcosa di me

Io ti penso sempre, sai…

Ti penso.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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