28 AGOSTO
(in occasione del pensionamento del preside Vito Lo Scrudato)
L’Umberto fu.
Siccome il mobile,
nella sua presidenza,
era ormai troppo colmo
di libri, targhe e coppe,
la stanza restò immemore,
orba di tanto spiro.
Così percosso, attonito,
il personale sta,
muto pensando all’ultima
ora prima della pensione
del Gran Cammaratese;
né sa quando una simile
orma di piè mortale
l’assai cruento Umberto
a calpestar verrà.
Lui folgorante a scuola
vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua,
venne, diresse e crebbe,
di altre voci al sonito
mista la sua non ha:
vergin di ogni encomio
(ché non ne ha bisogno),
lontan da ogni oltraggio,
sorge or commosso al subito
sparir di tanto Vito;
e scioglie all’urna un cantico
che lo delizierà.
Da Cammarata ad Heidelberg,
dal fiume Oreto al Reno,
del Dirigente il fulmine
tenea dietro al baleno;
fra mille iniziative,
fra tanti gran progetti,
scoppiò sulla Francigena,
dall’uno all’altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri
ben poco dubbio resta:
sotto la sua dirigenza
l’Umberto fu il più grande
dei licei panormiti,
crebbe in grandezza e fama,
memoria ac renovatio,
ieri, oggi e domani.
Per il suo auspicio fervido
vi nacque una sezione
teutonica europea,
un’altra per Galeno
e un’altra per Albione.
Con il creator suo spirito
il dirigente indomito
volle del suo gran genio
immensa orma stampar.
La procellosa e trepida
gioia d’un gran disegno,
l’ansia d’un cor che indocile
sempre alla scuola pensa;
e riesce, e ottiene premi
ch’era follia sperar.
Tutto ei provò: la gloria
incontestata e grande,
la fulgida vittoria,
la lode e l’ovazione.
Mai cadde nella polvere,
fu sempre sull’altar.
Ei si nomò: il Duemila,
il secol disgraziato,
sommesso a lui si volse,
come aspettando il fato;
ei fe’ silenzio, ed arbitro
s’assise nel collegio.
E sparve, e i dì nell’ozio
visse, ma un ozio letterario,
da gran scrittor fantastico,
da critico profondo,
da umorista sapido,
segno d’immensa invidia
per chi scriver non sa.
Lo dice il suo sodale
che gran stima ne ha,
con lui avendo scritto
insieme al prof. Puleio
due libri dedicati
alla Sicilia nostra.
Come sul capo al nuotator
l’onda s’avvolve invano,
ché nuotator provetto
è Vito di sicuro,
così sul grande Preside
s’avvolse la memoria
delle sue mille imprese.
Oh quante volte ai posteri
del suo furbo sicario
narrò le torve imprese!
Oh quanta fu la gloria
della sua grande opra,
“L’editto della diaspora”,
né sull’eterne pagine
cadde la stanca man!
Oh quanti altri libri
compose genialmente!
Oh quante volte, al tacito
morir d’un giorno intenso,
chinati i rai fulminei,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l’assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
classi, docenti e non docenti,
ed i tanti progetti,
e l’onda degli alunni,
e i classici per strada,
l’abbraccio alla città,
l’amore per l’ambiente,
teatro in succursale
e mostre culturali,
gli Annali del liceo,
l’identità isolana
da Sciascia a Camilleri,
i libri pubblicati
dal suo liceo Umberto;
le cene conviviali,
convegni culturali,
incontri in aula magna
con personalità famose.
Caccioppo e Di Martino
al fianco suo, efficienti,
fedeli generali
senza una Waterloo;
ed i problemi grandi
vissuti e poi risolti.
Ah! Forse a tal memoria
turbossi un po’ il suo spirto,
e titubò ad iscriversi
nel club dei pensionati
(associazione ricca
di troppi prof svaniti…).
Ma una man dal cielo
in più spirabil aere
pietosa il trasportò:
e al ristorante Fìlici
assai si consolò.
E l’avviò, pei floridi
sentier della pensione,
a Cammarata, al premio
che i desideri avanza,
dov’è silenzio e tenebre
l’Umberto che passò.
Bella Immortal! benefica
Scuola ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
ché più superba altezza
dalla via Parlatore
giammai si allontanò.
Per la sua presidenza
profondi ogni tua lode,
spendi ogni tua parola!
L’impegno suo indelebile
scolpisci tu nel marmo,
salvalo nel ricordo
di chi all’Umberto resta;
e sia il suo esempio fulgido
seme per il futuro.
La Scuola atterra e suscita,
affanna ma consola:
e a Vito Lo Scrudato
commossa s’inchinò.
MARISSANDRO PINZONI