Parigi – impressioni di viaggio

Di ritorno da Parigi, riferisco alcune impressioni spicciole che ho ricevuto nel corso di questo breve ma interessante soggiorno; per me era la settima volta nella capitale francese, dove ero già stato nel 1975, nel 1982, nel 1984, nel 1998, nel 2009 e nel 2011.

Il mio primo viaggio a Parigi – 6 luglio 1975
Io e Silvana in viaggio di nozze – 1° maggio 1984
A Parigi con il piccolo Andrea – 23 luglio 2011

1) Da noi le facilitazioni nei ticket d’ingresso (per musei, cinema, teatri, concerti, ecc.) spettano ai “senior”, categoria cui appartengo anche io; in Francia invece sono i giovani fra i 18 a 25 anni a non pagare assolutamente niente nei musei e per le principali attività culturali.

Come si vede, è una prospettiva del tutto differente, ma secondo me è giustissima. Noi anziani abbiamo vissuto la nostra vita; è giusto avere rispetto di noi e concederci i giusti riconoscimenti (ad es. a Genova gli over 70 viaggiano gratis sui mezzi pubblici); però a livello culturale è sacrosanto favorire e incentivare la partecipazione dei giovani, che sono il futuro dell’umanità e che devono essere avviati e guidati alla conoscenza del patrimonio artistico, letterario, musicale, scientifico e tecnologico tramandato dalle generazioni precedenti.

2) L’uso dei contanti in Francia è ormai pressoché inesistente. Io, da siculo diffidente, mi ero portato al seguito, oltre alle carte di credito, anche un po’ di banconote; ebbene, non ne ho fatto uso mai. Con la carta di credito si paga tutto: dagli artisti di strada all’offertorio nella Messa, dalla toilette al cono gelato, dai mezzi pubblici ai “bouquinistes” del lungosenna, dalla “baguette” al caffè. L’era della carta moneta è finita in Francia e finirà, con il consueto ritardo, anche nel nostro Paese.

Più in generale, è la carta che non si usa più: le edicole con giornali cartacei sono quasi introvabili, i biglietti sono sostituiti da QR code sul telefonino (diventato ormai insostituibile); lo stesso avviene per le carte d’imbarco negli aeroporti (ma allora perché si chiamano ancora “carte”?).

3) I prezzi di Parigi, sempre molto cari, hanno raggiunto ormai livelli esponenziali (con indubbia speculazione su olimpiadi e paralimpiadi). Non c’è ristorante, brasserie e caffè, neanche poco pretenzioso, che non metta un antipasto ad almeno 15-20 euro, un piatto principale (carne o pesce) a 30-40 euro, un dessert anche minimo a 10-15 euro. Un “verre” di vino costa almeno 10 euro per le marche più scarse. Non mancano i locali con menu a prezzo fisso (ma si parla sempre di almeno 30 euro a persona), però la scelta diventa assai ristretta e la qualità cala.

Si risparmia solo sull’acqua, ordinando una “caraffe d’eau”, che è sempre gratuita: è l’acqua di rubinetto, anzi “di cannolo” come si dice a Palermo, senz’altro buona ma a temperatura ambiente (il che non è il massimo); del resto una bottiglietta da 0,50 cl costerebbe circa 8 euro.

Quello che, in proporzione, costa meno è un buon libro: alla libreria Joseph Gibert di boulevard St. Michel c’era un’offerta immensa di testi (io ho esaminato soprattutto il settore delle letterature classiche) a prezzi nettamente inferiori a quelli italiani. Può sembrare un dato strano e in controtendenza con il precedente punto 2, ma ciò dipende verosimilmente dal fatto che i francesi mediamente leggono più degli italiani: secondo un’indagine del Centre National du Livre e di Ipsos, nel 2018 l’88% dei francesi di età superiore ai 15 anni si dichiarava lettore di libri.

La libreria Joseph Gibert in Boulevard St. Michel

4) L’Italia è ormai il pianeta dei cani. Quando scendo di casa, nel centro di Palermo, vedo ormai più cani che persone; c’è chi porta a spasso 3-4 cani per volta (anzi, ne è portato a spasso), quasi sempre senza guinzaglio e ovviamente (anche nel caso di dobermann, pitbull, rottweiler, mastini, ecc.) senza museruola. La museruola ha più probabilità di essere messa a chi osi lamentarsi di questa “canizzazione” radicale, indotta peraltro da molteplici e oggettivi fattori (crollo dell’attitudine sociale, diffidenza per gli esseri umani, sostituzione di figli che non si vogliono o possono avere con una compagnia fedele e priva di grandi pretese, ecc.).

A Parigi i cani si contano sulla punta delle dita; ne ho visti pochissimi, anche in quartieri poco centrali dove non mancherebbe certo lo spazio e la possibilità di averne. Quanto alla scena da noi ricorrente (e civilissima) del padrone che raccoglie con la paletta gli escrementi del suo cane, non ne ho visto neppure una. In questo campo dunque la Francia è più indietro di noi (o più avanti?)…

5) Ho visto una percentuale enormemente minore di persone con tatuaggi. In Italia, paese dell’arte e della creatività, esistono ormai innumerevoli arazzi umani che si aggirano per le strade come in un museo “en plein air”. Quella che una volta era il monopolio dei marinai, dei pirati, degli ergastolani e di certi artisti “maledetti”, ormai è una consuetudine dilagante e irrefrenabile. Sono altresì assolutamente sicuro che, fra 30-40 anni, quando immancabilmente la moda cambierà, ci saranno tantissimi vecchi istoriati e tatuati che saranno ormai derisi dai futuri giovani, che (per la loro consueta “bastiancontrariaggine”) saranno del tutto privi di ogni decorazione fisica.

In Francia non mancano certo i “tattoos”, ma – ripeto – la percentuale è palesemente inferiore. Perché? A voi l’ardua sentenza.

6) Il traffico di Parigi, in questo periodo olimpico soprattutto, è caotico e tentacolare come quello di Palermo (anche se più disciplinato); questo, nonostante l’efficientissima rete di métro, RER e autobus. Mancano quasi del tutto i monopattini (dal 1° settembre 2023 a Parigi non circolano più monopattini elettrici in sharing), mentre moltissime persone usano le bici in “bike sharing”.

Ai semafori e alle strisce pedonali tutti gli automobilisti si fermano con congruo anticipo senza mai varcare la linea bianca (che spesso è doppia) e facendo passare i pedoni. Non esiste il giallo negli attraversamenti pedonali e, mentre si attraversa col verde, improvvisamente ci si trova a passare col rosso; tuttavia c’è uno scarto di qualche secondo prima che scatti il verde per gli automobilisti, quindi non c’è rischio di essere arrotati…

7) Le misure di sicurezza sono massicce: in quasi ogni strada ho visto pattuglie di 7-8 soldati o poliziotti o gendarmi in assetto di guerra (con tanto di mitragliatori e colpo in canna). Ma non si deve credere che ciò dipenda solo dalle Olimpiadi: io ricordo benissimo di aver assistito nel 1998, davanti alla Tour Eiffel, all’arresto in diretta di un povero venditore ambulante di colore abusivo da parte di 4 poliziotti che gli piombarono addosso coi pattini (!!). Certo, è impietoso il paragone con le pseudo-misure di sicurezza adottate nelle nostre città contro la movida violenta: diverse le leggi, diversa la mentalità, diversa la tolleranza. Chi sta meglio?

8) Pur essendo diffusissimo (e inevitabile) l’uso dei telefonini, nessuno li usa al ristorante: nessuno legge il cellulare a tavola, nessuno scatta foto, nessuno naviga su Google, nessuno sbraita ad alta voce.

Confesso (mea culpa…) di essere stato l’unico a immortalare con alcune foto i prelibati piatti gustati in ristoranti come il “Pied de cochon” a Les Halles o lo storico e fantastico “Procope” al Quartiere Latino.

L’insegna del ristorante “Procope” a Parigi
FILET DE DORADE ROYALE RÔTI
FOIE DE VEAU EN PERSILLADE

Un pensiero finale va riservato alla cattedrale di Nôtre Dame, presso la quale fervono i lavori di ricostruzione dopo il catastrofico incendio del 15-16 aprile 2019.

I lavori in corso a Nôtre Dame

La visita all’interno è ancora impossibile, ma è stata montata una scalinata provvisoria in legno da cui si domina la splendida facciata: e, nonostante i troppi turisti presenti nel mese di agosto, ognuno può ritagliarsi uno spazio personale per osservare con calma questo monumento spettacolare, patrimonio dell’umanità dell’UNESCO: stare seduti sui gradini della scalinata, accarezzati dal venticello fresco delle serate parigine, con qualche folata musicale proveniente dalla Senna, è sensazione che vale, da sola, il viaggio nella “ville lumière”.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

2 commenti

  1. Beati voi! Parigi è un sogno. C’è tanta cultura e lo si sente e si vede. Trovo anch’io che sia giusto fare sconti ai giovani. In Francia le scuole sono ancora molto “tradizionali” e forse per questo c’è più controllo ed educazione personale…. Merci niente et mon salut!

  2. Caro Mario, leggere i tuoi articoli è sempre bello e stimolante . Parigi è stata sempre città di cultura e di arte , non a caso tutte la avant-garde artistiche e letterarie sono nate qua . Parigi …città di sogno e fantasie ma come tutte le grandi città europee , carissima ad eccezione dei musei e dei libri ( in Gran Bretagna i musei sono free per tutti , perché secondo il principe Alberto la cultura doveva essere accessibile a tutti ) . Che dire di tatuaggi e telefonini . La nostra società , come è normale che sia, è cambiata ma purtroppo per molti aspetti non in meglio. Così, come penso facessero anche i nostri genitori e nonni , man mano che passano gli anni anche noi tendiamo ad idealizzare un passato “dorato “ che per i contemporanei non era . I cani … sono i veri amici dell’uomo , purtroppo sono certe persone che sono sbagliate e si arrogano il diritto di fare quello che vogliono . Il ministro della Cultura e quello dell’Istruzione ( non cito i nomi perché sono entrambi molto noti sui social) hanno tanto da lavorare per restituire alla nostra bella patria le vestigia di un tempo che fu 🤗

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