Un mio caro amico, che tanti anni fa frequentò il Liceo classico “Garibaldi” di Palermo, ha ritrovato fortunosamente quattro numeri del giornalino scolastico “Il Garibaldi”, pubblicati nel suo liceo rispettivamente nel maggio e nel dicembre 1965, nel maggio 1967 e nell’aprile 1968.
Dopo averli sfogliati velocemente a casa sua, ho pregato il mio amico di prestarmi i fascicoli perché, anche se non sono un ex “garibaldino” (ho studiato al Liceo classico “Andrea D’Oria” di Genova e al “Garibaldi” sono stato come insegnante per un solo anno scolastico, 1989/90), fra quelle studentesse e studenti degli anni ’60 ho riconosciuto nomi che si sono in seguito affermati nella società palermitana (e non solo); inoltre mi colpiva la riproposizione di un intero mondo giovanile, i fermenti e le sensazioni degli studenti di allora, il clima di un istituto scolastico fra i più prestigiosi della città e, di riflesso, il ritratto di un’epoca importante nella storia del nostro Paese.
Mi propongo dunque di presentare alcune notizie e riflessioni su quei giornalini, sperando che molte persone (non solo della mia età) possano leggerle con interesse e (chissà!) che qualche lettore si riconosca o riconosca qualche compagno/a.
Suddividerò la trattazione, per comodità di consultazione, in più parti; in questa prima parte ci occuperemo del giornalino pubblicato nel maggio 1965 (che costava 70 lire).
Il direttore era Giacomo De Leo. La redazione era composta da ventuno fra ragazze e ragazzi, di cui riporto l’elenco: Filippo Amoroso, Salvatore Ardizzone, Margherita Callegarini, Ninni Cassarà, Salvo Centineo, Enrico Ferrera, Gabriella Filippazzo, Mario Giorgianni, Giuseppe La Loggia, Aldo Lauritano, Margherita Lauro, Carlo Lo Cicero, Iano Monaco, Gabriella Monroy, Salvo Pace, Anna Maria Pepi, Aurelio Principato, Bruno Riccobono, Salvo Sciarrino, Silvia Valdes, Alessandra Vassallo. Come si vede, molti di questi “garibaldini” erano destinati a diventare insigni protagonisti della società e della vita palermitana (e non solo).
La redazione, a p. 2, rivolgeva al «caro Preside, professore Pasquale Tullio, i migliori auguri per il suo ventesimo anno di presidenza e di dedizione al nostro Istituto»; i ragazzi, modestamente, affermavano di non essere all’altezza del prof. Augello, che aveva reso omaggio al Preside “con dotti versi latini”, ma si autodefinivano così: «poveri alunni che spesso non vediamo tanto di buon occhio il latino, ma che ciò nonostante abbiamo quel tanto di riconoscenza e di sentimento che a cuore aperto e con la massima sincerità ci fa dire: grazie e tanti auguri».
Dopo questo “doveroso” ossequio al Preside, a p. 3 l’editoriale intitolato “La zattera” (verosimilmente scritto dal direttore De Leo) toglie non pochi sassolini dalle scarpe, polemizzando contro il “dilagante menefreghismo” dei “garibaldini”, definiti «profondamente “stinnicchiati” in altrettante profonde poltrone senza magari conoscere bene di che state parlando ed ancor peggio senza conoscere nemmeno voi stessi».
L’editorialista si proclama “disgustato” per la scarsissima collaborazione ottenuta dai redattori nella loro fatica: «Soltanto pochissime persone ci hanno veramente aiutato e bisogna dire che, insieme a noi “fanatici” (così ci si chiama) dell’organizzazione e della redazione, costoro sono degli eroi in mezzo al dilagante menefreghismo». Ne deriva un’amara deduzione: «è evidente che lo spirito studentesco si è infiacchito in voi, la convivenza nell’istituto non vi spinge più a vivere da studenti, a conoscervi, a divertirvi, a parlare da amici, ad essere insomma una buona volta giovani e non ombre!». Con avvilimento, l’editorialista ricorda le “interminabili riunioni” in cui erano fiorite “milioni di proposte”, rimaste poi lettera morta «perché non debitamente seguite da interessamento né tanto meno da volontà di lavoro».
Il finale è amaro: «Così quello che era il lussuoso e attivo transatlantico della Redazione e del Circolo d’Istituto, è ora ridotto ad una misera zattera su cui pochi e miseri naufraghi, che cercano di toccare e smuovere coi loro piccoli remi quell’inerte mare a contatto del quale si trovano, stanno speranzosi nel risveglio di questo essere dal di fuori tanto bello e famoso, ma muto formicante mostro all’interno: il Garibaldi!».
Dopo un esordio così polemico, occorreva stemperare un po’ le tensioni; ecco dunque a p. 4 un raccontino “leggero”, firmato da Francesco “Frank” Ramirez, intitolato “Per un pugno di panelle”; protagonista è “Black, il terrore delle friggitorie del Sud”, un “vecchietto del West” che parla prolungando le vocali e tenta (con poco successo) un assalto alla “Bank of panels”… La storiellina attesta se non altro il successo trionfale del primo grande western all’italiana, “Per un pugno di dollari” di Sergio Leone, uscito nei cinema l’anno prima.
A p. 5 Aurelio Principato recensisce il film “Deserto rosso” di Michelangelo Antonioni (1964), con Monica Vitti nel ruolo della protagonista Giuliana; il giovane critico si dimostra attento e oculato nelle sue valutazioni, cogliendo con ottima sensibilità i lati negativi e positivi del film: «troppo spesso Antonioni calca la mano esagerando nel simbolismo e nel colore fino a rendere il suo quadro agghiacciante, mentre in altri momenti egli si ripete creando qualche sfasatura. Ma innegabilmente certi tratti sono di una immediatezza e di un tono da grande artista».
In certe pagine sono inserite delle brevi poesie, che arricchiscono il fascicolo e consentono qualche pausa piacevole e intrigante pausa lirica; ecco ad es. due icastici versi di Aldo Lauritano: «– Maledetti voi, che avete detto tutto! – / gridò il poeta; e se ne andò seccato» (p. 8). Non mancano piccole inserzioni pubblicitarie (libreria Flaccovio, Battaglia Esquire Fashion di via Ruggero Settimo, La boutique della Musica di via Terrasanta).
A p. 6 si legge un racconto intimista senza titolo di Donatella Strazzeri, che descrive la progressiva presa di coscienza interiore di un uomo seduto sul bordo di un fiume, che infine riesce a reagire alla sua solitudine: «Allora la solitudine gli fece paura: sentì il bisogno di vedere qualcuno, di sentire una folla che lo urtasse. […] E sentì qualcosa che saliva e stava per spezzarsi in lui e non poteva fermarla e singhiozzò finalmente chiedendo aiuto».
Di rigorosa impostazione filosofica è “Pascal e la morte”, articolo di Giuseppe Liga a p. 7; ma come contraltare immediato alle alte speculazioni teoretiche di Liga, a p. 8 seguono le “ricette di Antonia”, un’alunna di I D (allora la I corrispondeva all’attuale III anno di corso): in realtà di ricetta ce n’è una sola, quella delle “arance ripiene”, definite “un dolce delicato e specialmente adatto alla fine di un pranzo pesante” (ecco una giovane palermitana che aveva già capito tutto della sua città…); per sì e per no, la chef conclude con un’invocazione augurale: “Che Iddio ci protegga!”.
A p. 7 Francesco Ramirez fa il resoconto di una riunione della redazione in casa di Giacomo Di Leo. Lo stesso ragazzo, stavolta con lo pseudonimo di Pe-dante Ramirez a p. 10 presenta tre esilaranti canti della sua “Divina Tragedia Quotidiana” (ovverossia “Lo studente impreparato nell’inferno scolastico”), in cui la parodia dei versi danteschi descrive comicamente le traversie degli studenti garibaldini. Basterà un divertente esempio tratto dal canto III, in cui sono ricordate le “dolenti note” di un’ora di Storia dell’Arte: «Visto lo numero, lo duca s’alzò e con gran cipiglio: “Guai a voi, o anime prave, non isperate / mai veder la promozione, / ora v’interrogo senz’altra interruzione!” / E lì cominciarono i lamenti, / le scuse, i certificati, i dolor di gola e di denti, / ad essere invocati per giustificazione; / ma a nulla valsero, e si incominciò la lezione. / Quattro ne caddero in quella giornata: / Sunseri, Amari, Barrera e Cammarata. / All’improvviso la chiara voce di Pace, con man levata, si udì gridare: / “Pipì, professore; pipì, professore; aleppe!” / Onde ei: “Udite malizia ch’elli ha pensata / per isfuggir lo pericolo; non mi curo di te; / ma taccio e passo avanti”. / Ei cominciò a parlar di trabeati, di architravi; / […] / Tai detti frenò il pietoso sono della campana, / che risvegliò li nostri animi e li corpi».
A p. 11 un articolo non firmato deplora che “I Garibaldini non sono più garibaldini!”, riferendo un episodio di volantinaggio avvenuto davanti al cancello dell’istituto, degenerato in una gazzarra fra i “garibaldini” e un gruppo di altezzosi “semidei” che distribuivano giornali e volantini (in realtà l’episodio risulta poco chiaro, ma doveva esserlo sicuramente per i protagonisti dell’episodio).
A p. 12 si trovano un raccontino di Francesco Enia (“Villa Noia”) e alcune spigolature “raccolte qua e là”; a p. 13 invece Francesco Enia presenta un “Invito a Pier Paolo Pasolini”, cioè una riflessione sulla produzione letteraria e cinematografica pasoliniana, con specifico riferimento al recentissimo “Vangelo secondo Matteo” (uscito pochi mesi prima); interessante la considerazione secondo la quale il film «è la testimonianza della crisi dell’ambiente marxista (cui fa riscontro la crisi degli ambienti cattolici) e il desiderio di un colloquio»; infatti, «come dice lo stesso Pasolini, “l’adozione della filosofia marxista è dovuta in origine ad un impeto sentimentale e moralistico, ed è perciò continuamente permeabile all’insorgere dello spirito religioso e, naturalmente, cattolico, ch’essa presupponeva”».
La pag. 14 è dedicata a notizie sulle attività sportive: il campionato di calcio d’istituto (conclusosi con la “meritatissima vittoria della 3A di Lino Piazza”), la partita fra la rappresentativa del “Garibaldi” e quella del “Mamiani” (finita con un rotondo 7-0) e la sconfitta subìta ad opera del “Circolo del tennis” (1-4). Seguono notizie sui tornei di pallavolo maschile e femminile, pallacanestro, atletica (con gare che si tennero dal 13 febbraio 1965 nel cortile della scuola), ecc. Non manca la notizia della netta vittoria delle ragazze garibaldine ai campionati provinciali di atletica leggera, tenutisi sabato 10 aprile 1965 allo Stadio Militare di Boccadifalco. Quanto al campionato interno di pallacanestro femminile, era stato vinto dalle ragazze di 2D (“in sfolgoranti magliette rosse”), che si imposero sulla 2F, mentre al terzo posto restarono le alunne di 2D (“con luttuose magliette nere”; se l’erano proprio cercata…).
L’ultima pagina, p. 15, ripercorre le attività svolte nell’istituto. Anzitutto una nota dolente: «per quanto riguarda gite e feste l’Olimpo Garibaldino ha tuonato ripetutamente ed i suoi fulmini scaturiti da masse scure e incappottate hanno incenerito ogni velleità ed ogni iniziativa “scherzosa-divertente e ricreativa”». Tempi duri, per le attività extracurricolari…
Non mancavano invece le attività culturali: a dicembre (1964) in sala professori si era tenuto un dibattito sul tema «La poesia e la Sicilia di Nino Martoglio»; eccone il breve resoconto: «All’introduzione di Giacomo De Leo, di Aldo Lauritano e di Vito Riggio ha fatto seguito una ben fatta ed apprezzata lettura di alcune fra le più belle poesie del nostro Poeta, mentre il riuscitissimo sottofondo musicale curato da Salvo Sciarrino coronava il tutto. In conclusione pensiamo di essere riusciti, con il dibattito, a cogliere il valore di questa poesia dialettale e le conclusioni – che non potevano non sfociare nella sempre presente polemica sulla universalità più o meno della poesia dialettale e sul valore della poesia in genere – tratte, hanno notevolmente interessato tutti gli intervenuti».
Qualche giorno prima delle vacanze, natalizie, Valeria Andò e Marisa Petix, «con notevole buona volontà» avevano tenuto una conferenza sul «Valore del Natale nel mondo». La conferenza ebbe successo, infatti «ha portato – secondo il suo scopo – i numerosi partecipanti a considerare la realtà di questa “grande festa” tralasciando di considerare per un po’ la realtà del “grande cenone”».
In seguito il problema della fame nel mondo era stato discusso da Carla Lo Cicero, «dopo una introduzione tenuta con dovizia di particolari e con sincero entusiasmo».
Ma fra le attività culturali quella che più di tutti aveva riscosso «il plauso ed una massiccia partecipazione» fu l’audizione di «Musica folkloristica americana», completata «dalla introduzione e di volta in volta dalla lettura delle traduzioni dei canti curati da Gabriella Monroj e Giacomo De Leo». Il successo dell’iniziativa viene chiaramente espresso dalle seguenti considerazioni: «Questa manifestazione ha dimostrato sensibilità di interpretazione e chiaramente si è visto come sono stati sentiti e ritenuti da noi giovani i problemi che da quei canti scaturivano. In altri termini per qualche minuto siamo stati insieme ad un altro popolo, abbiamo vissuto con esso, e con esso abbiamo sentito. La voce di un popolo si è fatta sentire, semplice, sicura: forse da essa avremo appreso qualcosa… Alla fine la manifestazione si è conclusa con applausi e vigorose strette di mano – mentre ancora si udivano le ultime belle note del “Battle Himn of the Republick”» (probabilmente il volenteroso redattore si riferiva al “Battle Hymn of the Republic” della scrittrice statunitense Julia Ward Howe, che utilizzava la musica di “John Brown’s Body”, 1861).
Infine, vengono ricordati i tornei di scacchi e carambola, organizzati grazie alla «buona volontà di Amoroso e Centineo», ed il 2° Concorso Interno a premi di pittura, disegno e fotografia (dal quale uscirono molti lavori che adornarono il “corridoio-galleria”).
In definitiva, il giudizio complessivo era un po’ amaro: «Come ben vedete tutto questo è molto poco per un istituto come il nostro che vanta più di 1400 alunni, comunque si può dire che è tutto quel che faticosamente siamo riusciti a fare».
Ma, come vedremo, i tenaci redattori non si rassegnarono e nel successivo anno scolastico sfornarono un altro giornalino; ne parleremo alla prossima occasione.
Era “la meglio gioventù” che credeva ancora nella possibilità di creare un mondo migliore.
“Noi credevamo”, per citare la Banti.