Esattamente sessant’anni fa, mercoledì 6 gennaio 1965, sul programma Nazionale della Rai (attuale Rai Uno), alla Lotteria di Capodanno era insolitamente abbinato “Napoli contro tutti”, un programma di varietà condotto da Nino Taranto, Françoise Prevost e Nadia Gray. Gli autori erano Aldo Bruno e Dino Verde, mentre la regia era di Piero Turchetti; il direttore d’orchestra era Gianni Ferrio.
Dal 1958 la trasmissione di fine anno, abbinata alla lotteria, era stata “Canzonissima”, che però nell’edizione del 1962 aveva provocato accese polemiche a causa della censura operata dalla Rai sui testi dei conduttori Dario Fo e Franca Rame, che dopo sette puntate abbandonarono clamorosamente lo spettacolo. Prudenzialmente dunque, dal 1963 al 1967, i vertici Rai cambiarono formula e titolo, inventandosi spettacoli come “Gran Premio”, per l’appunto “Napoli contro tutti” e in seguito “La prova del nove”, “Scala reale” e “Partitissima”; solo nel 1968 tornò “Canzonissima”, con una fortunata edizione presentata da Mina, Walter Chiari e Paolo Panelli.
Nell’autunno 1964 iniziò dunque “Napoli contro tutti” che, diversamente da “Canzonissima”, che si basava su una gara tra cantanti, presentava una gara tra la città di Napoli ed altre città, anche estere.
Ad es. la prima puntata (30 settembre 1964) fu “Napoli contro Parigi”, con canzoni come “’O paese d’o sole” (interpretata da Mario Del Monaco), “Duje paravise” (Nino Taranto), “Funiculì funiculà” (Tullio Pane) e “Ninì Triabusciò” (Renata Mauro) contrapposte a celebri motivi francesi come “La vie en rose” (Jacqueline François), “Les feuilles mortes” (Nana Mouskouri), “À Paris” (Jocelyne Jocya) e “C’est si bon” (Christian Juin).
Inutile dire che, nei voti espressi con le cartoline, gli spettatori italiani (e soprattutto napoletani) premiavano sistematicamente i motivi partenopei.
Si ebbero dunque, in quei mesi, “epici” scontri fra Napoli e altre città del mondo (Madrid, Berlino, New York, Vienna, Milano, Londra, Mosca e Rio de Janeiro), fino alla puntata conclusiva del 6 gennaio 1965, che andò in onda alle 21, presentata da Nino Taranto. A questa finale erano arrivate sei canzoni, tre napoletane e tre di altre città (Milano, Mosca e Madrid).
A giudicare le sei canzoni finaliste non fu soltanto il pubblico dei telespettatori con le cartoline-voto, ma anche una giuria composta da elementi imparziali, cioè cinquanta donne straniere, fra le quali vi erano hostess di aerei, annunciatrici dell’Eurovisione e alcune turiste presenti a Roma. Le giurate non furono presenti al Teatro delle Vittorie, ma votarono dallo Studio 5 di via Teulada, “chiuse in conclave” (come scriveva il “Radiocorriere TV” n. 1 del 1965), “premendo i tasti di una macchina diabolica” (tali apparivano allora i primi dispositivi elettronici). I voti della giuria furono valutati al 50% rispetto alle votazioni delle cartoline popolari. In tal modo, come continuava il “Radiocorriere”, «la trasmissione di chiusura di “Napoli contro tutti” si concluderà in pieno stile partenopeo (è noto il culto che Napoli ha per il gioco del Lotto, ma qui la smorfia e la cabala non c’entrano affatto)».
Vinse (c’era dubbio?) “’O sole mio”, che fu eseguita da Claudio Villa (subentrato in extremis al tenore Mario Del Monaco che si era ammalato). Al 2° posto si classificò Gigliola Cinquetti con il successo dell’anno 1964 (“Non ho l’età”) e al 3° il sovietico Anatolio Solovianenko, che cantò “Serate a Mosca”. A seguire, “Anema e core” (Gigliola Cinquetti), “Torna a Surriento” (Claudio Villa) e “La violetera” (Encarnita Polo).
Per quanto riguarda la vendita dei biglietti, in un primo momento essa era andata molto meglio da Roma in giù, mentre il settentrione aveva risposto fiaccamente; in seguito però la trasmissione prese quota, soprattutto nel triangolo Piemonte-Lombardia-Liguria, tanto che alla fine la cifra considerevole dell’anno precedente (5.093.000 biglietti venduti grazie alla trasmissione “Gran premio”) fu nettamente superata.
Il primo premio era di 150 milioni di lire (per i tempi era una somma enorme); fu vinto da un riparatore di gomme di Marsala, Ernesto Ruccione, di 42 anni.
Un’ultima notizia: la trasmissione televisiva di mercoledì 6 gennaio 1965 iniziò alle 21 (dopo “Carosello”) e terminò rigorosamente alle 22,45; a seguire (chi lo crederebbe?!) un documentario su Johann Richter, un pittore svedese attivo nella Venezia settecentesca.
E se qualcuno avesse voluto vedere altro, quella sera, in TV? La scelta si limitava al Secondo canale (attuale Rai 2), ove alle 21,15 andava in onda una commedia intitolata “Giocondo Zappaterra”, “tre atti ameni” (cito testualmente dal “Radiocorriere”) di Giulio Bucciolini, per la regia di Beppe Menegatti.
Questo passava il convento: per la maggioranza degli italiani, quella sera, o Napoli o niente…
6 gennaio 2025