A proposito del film “L’abbaglio” di Roberto Andò (che non ho ancora visto e di cui quindi mi riservo di riparlare in seguito), il mio caro amico Nino, originario di Sambuca di Sicilia, mi ha inviato una foto, che mostra una lapide sita sulla facciata delle vecchie scuole femminili di Sambuca e ivi affissa nel 1911.
Il testo dell’epigrafe si riferisce, per l’appunto, all’arrivo della “colonna Orsini” a Sambuca e ai “solleciti soccorsi”, “cure fraterne” e “sicuro rifugio” offerti dai “cittadini sambucesi”, il tutto “tra le minacce dell’ira borbonica”.
Eccone il testo completo:
“L’INSEGUITA COLONNA DI VINCENZO GIORDANO ORSINI CHE DISTRAENDO CON SIMULATA FUGA LE REGIE TRUPPE RESE POSSIBILE L’INGRESSO DI GARIBALDI IN PALERMO EBBE DAI CITTADINI SAMBUCESI SOLLECITI SOCCORSI E TROVÒ NELLE LORO DIMORE CURE FRATERNE E SICURO RIFUGIO TRA LE MINACCE DELL’IRA BORBONICA – AUSPICE LA GIOVENTÙ STUDIOSA SE NE TRAMANDA IL RICORDO AI POSTERI NEL CINQUANTENARIO DELLA UNITÀ ITALIANA”.
L’episodio fu narrato da Leonardo Sciascia nel racconto “Il silenzio”, risalente al 1963 e compreso nella raccolta “Il fuoco nel mare – Racconti dispersi” (ripubblicato nel 2010 da Adellphi).
Nel racconto sciasciano la colonna di garibaldini, «stracchi nel passo, improvvisamente stanchi e spersi», punta sul paese di Giuliana lungo lo stradale di Corleone, attraversando lentamente trazzere malandate e polverose, fra i gemiti dei feriti, inseguita da cinquemila soldati borbonici comandati da Giovan Luca von Mechel.
A Giuliana la colonna fu respinta dai paesani, allarmati dalle notizie che descrivevano i garibaldini come banditi saccheggiatori e devastatori. Le due guide di Orsini gli proposero allora di recarsi a Sambuca, «un paese vicino e, per una eventuale resistenza, in migliore posizione».
Qui l’accoglienza fu totalmente diversa: «A mezza strada incontrarono i notabili di Sambuca: venivano loro incontro ad invitarli, a rassicurarli. Avevano saputo di quel che era capitato a Giuliana. Pareva funzionasse, tra i paesi, una catena di segnalazioni come nelle foreste africane: quel che succedeva in un paese subito si sapeva nei paesi vicini». I feriti furono ricoverati nelle case dei popolani, che si mostrarono pietosi, gentili e coraggiosi.
A un certo punto, il colonnello Orsini, vedendo i poveri contadini, molto distanti dagli ideali risorgimentali ma coinvolti attivamente in quelle vicende, riflette così con palese smarrimento: «Quei segni di greve miseria lo colpivano. Non aveva mai visto questa faccia dolente e squallida della sua terra. E più lo colpiva che in queste condizioni di vita non diverse da quelle della capra, dell’asino, la gente conservasse intatti ed alti i sentimenti umani: la pietà, la gentilezza, il coraggio. E si chiese se davvero avevano il diritto di portare a gente simile nuove sofferenze, la violenza della guerra, il rischio della devastazione e del saccheggio, e in nome di che cosa. “In nome della libertà di scrivere dei libri, di pubblicare dei giornali, di eleggere dei rappresentanti?… E la libertà di non avere fame, di abitare in luoghi più umani, di vestire dignitosamente?”» (p. 87).
Un ruolo importante ha poi nel racconto l’espediente ingegnoso con cui l’arciprete Ciaccio dissuade il comandante borbonico dalla rappresaglia.
Un racconto da rileggere assolutamente, nel momento in cui un film di sicuro interesse storico ripropone una vicenda che forse molti avevano dimenticato.
E, al tempo stesso, penso, uno spunto per fare una visita alla bellissima Sambuca, già Borgo dei Borghi 2016, uno dei paesi più ricchi di storia, cultura e bellezze naturali nella nostra Sicilia.