Oggi, 19 gennaio, è il mio onomastico: San Mario martire. Costui, vissuto nel III secolo, fu un nobile di origine persiana; venuto a Roma intorno al 270 con la moglie Marta e i figli Audiface e Abaco (meno male che a mio figlio non ho dato questi nomi…), si era convertito al cristianesimo; tutti costoro furono condannati a morte dal prefetto Flaviano e dal governatore Marciano perché colti in flagrante mentre seppellivano i 260 martiri che erano stati uccisi lungo la via Salaria.
Io ero e sono l’unico Mario della mia famiglia; mi fu dato un nome “inedito” e sfuggii al destino di ereditare il nome di un nonno: il nonno paterno, infatti, si era chiamato Salvatore come mio padre (e tre Salvatori di seguito, senza contarne altri in famiglia, sarebbero stati decisamente troppi); dal nonno materno invece ereditai il secondo nome (Matteo) che fu incautamente accostato al primo senza alcuna virgola anagrafica, sicché il mio nome ufficiale è “Mario Matteo”.
Negli anni Cinquanta, quando io venni al mondo, il nome “Mario” era fra i più diffusi in Italia.
Nel film “I soliti ignoti” di Mario Monicelli (1958) c’è una scena in cui il ladruncolo bolognese Capannelle (interpretato da Carlo Pisacane) cerca in mezzo a una folla di ragazzini uno che si chiama Mario e si sente rispondere: “Ahò, qua de Mario ce ne so’ cento!”.
Sulle schede elettorali-tipo veniva scritto “Mario Rossi”, proprio per indicare un nome e un cognome molto comuni.
Il nome era così popolare che ancora nel 1981, quando l’autore di giochi giapponese Shigeru Miyamoto creò per la Nintendo il celebre personaggio dell’idraulico italiano (quello con la maglietta rossa, la salopette blu, un paio di guanti bianchi e un cappello colore rosso con la lettera M), lo chiamò “Mario”; e “Super Mario Bros” fu poi il videogioco a piattaforme pubblicato nel 1985 da Nintendo.
Una città-roccaforte del nome “Mario” era stata Gorizia: esistevano là ben due club dedicati a San Mario e il giorno dell’onomastico si organizzavano feste in pizzeria, cui amava partecipare (con il suo immancabile sigaro in bocca) lo scrittore Mario Soldati; ma nel 2011 nessun “Mario” fu più registrato all’anagrafe di Gorizia: sic transit gloria Mariorum.
La crisi fu ineluttabile, forse perché quel nome era diventato troppo comune, troppo normale, troppo inflazionato. L’irriverente Vasco Rossi, nella canzone “Seňorita” (2004), pur di fare rima, scrisse: “Ma sì che sono io / un cuore solitario / e ringraziando Dio / non mi chiamo Mario”.
Parallelamente alla progressiva decadenza del nome “Mario” presso le nuove generazioni, è aumentata però la quantità dei “Super Mario”, giacché questo epiteto è stato usato, più o meno opportunamente, per Mario Balotelli e poi per l’attuale presidente del consiglio Mario Draghi.
Oggi i 10 nomi più comuni in Italia sono Leonardo, Francesco, Alessandro, Lorenzo, Mattia, Tommaso, Gabriele, Andrea, Riccardo ed Edoardo. “Mario” è oltre il ventesimo posto, ma ci sono ancora oltre 810.000 persone che si chiamano così, con una diffusione prevalente nel Nord (48,5%), poi nel Sud e nelle isole (26.4%), quindi nel Centro (25%). Ma oggi “Mario” è soltanto il secondo nome di papa Bergoglio (Jorge Mario)…
Vale la pena di ricordare che il nome “Mario” non è affatto correlato al nome “Maria”; proviene infatti dal latino “Marius”, basato probabilmente sul termine “mas, maris”, che vuol dire “maschio, uomo”; ma potrebbe anche derivare dal nome del dio Marte, da un oscuro termine etrusco “maru” o anche dal latino “mare” (ma quest’ultima etimologia mi pare improbabile, perché io e il mare abbiamo solo rapporti civili e piuttosto distaccati).
In conclusione, non so se augurarmi che il mio nome prosegua la sua progressiva estinzione (così i sempre più sparuti superstiti saranno merce più rara e preziosa) o sperare invece che ci sia un suo improvviso quanto inaspettato “revival”. Chi vivrà vedrà.
Un saluto e un augurio, frattanto, a tutti i miei (sempre meno numerosi) omonimi.