Lo spettacolo “Oliva Denaro”, in scena da ieri sera al Teatro Al Massimo di Palermo, consiste in un lungo monologo, in cui viene riproposta la storia vera di Franca Viola, la ragazza di Alcamo che nel 1965, rapita a 18 anni dall’ex fidanzato Filippo Melodia, rifiutò il “matrimonio riparatore”, divenendo – non solo per la Sicilia – un potente simbolo dell’emancipazione delle donne e della crescita della società civile.
In tal modo fu per la prima volta messo in discussione il famigerato articolo 544 del codice penale, che recitava: “Il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali“; in altre parole, il reato di violenza carnale, anche ai danni di una minorenne, se era “sanato” dal “matrimonio riparatore” tra l’accusato e la persona offesa, si estingueva.
Grazie alla coraggiosa presa di posizione di Franca Viola, il rapitore fu condannato il 17 dicembre 1966 a 11 anni di carcere; in seguito, morì ucciso da ignoti nel 1978.
L’articolo 544 del codice penale fu abrogato con la legge 442, promulgata il 5 agosto 1981; ma soltanto nel 1996 lo stupro, ritenuto prima reato «contro la morale», fu riconosciuto in Italia come reato «contro la persona».
La vicenda di Franca Viola aveva ispirato, nel 1970, il film “La moglie più bella” di Damiano Damiani, che ebbe per protagonista una giovanissima Ornella Muti.
Al 2021 risale invece il romanzo “Oliva Denaro” della scrittrice napoletana Viola Ardone, liberamente ispirato dalla storia della ragazza alcamese e da cui è stato tratta l’omonima opera teatrale con Ambra Angiolini.
Nel romanzo, come nel monologo teatrale da essa derivato, la protagonista Oliva è una quindicenne degli anni Sessanta, puntualmente evocati da alcune famose canzoni dell’epoca, come a mostrare il dislivello crudele fra l’Italia del boom economico e la stagnazione asfittica del mondo siciliano dell’epoca.
In un mondo che considera ancora la femmina come “una brocca” (“chi la rompe se la piglia”), Oliva rievoca la sua triste vicenda fino al momento drammatico in cui in tribunale, con una decisione “scandalosa” per l’epoca, rifiuta ogni conciliazione con il suo violentatore e proclama il “no” categorico, suo e di tutte le donne, contro la sopraffazione, il sopruso e la violenza.
Ambra Angiolini, che tutti ricordiamo ragazzina all’inizio degli anni ’90 nella trasmissione televisiva “Non è la Rai” di Gianni Boncompagni, ha intrapreso in seguito la carriera di attrice studiando, migliorandosi, immedesimandosi sempre più e sempre meglio nei ruoli interpretati; in tal senso “Saturno contro” (2007), girato con Ferzan Özpetek, fu la prima tappa di una serie di interpretazioni di alto livello, premiate anche in varie occasioni con pubblici riconoscimenti.
Ieri sera Ambra ha interpretato il suo monologo di un’ora e mezza con un’intensità straordinaria.
In una scena (realizzata da Guido Fiorato) ricca di colori che rappresenta un orticello di casa, con un albero d’arancio e il sacco ricolmo di arance, cassette di legno, ortaggi e spighe di grano, la protagonista appare in un lungo abito di colore azzurro chiaro e racconta (anzi, “rivive”) la sua drammatica storia, unendo gli slanci passionali e le oscure pulsioni dell’animo al ricordo lancinante della violenza subita. In questa “ricostruzione”, Oliva “impersona” di volta in volta, oltre ai propri sentimenti, le reazioni e le opinioni di coloro che la circondano: la madre rassegnata al maschilismo patriarcale, il padre silenzioso e concretamente dalla parte della figlia, il violentatore arrogante e sfacciato, il carabiniere conciliante che invita alla “pacificazione”, ecc.
Intanto, in sottofondo, arrivano le canzonette degli anni ’60; ma, come afferma la protagonista nel romanzo, “penso che le canzonette siano un inganno perché sono piene di giovani libere spregiudicate che accusano i ragazzi addirittura di non averle ancora baciate… mentre nella realtà facciamo peccato mortale anche solo se sorridiamo».
Il monologo scorre senza pesare mai, con un’interpretazione di altissimo livello che esprime potentemente l’immedesimazione straordinaria dell’attrice.
Alla fine dello spettacolo, ieri sera, Ambra è scoppiata in un lungo pianto liberatorio davanti agli spettatori, tutti in piedi per una “standing ovation”. Ha dichiarato poi, commossa, di aver avuto a lungo “paurissima” di interpretare un ruolo così difficile, soprattutto qui in Sicilia; ha ribadito poi di aver creduto fermamente nel messaggio lanciato dallo spettacolo, tanto più necessario in un mondo che, troppo spesso, ripropone episodi ignobili di violenza bestiale contro le donne.
L’applauso caloroso e convinto delle spettatrici e degli spettatori ha premiato, giustamente, la maturità artistica ormai pienamente raggiunta da Ambra, ringraziandola anche di aver donato al pubblico un’interpretazione di alto livello e un messaggio quanto mai necessario e attuale.