103 anni fa, il 24 giugno 1918, moriva in battaglia sul Monte Asolone (dorsale ovest del monte Grappa) Ciro Scianna, medaglia d’oro al valor militare.
Ciro Scianna era nato a Bagheria il 16 marzo 1891; figlio di Michele e di una Paola Rizzo, era emigrato all’estero in cerca di lavoro. Rimpatriato nel 1913, fu arruolato nel Regio Esercito e assegnato al X Reggimento bersaglieri, con il quale partì per l’Albania.
Quando l’Italia entrò in guerra il 24 maggio 1915, Scianna partì per la zona di operazioni, distinguendosi in numerosi aspri combattimenti. Dopo Caporetto, fu assegnato al XVI reggimento Bersaglieri, IX Reparto d’assalto Arditi “Fiamme nere”, agli ordini del Maggiore Giovanni Messe. Gli Arditi erano reparti speciali, che, “col pugnal fra i denti e bombe a mano”, irrompevano nelle trincee austriache aprendo i varchi alle fanterie sopraggiungenti.
Il 15 maggio 1918 ottenne la medaglia di bronzo per un attacco a colpi di bombe a mano contro i reticolati di una trincea nemica sul Monte Asolone. In seguito, pochi giorni prima della sua morte, si era guadagnato una Medaglia d’Argento al Valor Militare per aver preso parte alle conquiste del Col Moschin e del Col Fenilon, con questa motivazione: “Soldato d’impareggiabile audacia, infaticabilmente ardito, durante la fierissima lotta per la conquista di forti posizioni nemiche era di esempio mirabile ai suoi compagni, che lo seguivano con fede ed entusiasmo. Raggiungeva tra i primi i nemici coi quali impegnava corpo a corpo, riuscendo ad atterrarne un buon numero, e, con l’aiuto di pochi uomini, catturava numerosi prigionieri e materiale bellico. Col Fenilon-Col Moschin, 15-16 giugno 1918″.
Qualche giorno dopo, allorché le truppe austro-ungariche avevano ripassato il Piave, il Comando Supremo decise di riconquistare il Monte Asolone. Alle ore 16 del 24 giugno le truppe italiane occuparono le trincee nemiche a colpi di bombe a mano; Ciro Scianna, alfiere del reparto, piantò lo stendardo in cima all’altura. Un contrattacco nemico, però, stava per rendere vanificare la conquista, senonché Ciro Scianna, incitando i suoi commilitoni, si lanciò nuovamente avanti, stringendo nelle mani il vessillo che gli era stato affidato. Fu allora che, in cima ad una cresta, fu colpito da una scarica di mitragliatrice: colpito in pieno petto, cadde tra le braccia del maggiore Giovanni Messe.
Così narrava l’episodio “La Domenica del Corriere” del 21-28 luglio 1918: «Come morì un Portabandiera. Sull’ Asolone, il magnifico Portabandiera del IX Reparto di Arditi, Ciro Scianna, siciliano, dà il Tricolore al vento gridando: “Fiamme nere! Avanti! Viva l’Italia!” Colpito in pieno petto da una sventagliata di mitragliatrici muore nelle braccia dell’eroico Maggiore Messe, dicendo: “Maggiore, muoio… Ma viva l’Italia! Mi dia la bandiera da baciare!”».
A Scianna il 30 agosto 1918 fu assegnata la Medaglia d’oro al valor militare alla memoria, per decisione “motu proprio” di Vittorio Emanuele III che volle decorare quel soldato con la massima onorificenza in un momento cruciale del conflitto. La motivazione era questa: “Soldato di altissimo ardimento, in aspra battaglia, sotto un micidialissimo tiro di fucileria e mitragliatrici nemiche e fra tragiche lotte corpo a corpo, portava con irresistibile slancio lo stendardo del battaglione d’assalto alla testa delle ondate, infiammando i compagni entusiasti del suo coraggio. Sulla vetta raggiunta, colpito in pieno petto, cadeva nell’impeto della sua superba audacia, dando al tricolore l’ultimo bacio ed alla Patria l’ultimo pensiero col grido: Viva l’Italia! Monte Asolone, 24 giugno 1918”.
Il Tenente Alberto Businelli, due volte ferito in combattimento e autore del libro “Arditi del IX” aggiunge ulteriori dettagli: “Prodigio? non so. Ma tutti gli Arditi del IX Reparto possono testimoniarlo: nel momento stesso in cui Ciro Scianna baciò freneticamente il Gagliardetto macchiandolo del suo sangue nobilissimo ed ebbe il bacio da Messe, la battaglia subì una sosta. Per pochi secondi da una parte e dall’altra si tennero gli occhi fissi sull’ammirevole gruppo. Poi, quando Messe, consegnato a un portaferiti l’Eroe e tenendo alto lo stendardo, alla testa dei suoi Arditi si gettò nella mischia col suo leggendario coraggio, la Morte ricominciò la mietitura”.
A me queste parole, e in particolare i dettagli della “mietitura” e del nome del maggiore (“Messe”), hanno sempre ricordato una delle tante lapidi commemorative che vidi quando ero sotto le armi, disseminate nella mia caserma di Aurelia (Civitavecchia), sede del mio I Battaglione Bersaglieri (motto: “Ictu impetuque primus”). Una domenica di novembre del 1978 io e il mio indimenticabile amico Enzo Mineo girammo la nostra caserma trascrivendone le scritte. All’ingresso un’insegna gigantesca ordinava perentoriamente: “Corri, corri, corri!”; un’altra scritta stabiliva un curioso sillogismo (“Il soldato tedesco stupì il mondo. Il bersagliere italiano stupì il soldato tedesco”); un’altra ancora celebrava i bersaglieri ciclisti (“Ferrea mole, ferreo cuore”), e via dicendo. C’erano poi, appunto, le scritte commemorative: una esaltava il sacrificio di un eroico bersagliere che, “benché mietuto dalla mitraglia nemica”, avanzava prodigiosamente con la bandiera in pugno. E ricordo che io allora citai a Enzo due versi di autore dubbio (Boiardo, Berni o Ariosto), ricordati da Leopardi nell’operetta morale “Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie” (1827): “E come avvien, quand’uno è riscaldato, / che le ferite per allor non sente; / così colui, del colpo non accorto, / andava combattendo ed era morto“.
A Ciro Scianna sono state dedicate una Base dell’Esercito Italiano a Pisa, la caserma del 4º Reggimento genio guastatori di Palermo e una Scuola secondaria di I grado di Bagheria.
Proprio in questa scuola tre anni fa, in occasione del centenario dalla fine della grande guerra e dalla morte dell’eroe bagherese, ebbe luogo una cerimonia commemorativa cui parteciparono molte autorità civili e militari, fra cui il giudice Leonardo Guarnotta, ex componente del pool antimafia con Giovanni Falcone. L’occasione, fortemente sostenuta dalla Dirigente Scolastica Carmen Tripoli, consentì di far conoscere ai giovani il prezzo di sangue pagato da milioni di soldati, e più recentemente da tanti uomini delle Istituzioni repubblicane, per l’Italia: eroi e vittime al tempo stesso.
Non mancò un ottimo lavoro di ricostruzione storica con la produzione di elaborati originali degli studenti, coordinati dai loro insegnanti e con la collaborazione di Lorenzo Rizzo, appassionato cultore della storia di Bagheria. Nel giardino della scuola fu scoperto un pannello di maiolica raffigurante Ciro Scianna, realizzato dal ceramista bagherese Maurizio Scianna. Un’esecuzione della fanfara dell’associazione bersaglieri di Casteldaccia e la coinvolgente lettura di una poesia di Ignazio Buttitta, «Lettera ad una madre tedesca», conclusero la cerimonia.
In precedenza il poeta bagherese Giovanni Girgenti aveva dedicato a Scianna questa enfatica ma commossa poesia intitolata “L’ eroe dell’Asolone”: “Le rie mitraglie scorrono… A la valle / frastuoni cupi e bigie nuvolaglie: / ne l’aria mille brividi / di fiamme gialle…/ Fu il dì di San Giovanni! / Marte gli diede i vanni / che adducono a le sfere de la gloria / e, cieca come il fato, / passò su Lui la raffica…/ Fu il dì di San Giovanni! / In un estremo guizzo il suo pensiero / baciò i suoi cari / e i Lari che lo fecero soldato, / poi su gli Altari, macine / di sacre spighe umane, / piegò la fronte e la sua bocca livida / sfiorò la sua bandiera. / L’anelito dell’Ora: un fioco gemito!… / Fu quello un Vaticinio di Vittoria. / Baciò la terra rossa del suo sangue, / cercò la luce effimera del sole, / poi tese il labbro al bacio de la Gloria / e fra le Fiamme nere / dischiuse gli occhi a nuove primavere”.
A Bagheria c’è una strada dedicata a Ciro Scianna: lì si trovava la casa dei miei nonni materni, i Rizzo; la via “Ciroscianna”, come la chiamavo da bambino senza comprenderne l’etimologia, è dunque per me legata a innumerevoli ricordi. È una strada stretta, che scende dallo “stratuneddu” verso piazza Indipendenza; a poca distanza dalla casa dei nonni c’era e c’è ancora un cinema. Sotto casa dei nonni c’era un barbiere e di fronte un panellaro dai capelli rossi.
Un aneddoto su Ciro Scianna, infine, era raccontato da mio padre: una volta, durante la guerra, Scianna era venuto in licenza a Bagheria, festeggiatissimo per la gloria che stava guadagnandosi. I miei nonni allora vollero fargli prendere in braccio il loro ultimogenito appena nato, il piccolo Totò: e mio padre poteva dunque vantarsi di essere stato “pisuliato” da un eroe. Bella soddisfazione, non c’è che dire: essere tenuto in braccio da eroi non è fortuna di tutti (se fortuna sempre è, perché Astianatte avrebbe qualcosa da ridire…).