Ieri, 1° agosto 2021, sul “Giornale di Sicilia” ho notato un piccolo trafiletto così intitolato: “Divieto d’ingresso all’ex lido Olivella”. Vi si legge che è stato intimato il divieto di ingresso all’ex stabilimento balneare; lo ha deciso l’amministrazione comunale di Santa Flavia “per impedire l’accesso all’interno dell’area, estremamente pericolosa per la presenza di rifiuti vari”. Si aggiunge poi che “malgrado il divieto, diversi bagnanti che frequentano la zona, entrano giornalmente scavalcando il muretto”.
Questa misera realtà di degrado, divieti e scavalcamenti mi ha fatto ricordare, per contrasto, il Lido Olivella di una volta.
Da bambino, alla fine degli anni Cinquanta e all’inizio degli anni Sessanta, andavo con i parenti all’Olivella. Da Bagheria ci andavamo in carrozzella: io e mio padre sedevamo davanti, “a cassetta” accanto al cocchiere; ed io ero meravigliato dalle crudeli frustate che costui appioppava alla povera bestia, che si vendicava con pantagrueliche cacate in diretta (allora non ecosostenibili, senza pannoloni e senza raccoglitori).
La carrozzella ci lasciava a metà della strada che unisce Santa Flavia a Porticello, in cima alla lunga discesa che conduceva all’Olivella; questo “sciddicaloro” dovevamo percorrerlo a piedi per raggiungere lo stabilimento.
Il Lido Olivella aveva le tipiche e mitiche “palafitte” in legno; è possibile rivederle in una scena del bellissimo film “Baarìa” di Peppuccio Tornatore (che per l’occasione, con la sua consueta maniacale precisione, fece ricostruire l’Olivella sul set di Tunisi). Il mare era verde oliva, pulitissimo e tiepido, con tanti pesciolini che vi sguazzavano; i bagnanti erano pochi, la ristorazione minimale e in genere sostituita dagli approvvigionamenti portati da casa.
Le foto e i filmini dell’epoca, che conservo gelosamente, mi mostrano più volte “picciriddo”, intento a giocare con la sabbia, fornito di altissimi strumenti tecnologici (paletta e secchiello) e con un buffo berrettino triangolare. Ricordo bene la terrazzina della palafitta, davanti alla cabina di legno; quest’ultima in genere era colorata (dipinta in verde o in rosso o in giallo) e caratterizzata da ampi squarci e fori (che suppongo fossero la gioia dei guardoni dell’epoca).
Le due foto del 1964, che allego qui di seguito, mi mostrano, bambino di dieci anni, all’Olivella; nella prima siedo sul tavolaccio in legno della nostra “palafitta”, mentre nell’altra sono in acqua, con un enorme salvagente biancorosso, con le cabine colorate sullo sfondo.
Di pranzi all’Olivella, al ristorante, ne ricordo pochi; era comunque un’epoca in cui il concetto stesso di “vacanza” era in fieri, con il boom economico di là da venire; la parola “movida” e la sua attuazione pratica erano del tutto ignote, gli “assembramenti” erano rari, il contesto generale era minimalista.
Dopo la giornata al mare, verso le 16,30 si risaliva per lo “sciddicaloro” di cui sopra, che al ritorno diventava una ben più ardua “acchianata”, anche per il sole “arraggiato”; ricordo lo stridio assordante di cicale pazze di sole, il silenzio circostante, la carrozzella-miraggio in cima alla salita, il ritorno a Bagheria (con immancabile passaggio a livello chiuso a Santa Flavia e attesa di un quarto d’ora).
Bei ricordi, oggi cancellati dalla triste realtà.
Il Lido dell’Olivella fu confiscato negli anni ’80, poi passò al Demanio Marittimo, di proprietà della Regione Sicilia. La motivazione della confisca era l’abusivismo del proprietario, che aveva costruito a ridosso della spiaggia un orrendo immobile in cemento e amianto. Nel 2007 il Comune di Santa Flavia, interessato a ripristinare l’antico lido, aveva approntato un progetto di decementificazione e di ricostruzione delle leggendarie cabine in legno, con lo scopo di liberare la spiaggia dall’“ecomostro” e di riqualificare l’immobile. Ma non se ne fece nulla e l’Olivella rimase nel più completo degrado, la spiaggia ridotta a cloaca con un substrato di alghe morte.
Nel 2016 i volontari di Legambiente vi trovarono rifiuti di ogni genere: materie plastiche, reti e tessuti di varia origine, flaconi di diserbante, oli meccanici e copertoni d’auto, tutte “bombe ecologiche” presenti in grandi quantità.
Nel novembre 2019 la Regione siciliana aveva emanato un bando per l’assegnazione in concessione ai privati di 27 beni demaniali marittimi, con l’obiettivo di rivalorizzare i fabbricati insistenti sul pubblico demanio marittimo. L’ex lido Olivella era fra questi beni da dare in concessione; e si erano riaccese le speranze di una sua possibile “risurrezione”.
Ma le ultime sconsolanti notizie confermano che l’incuria e il menefreghismo restano incontrastati, mentre un’altra parte del patrimonio ambientale, paesaggistico e anche (direi) storico-culturale di quest’isola infelice naufraga miseramente nell’abbandono e nell’oblio.