Uno dei libri più antichi che possiedo: TRAGEDIE GRECHE – EURIPIDE, tomo II, stampato a Venezia nel 1795.
Autore dell’antologia Andrea Rubbi che così lo dedica ai suoi amici: “Dopo Eschilo e Sofocle, io vi debbo anche un saggio d’Euripide, cortesi amici, e quì [sic!] basterà dei tragici greci. Quest’ultimo meritava a parte il suo volumetto, come migliore degli altri, ed è vestito alla italiana drammatica per più piacervi“.
Segue la “Medea” di Euripide tradotta da Francesco Boaretti, che dopo un’introduzione di alcune pagine così traduce l’inizio del prologo (parole della Nutrice): “Ah! Non foss’ella mai / ita d’Argo la nave al suol de’ Colchi! / Né fosse mai su le selvose cime / del Pelio monte il pin caduto a terra! / Che non avrieno i valorosi eroi, / ch’indi a Pelia recar l’aurato vello, / diviso al mar co’ lunghi remi il seno / e di Giasone a suo gran danno accesa / a le Tessale rive unqua non fora / approdata Medea, né indotte avrebbe / del vecchio re le mal accorte figlie / il padre ad isvenar, fuggendo poi / ratta da Jolco e dell’oprato altera / a questa reggia, ove Creonte impera“.
Che fatica! Peggio del “dilavato” manoscritto manzoniano… Però è divertente…