Dopo l’orribile attentato terroristico di vent’anni fa che provocò la distruzione delle Torri Gemelle, il progetto di ricostruzione del World Trade Center fu ideato dall’architetto polacco-americano Daniel Libeskind, inclusa la torre One World Trade Center (o “Freedom Tower”), alta 1776 piedi (pari a 541 metri) ad evocazione dell’anno della dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti.
Internamente si apre il Memorial Plaza, un giardino piantumato di querce bianche, progettato nel 2006 dall’israeliano Michael Arad e dall’americano Peter Walker. Qui sono state costruite due enormi vasche quadrate in granito (il “Reflecting Absence”), scavate fino alla profondità di quattro metri, a ricalcare i perimetri che contenevano le fondamenta delle Twin Towers. L’acqua scorre lungo le quattro pareti inclinate verso una grande vasca interna, che al centro presenta un’apertura quadrata. Lungo il perimetro delle fontane, sul bordo, sono incisi nel bronzo i nomi delle vittime (quasi 3000); come dichiarò Arad, le vasche rappresentano “l’assenza resa visibile” (“absence made visible”).
Secondo l’architetto Elodia Rossi, “Reflecting Absence è un luogo in cui è esaltata la geometria pura, quale segno della compostezza che si deve a un memoriale. Avvolto in un silenzio magico, spinto verso la sacralità, lontano dal frastuono urbano, non infranto da alcun rumore dei visitatori che, rapiti dalla bellezza evocativa, osservano estasiati”.
Il Memorial fu inaugurato dieci anni fa, l’11 settembre 2011, a dieci anni dall’attentato.
Io ho visitato questo luogo suggestivo e struggente il 7 agosto 2018; in quell’occasione mi colpì il fatto che, in corrispondenza dei nomi di alcune delle vittime, fosse presente un fiore. Chiedendo alla guida, scoprii che la pietà e la generosità dei “memorial workers” colloca un fiore sui nomi delle vittime nel giorno del loro compleanno; i fiori che vedevo erano dunque destinati alle persone che erano nate il 7 agosto.
Al Memorial è anche inevitabile vedere il “Survivor tree”, un Pyrus Calleryana ritrovato nel sito di Ground Zero nell’ottobre 2001 danneggiato, ma ancora vivo: portato presso il New York City Department of Parks and Recreation, fu curato e sviluppò nuovi rami e radici, che contrastano con i nodosi monconi precedenti all’11 settembre: potente simbolo di rinascita e ricostruzione dopo l’estrema disfatta.
Non meno emozionante fu per me la visita del Memorial Museum e del Tribute Museum: il primo ha il compito di mostrare, grazie a fonti di vario genere, le conseguenze dell’11 settembre; insieme a documenti d’archivio, filmati e fotografie impressionanti, sono narrate le storie di molte persone coinvolte nella tragedia (impressionanti i video Youtube sugli ultimi messaggi telefonici lasciati dalle vittime); il secondo museo ha per motto “Compassion+Resilience+Service” e si concentra sulle storie delle persone che erano lì e che hanno partecipato ai salvataggi e alla ricostruzione dell’area: insomma, un museo che rende il doveroso tributo a coloro che, con coraggio e resilienza, hanno permesso la ricostruzione e la ripartenza.
Ovunque, in quel luogo atrocemente ferito dalla disumana bestialità dei terroristi, emergeva la fierezza e la dignità del popolo americano dalle parole misurate, dai gesti sobri, dalla compostezza esemplare, dalla memoria indelebile delle persone. E questo sia detto al di là e al di sopra delle dietrologie, spesso meschine, che si sono innescate su questa tragedia.
Uscendo dalla zona del Memorial, che in quel giorno di agosto era immersa in un’afa opprimente, l’aria più fresca di Battery Park, all’estremità meridionale di Manhattan, con un vento teso che veniva dal New Jersey, mi sembrò il sussulto sferzante della vita che riprende – ancora una volta, sempre – dopo gli orrori della violenza e della barbarie.
INTO THE FIRE
di Bruce Springsteen
“The sky was falling / and streaked with blood / I heard you calling me / then you disappeared into the dust / up the stairs, into the fire / up the stairs, into the fire / I need your kiss, but love and duty / called you someplace higher / somewhere up the stairs into the fire. / May your strength give us strength / may your faith give us faith / may your hope give us hope / may your love give us love…”
“Il cielo cadeva, striato di sangue / ho sentito che mi chiamavi / ma sei scomparso nella polvere / su per le scale, dentro il fuoco / su per le scale, dentro il fuoco / ho bisogno del tuo bacio / ma l’amore e il dovere / ti hanno chiamato più in alto / là su per le scale / dentro il fuoco. / Ci dia forza la tua forza / ci dia fede la tua fede / ci dia speranza la tua speranza / ci dia amore il tuo amore…”
[dedicato ai pompieri che l’11 settembre salvarono vite umane rischiando e a volte perdendo la propria]