Un anno di Covid / 16

Ripropongo qui altri tre post da me pubblicati su Facebook all’inizio di quest’anno, nei quali continuavo a seguire gli eventi relativi all’epidemia da Covid19.

Il primo post risale al 5 gennaio 2021 e si intitola “Il trionfo del daltonismo”.

In una giornata di (ipotetico) lockdown constatavo per le strade un traffico e un movimento assolutamente normali; i negozi erano aperti e la gente correva a fare acquisti in vista del pranzo dell’Epifania. Ben diverso era stato il primo drammatico lockdown di primavera; ma i colori delle varie zone (rossa, arancione, gialla – la bianca ancora era un sogno) erano sempre meno sopportati dalle persone, ormai contagiate da un daltonismo riottoso alle costrizioni.

La situazione del resto era sempre molto difficile: la campagna vaccinale, appena partita, procedeva stentatamente sotto l’insicura guida di Arcuri; a scuola regnava il caos; il secondo governo Conte stava per arrivare (mi si permetta il gioco di parole) alla resa dei conti.

Da qui un senso di confusione dilagante: “Dalton sta trionfando. Un governo giallo-rosso, ex giallo-verde, con qualche tentazione repressa azzurra, programma fasce rosse, arancioni, gialle, grigie e bianche, ostinato a vedere rosa in una situazione nera”.

In questo caos, rimanevano drammatici i dati dell’epidemia: positivi 570.458, deceduti totali in quel momento 75.680 (con 348 in più rispetto al giorno prima), indice Rt che non mostrava segni di diminuzione.

45) 05.01.21

IL TRIONFO DEL DALTONISMO

Stamattina alle 8,30 sono andato dal pescivendolo. Mi risultava che oggi fosse un giorno “rosso”: quindi sono uscito per “necessità” di acquisti alimentari, fornito anche di doverosa autocertificazione in tasca in caso di controlli (?!). Per strada ho notato subito un traffico “normale” e diverse persone, anche in coppia, che passeggiavano tranquillamente. Suppongo per necessità. Del resto i negozi erano tutti aperti.

Dal pescivendolo c’erano diversi clienti che lamentavano, giustamente, l’aumento esponenziale dei prezzi. Io ho pagato 40 euro per 2 sogliole e tre fette di pescespada, ma c’era chi spendeva 70-80 euro, anche in vista dell’ennesimo megapranzo di domani, in occasione della Befana. Ma anche l’aumento dei prezzi era visto come cosa “normale”: è normale che a inizio anno si aumentino i prezzi, specie in una situazione come quella attuale…

Sulla via del ritorno, notavo un traffico automobilistico e pedonale assolutamente “normale”. Nulla a che vedere con i tempi del primo lockdown, quando pochissimi mettevano il naso fuori di casa (soprattutto gli innumerevoli proprietari degli innumerevoli cani del nostro tempo, o i fanatici vecchi e neo-acquisiti del footing), passavano le auto del comune che con gli altoparlanti invitavano a stare a casa, ci si affacciava nei balconi a cercare solidarietà con sconosciuti vicini affacciati di fronte. E questo in primavera quando peraltro, almeno in Sicilia, i casi effettivi di coronavirus erano davvero pochi e circoscritti.

Il fatto è che “rosso” oggi, psicologicamente, viene inteso dalla gente come “arancione”, cioè è parente del “giallo” e quindi equivale al verde. La gente, stufa ed esacerbata, si ribella di fatto alle costrizioni.

Domenica scorsa, come si leggeva ieri sul “Giornale di Sicilia”, il centro di Palermo (benché in giornata “rossa”) era affollato di gente a spasso; fra l’altro, il comune aveva pensato bene di chiudere al traffico, come di consueto, la via Libertà da piazza Croci, per consentire (a chi?) il classico “passìo” dei giorni festivi. E del resto erano aperti i negozi di ottica, quelli di articoli sportivi, quelli di giocattoli come la Lego, quelli di informatica e prodotti tecnologici; e dal neo-arrivato Kfc di via Notarbartolo la coda per l’asporto (?) arrivava in fondo alla strada. I (pochi) poliziotti municipali allargavano le braccia: “mica le forze dell’ordine possono entrare in ogni negozio per chiedere cosa viene venduto”.

Insomma: comandi chi può, ubbidisca chi vuole. E questo nel contesto di una situazione per lo meno caotica. Vediamo.

1) Le vaccinazioni sono in tilt e procedono a rilento più o meno ovunque, con solo 1/3 di dosi arrivate inoculate finora a livello nazionale, con un commissario straordinario che si difende oggi sul “Corriere della Sera” continuando a rimpallare sulle regioni e sulle forniture inadeguate le responsabilità di ritardi e inadempienze, con un’immancabile schiera di “furbetti” che supera la fila in nome di priorità tutte da dimostrare. Intanto delle sbandierate “primule” e padiglioni per la vaccinazione non si vede la minima traccia; ma non dovrebbero essere in fase di organizzazione, se fra 2-3 mesi dovrebbero essere operativi? Ah, no, perché a vaccinare potrebbero essere i medici di famiglia… E le primule? Boh. Per la serie: annunciamo le cose senza farle (vedi Colao, vedi app Immuni…).

2) Sulla scuola si è arrivati al caos assoluto: sul “Corriere della Sera” di oggi a pag. 3 una mappa mostra che la Sicilia, in un bel verde scuro, è la regione “più pronta” al ritorno dei ragazzi in classe; ma una precisazione nel grafico aggiunge: “Se una regione dovesse entrare in zona arancione o rossa, per tutti gli studenti delle superiori è prevista la didattica a distanza al 100%”; e nella pagina accanto l’isola è messa fra le papabili regioni arancioni (del resto oggi è al terzo posto nazionale per indice dei contagi, dopo Veneto ed Emilia-Romagna). Ergo, si potrebbe riaprire il 7 (anzi l’8, come da calendario regionale: si informino i giornalisti su questa perla meravigliosa che è la parcellizzazione dei calendari scolastici secondo le regioni), per richiudere l’11.

3) Il governo sembra (sembra!) sul punto di cadere, lacerato da contrasti (in)sanabili che saranno forse sanati con un banale “rimpasto”: c’è già nell’aria un “totoministri” (Boschi ai Trasporti o al Lavoro, Lamorgese sacrificata a un “politico”, Rosato alla Difesa, ecc. ecc.). Ma quanto interessano agli Italiani, stanchi per le conseguenze ancora in atto di un anno terribile e alle porte di un altro anno non meno problematico, le poltrone dei ministri? Se una coalizione governa, non sarebbe ovvio che risolvesse le sue beghe condominiali all’interno di un consiglio dei ministri-fiume, al termine del quale i ministri dovrebbero dedurre una cosa sola: sono più le cose che ci uniscono o quelle che ci dividono? E trarne le conseguenze. Invece si preferisce la strada della trattativa anche sotterranea (vedi la questione della delega sui Servizi Segreti: perché tanto interesse?), della pluralità di prospettive (tranne quella elettorale ritenuta improponibile, impraticabile e suicida), dell’ipotesi di un “rimpasto” (per dirla con Tomasi, “se vogliamo che tutto rimanga com’è…”).

E questo, nel bel mezzo della caotica “colorazione” daltonica da decidere urgentemente: giorni “rossi” (si è visto come…) oggi e domani, “gialli” (cioè verde-giallognoli) il 7 e l’8, “arancioni” (cioè giallo camuffato) il 9 e il 10, variabili in fasce dall’11 al 15 (con regioni in fascia varia secondo gli indici del contagio, attualmente poco rassicuranti). Si ipotizza anche (tanto per dare agli Italiani una speranza come carota dopo tante bastonate) un approdo a una “fascia bianca”, fase in cui sarebbero riaperti bar, ristoranti, palestre, cinema, teatri, musei, sia pure con obbligo di mascherina, distanziamento, divieto di assembramento (insomma un bianco mezzo verde, tendente al giallo).

Mi sto confondendo: Dalton sta trionfando. Un governo giallo-rosso, ex giallo-verde, con qualche tentazione repressa azzurra, programma fasce rosse, arancioni, gialle, grigie e bianche, ostinato a vedere rosa in una situazione nera.

Infatti, di fronte a tale caos daltonico, ecco chiari, univoci, oggettivi, innegabili, irremovibili, subdoli e invincibili i dati del contagio: positivi attualmente 570.458, deceduti 75.680 (ieri +348, cifra che galvanizza un tale dott. Publio Ciciliano, segretario del Comitato Tecnico Scientifico, che sul “Corriere” parla di “importante riduzione delle vittime”), indice Rt che non mostra segni di diminuzione (anzi…).

Meglio non pensarci e rivolgere il pensiero a come cucinare stasera le sogliole.

Il secondo post risale al 9 gennaio 2021 e si intitola “Annibale in Italia”. In seguito all’ordinanza emanata dal ministro della salute Speranza, che portava in zona arancione cinque regioni, sottolineavo la contraddittorietà delle dichiarazioni di Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità, e la fumosità delle ermetiche affermazioni di Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità. E mentre nessuna regione si trovava in zona rossa (“alla faccia del generale aumento di contagi”), il famigerato Rt cresceva ovunque.

Da qui le domande che mi sentivo di rivolgere all’agonizzante governo Conte e al commissario straordinario (solo di nome) Arcuri: “Che senso hanno avuto restrizioni, provvedimenti, ordinanze, divisioni in fasce, se i risultati sono evidentemente mancati? Ha ragione o no chi sosteneva che da novembre sarebbe stato opportuno avere il coraggio di dichiarare un rigido lockdown generale, per rallentare la trasmissione del virus nella speranza di una ripartenza totale da gennaio?  Ma soprattutto, domanda delle domande: chi deve gestire un’emergenza sanitaria? La sanità o la politica?”.

A questo punto – e devo dire che a volte mi sembra di avere insospettate doti profetiche – esprimevo l’auspicio di un nuovo governo “tecnico di scopo”, che fronteggiasse più adeguatamente l’emergenza: “Se dovesse cadere questo governo, lacerato da dissidi profondi fra le sue componenti, non sarebbe opportuno creare un governo che sia al tempo stesso un ‘comitato di salute pubblica’, un ‘governo tecnico di scopo’ con lo scopo – unico e circoscritto nel tempo – di debellare l’epidemia, frenando i contagi, organizzando capillarmente le vaccinazioni, spendendo veramente (e non a chiacchiere e a promesse) i tanti fondi a disposizione per “ristorare” le attività economiche, “traghettando” il Paese fuori dall’emergenza?”.

Concludevo con la metafora che dava il titolo al post: “Il virus, simile all’invasore Annibale, scorrazza per il nostro Paese con i suoi terribili elefanti. Sapremo trovare uno o più Scipioni che vadano a sconfiggerlo a Zama?”

46) 09.01.21

ANNIBALE IN ITALIA

Il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato una nuova ordinanza, in vigore da domani, domenica 10 gennaio, che porta in zona arancione cinque regioni: Calabria, Emilia Romagna, Lombardia, Sicilia e Veneto. Su Facebook (diventato ormai organo ufficiale di comunicazione ai cittadini, siano essi o no membri di questo social) Speranza ha dichiarato: «Dobbiamo tenere il massimo livello di attenzione perché il virus circola molto e l’indice del contagio è in crescita».

Dal canto suo il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro constata: «Si osserva un peggioramento nel Paese e la gran parte delle regioni italiani si sta avvicinando o è sopra Rt 1. Questo è un elemento che deve spingerci alla massima attenzione nelle misure da adottare e che deve portarci ad adottare comportamenti rispettosi per evitare una ricrescita». Brusaferro afferma anche: «Nel documento di preparazione avevamo indicato la grande attenzione da prestare in questi mesi invernali; mi sembra tuttavia che le misure applicate siano state adeguate e dobbiamo continuare a seguire con la massima cautela l’andamento della situazione epidemiologica».

In altre parole, sintetizziamo le dichiarazioni di Brusaferro: 1) le cose vanno peggio; 2) dobbiamo stare attenti alle misure da adottare; 3) le misure adottate erano adeguate. Sillogismo perfetto, non è vero?

Siccome la cosa risulta poco chiara, affidiamoci ad un’altra fonte, nota per la sua illuminante chiarezza, cioè il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli. Questi, durante la conferenza stampa sul monitoraggio regionale dei dati della pandemia da Sars-cov-2, ha così sillabato: «La situazione italiana non è affatto fuori controllo, la curva epidemica che vediamo nel nostro Paese è assai migliore a quella che si osserva in altri paesi europei».

Dunque, la curva va bene? Alla faccia dell’aumento generalizzato dei contagi? Questo almeno sembrava di capire da quelle parole; ma Locatelli, accorgendosi forse di aver parlato in modo insolitamente estraneo alle sue consuetudini ermetiche, ha prudenzialmente aggiunto: «io rimango convinto dell’efficacia del sistema in stratificazioni di fasce che è stato adottato, semmai gli aggiustamenti fatti sono stati riferiti alle soglie per cambiare le fasce di rischio, sostanzialmente abbassandole e valorizzando adesso anche il dato del tasso di incidenza». Ora sì che tutto è più chiaro!

Nel frattempo, come si è detto, cinque regioni da lunedì saranno in zona arancione, una zona notoriamente assimilabile al “giallo rafforzato” inventato alcuni giorni fa da qualche ennesima mente brillante; e siccome il “rafforzamento” è spesso apparente, l’approdo a un sostanziale e universale “giallo” è garantito.

Del resto, alla faccia del generale aumento di contagi, non ci saranno regioni in zona rossa; quindi il “rischio alto” non esiste (o non deve esistere); e questo nonostante lo stesso ministro Speranza abbia sottolineato che l’indice Rt nazionale, secondo il monitoraggio, «è in aumento per la quarta settimana consecutiva e, per la prima volta dopo sei settimane, sopra quota 1».

Nel frattempo, aumenta il rischio di una epidemia «non controllata»: nel monitoraggio si riconosce che l’epidemia, su tutto il territorio nazionale, è ancora lontana da livelli che permettano un sistema di tracciamento efficace; si legge infatti: «Il servizio sanitario ha mostrato i primi segni di criticità quando il valore a livello nazionale ha superato i 50 casi per 100.000 in sette giorni». Per questo il monitoraggio parla di un «aumento complessivo del rischio di una epidemia non controllata e non gestibile».

Scenario quanto mai cupo, come si vede, in cui tutti esternano, tutti commentano, tutti dichiarano, tutti decidono e poi ridecidono e poi ridecidono quello che avevano deciso, di settimana in settimana, di giorno in giorno, di ora in ora.

Ora, siccome, come dice il proverbio, “il pesce puzza dalla testa”, si dovrebbe rivolgere qualche semplice domanda al Presidente del Consiglio Conte (finché lo sarà) e al commissario straordinario Arcuri (forse ancora al telefono con le varie Regioni per capirci qualcosa sulla situazione delle vaccinazioni). Che senso hanno avuto restrizioni, provvedimenti, ordinanze, divisioni in fasce, se i risultati sono evidentemente mancati? Ha ragione o no chi sosteneva che da novembre sarebbe stato opportuno avere il coraggio di dichiarare un rigido lockdown generale, per rallentare la trasmissione del virus nella speranza di una ripartenza totale da gennaio?

Ma soprattutto, domanda delle domande: chi deve gestire un’emergenza sanitaria? La sanità o la politica? In altri termini, chi cura un’epidemia? I medici o i politici? Quando un politico sta male, però, da chi va a farsi curare?

Staremo a vedere. Intanto negli Stati (Dis)uniti d’Italia ogni regione chiude o apre le scuole di testa sua, ogni comune emana ordinanze più o meno restrittive, ogni autorità in grado di prendere decisioni le prende. Tutto senza più coordinamento, senza logica, con un senso affannoso di confusione, di nervosismo, di stanchezza generale, di crescente lacerazione, di sbandamento.

Se dovesse cadere questo governo, lacerato da dissidi profondi fra le sue componenti, non sarebbe opportuno creare un governo che sia al tempo stesso un “comitato di salute pubblica”, un “governo tecnico di scopo” con lo scopo – unico e circoscritto nel tempo – di debellare l’epidemia, frenando i contagi, organizzando capillarmente le vaccinazioni, spendendo veramente (e non a chiacchiere e a promesse) i tanti fondi a disposizione per “ristorare” le attività economiche, “traghettando” il Paese fuori dall’emergenza?

Il virus, simile all’invasore Annibale, scorrazza per il nostro Paese con i suoi terribili elefanti. Sapremo trovare uno o più Scipioni che vadano a sconfiggerlo a Zama?

Il terzo post, “Il governo e il Covid”, risale al 12 gennaio e analizza la situazione, aggravata dalla minaccia (poi concretizzatasi) di una crisi di governo. Ai possibili sbocchi della crisi contrapponevo un immaginario punto di vista del Covid di fronte alla caotica situazione italiana.

47) 12.01.21

IL GOVERNO E IL COVID

I possibili sbocchi in caso di crisi di governo sono così elencati da “Repubblica”:

1) dimissioni e nuovo incarico per un Conte-ter;

2) una coalizione con i centristi e senza i renziani;

3) stessa alleanza, premier diverso (magari del PD);

4) urne anticipate (definite “lo spauracchio dei parlamentari”);

5) esecutivo tecnico (affidato a Mario Draghi o a Marta Cartabia).

Contemporaneamente l’autorità che attualmente detta legge in Italia e nel mondo, cioè il Covid, ha fatto sapere a sua volta, ovviamente dal suo punto di vista, l’attuale situazione:

1) dato rassicurante per cui l’immunità di gregge non sarà certo raggiunta quest’anno e forse non prima del 2023;

2) a oggi, in Italia 100.000 vaccinati “abusivi” fuori lista (con relativo caos nella programmazione futura delle vaccinazioni);

3) ottima situazione dell’indice RT, sempre alto ed in aumento;

4) confortante situazione dei decessi giornalieri in Italia (448 contro i 361 del giorno prima);

5) tasso di positività ieri in aumento (13,6% contro il 13,3% del giorno prima);

6) persistente caos nella gestione delle zone variamente colorate da parte del governo italiano in carica e delle autorità locali;

7) evidente volontà da parte della controparte di non accentuare misure che prevedano “zone rosse”, in nome di una (millantata) preoccupazione per la salvaguardia di (alcune) attività lavorative;

8) aumento nei ricoveri e nelle terapie intensive;

9) imminente crisi di governo.

Sua Maestà il Covid si è detto estremamente soddisfatto di questi dati, con riferimento soprattutto all’ultimo punto, che elimina anche le ultime parvenze di opposizione al suo strapotere.

Un particolare ringraziamento è stato inviato ai rappresentanti di Italia Viva, cui però è stato contestualmente suggerito di trasformare la propria denominazione in “Italia Morta” (visto il numero dei decessi).

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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