Ancora sul ritorno a scuola

Sul sito di “Repubblica” si legge la replica del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi alla richiesta di oltre duemila presidi di far ripartire la scuola in DAD a causa dei contagi che dilagano, anche tra studenti e professori. La risposta è categorica: «Siamo molto attenti alle voci che ci arrivano dal Paese, ma anche alle tante voci che ci dicono che la scuola debba restare in presenza».

Fra queste “tante voci” non c’è però – ed è contrasto stridente – il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Filippo Anelli, che afferma invece: «La situazione è abbastanza critica e di fronte a questo scenario, vista la diffusione attuale del virus, credo che posticipare l’apertura delle scuole di 15 giorni e magari allungare di due settimane la frequenza in presenza a giugno possa essere una decisione di buonsenso». Anelli aggiunge anche che «sarebbe da cambiare anche il sistema delle Regioni a colori, introducendo tra i parametri quelli relativi alla pressione sulla sanità territoriale e integrando, a tal fine, il Comitato tecnico scientifico con medici di Medicina generale».

Nel frattempo, come era prevedibile, moltissime realtà locali stanno attuando dei “fai-da-te” che genereranno contrasti, contenziosi, contraddizioni, confusione (che bella allitterazione!).

Ad esempio il battagliero governatore della Campania, Vincenzo De Luca, ha definito “irresponsabile” aprire le scuole il 10 gennaio e ha lanciato pesanti accuse al governo, che a suo dire «trasforma i nostri bambini in cavie sull’altare della politica politicante, dell’opportunismo e degli ideologismi, con scelte che prescindono dalla realtà». Per De Luca mancano le condizioni per riaprire, visto che «le Asl dovrebbero fare in media tremila tamponi al giorno per accompagnare le autorità scolastiche nel controllo del contagio nelle scuole. Non è possibile». E sentendo ieri le dichiarazioni dell’ombroso governatore campano, non si poteva però negare che avesse qualche ragione quando diceva che le attuali norme governative sul collocamento in DAD degli alunni in caso di contagi sono cervellotiche e caotiche.

Analogamente il governatore della Sicilia, Musumeci, ha dichiarato: «Avevamo anticipato al ministro che con queste norme nazionali sulla riapertura delle scuole sarebbe stato il caos; va ricordato infatti che in zona gialla le Regioni non hanno autonomia nel determinare sospensione delle attività scolastiche. Ho appena scritto al presidente Draghi rappresentando la gravità della situazione delle ultime ore».

Su questa stessa linea sono moltissimi sindaci, in aumento di ora in ora. Una sorta di insurrezione: ma tutto questo fermento (presidi, ordine dei medici, governatori, sindaci) non ha smosso di un millimetro la fermezza del governo-minestrone di Draghi: Bianchi, nel respingere ai mittenti ogni obiezione, si limiterà oggi a incontrare i sindacati per un’informativa sulle nuove regole per la gestione dei casi di Covid.

Intanto il serafico ministro della Salute, Roberto Speranza, ha ribadito che “il governo ha scelto di tutelare il più possibile la scuola in presenza e in sicurezza»: solito utopistico appello alla “sicurezza”, di cui ci si riempie la bocca senza fare nulla per garantirla davvero, come ad esempio sarebbe l’immediata abolizione delle vincolanti regole di privacy che vietano ai presidi di chiedere a un alunno se è vaccinato o no, fidandosi invece delle autodichiarazioni (quando ci sono) delle famiglie.

In tutto questo, sarebbe bello chiedere conto e ragione al ministro dell’Istruzione di che cosa sia stato fatto in questi due anni per dare questa millantata “sicurezza” alle scuole. Nuovi locali più ampi che consentano il distanziamento? Maggior numero di docenti e non docenti? Sistemi di aerazione? Potenziamento dei mezzi pubblici?

L’importante per il governo è però tenere il punto. E, visto che i contagi indotti dalla variante Omicron sono ormai fuori controllo, ci si chiede se sia pura dietrologia quella di chi vede, dietro a certe ostinazioni irrazionali, la nascosta volontà di mantenere una situazione “emergenziale” che consenta di eleggere rapidamente un presidente della repubblica “ad hoc” (un po’ come avvenne dopo la strage di Capaci, quando – sotto la spinta dell’emergenza – Scalfaro fu eletto al 16° scrutinio).

Intanto, carta canta: nelle ultime 24 ore i contagi da coronavirus sono stati 108.304 e 223 i decessi; con 492.172 tamponi eseguiti la positività è balzata al 22%. Attualmente sono 1.499 i pazienti in terapia intensiva in Italia, 32 in più in 24 ore. La regione con il maggior numero di casi è la Lombardia con 18.667 contagi, seguita da Emilia Romagna (+17.119), Lazio (+11.905), Campania (+9.739) e Sicilia (+9.248). I casi totali salgono a 7.083.762. Gli attualmente positivi crescono di 80.492 unità (ieri +172.462) arrivando al picco di 1.674.071; di questi, 1.657.981 pazienti sono in isolamento domiciliare (e in attesa che qualcuno si ricordi di loro).

Nel frattempo, l’Italia è sempre più spaccata in tutto (vax/no-vax, DAD/noDAD, smart working/lavoro in presenza, green pass/no-green pass, ecc.), alla faccia dell’“unità nazionale” che sarebbe stata creata dall’emergenza sanitaria.

Basta leggere online i commenti a qualunque notizia per vedere l’odio furioso che divide le opposte fazioni, l’intolleranza astiosa reciproca, le parolacce irripetibili che ci si scambiano.

Un clima nevrotico, intollerante, maleducato, rabbioso.

Questa Italia lacerata è il più grave danno che la pandemia ha provocato. E contro questo danno, purtroppo, non esiste al momento alcun vaccino.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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