A Palermo, da almeno vent’anni (lo possono testimoniare centinaia di persone), all’angolo tra via Nicolò Garzilli e via Dante, a pochi passi dalla centralissima Piazza Politeama, ogni volta che dal cielo cadono quattro gocce di pioggia (come è avvenuto stanotte) si forma una pozzanghera-acquitrino che costringe i pedoni a pericolosi slalom sulla sede stradale.
Inutile dire che mai, da vent’anni a questa parte, nessuno si è interessato del problema: non il Comune, non i consigli di quartiere (esistono?), non i sindaci (meno che mai quest’ultimo).
La città è costellata di simili trappole, ben note a tutti (sottopassaggi di via Belgio e della Cala, spiazzo antistante all’ospedale Buccheri-La Ferla, via Imera, ovviamente Mondello, ecc.) e a quanto pare ineliminabili.
Mi sono sempre chiesto come è possibile che ad Amsterdam esistano stazioni della metropolitana costruite sotto i canali e in cui non filtra una goccia d’acqua.
E non meno stupore provocò in me, una mattina d’agosto in cui mi trovavo nel mio albergo di Berlino in Kurfürstendamm, il picchiettio di un martello sul balconcino; affacciandomi, vidi un operaio che, su un ponte mobile, stava riparando una microscopica crepa di 5 cm nel muro dell’albergo, evidentemente appena venuta al mondo e immediatamente individuata e neutralizzata.
Ma qui siamo a Palermo e qui non c’è mai nulla di nuovo, né sotto il sole, né sotto la pioggia. Le nostre certezze sono incrollabili: assenza di ogni rispetto per i cittadini, menefreghismo esponenziale, pigrizia, scaricabarile, inaffidabilità e – soprattutto – paralizzante fatalismo: sempre così è stato, sempre così deve essere, sempre così sarà.
Va bene lo stesso; dobbiamo prendercela per una pozzanghera? Almeno pulisce un po’ le strade…