Stamattina, nel panificio del sig. Marcello a Piazza Virgilio, ho acquistato i “pupi con l’uovo”; arrivato a casa, non ho resistito e ne ho subito assaggiato uno: era davvero squisito, morbido e saporito.
Questo dolce, caratteristico – più che di Palermo – dei paesi dei dintorni, assume nome diverso in altre zone della Sicilia: “campanaru”, “cuddura cu l’ova”, “panaredda pasquale” o “palummedda pasquale”, “aceddi cu l’ova”, “vaccaredda cu l’ova”, “cannateddi di Pasqua”, ecc.; altrettanto varia è la forma, ma nel complesso la realizzazione è molto simile. La base è una pasta frolla morbida arricchita dall’utilizzo della “sugna”, grasso di maiale utilizzato soprattutto nel periodo pasquale; all’interno viene posto un uovo sodo con tutta la buccia.
L’origine di questi dolci risale agli antichi greci, così come il nome “cuddura” utilizzato in alcune zone: infatti agli dèi venivano offerte delle focacce, in greco “kollüra” (κολλύρα, pagnotta citata anche da Aristofane nella “Pace”, v. 123).
La storia del “pupo con l’uovo” è legata alla Pasqua: l’uovo, simbolo di vita e fertilità, era emblematico del periodo della Resurrezione; d’altro canto durante la Quaresima, periodo di digiuno e astinenza, era vietato non solo il consumo delle carni, ma anche delle uova, sicché nelle case, fornite quasi sempre di pollaio, esse si accumulavano; venivano dunque decorate e variamente utilizzate. Nacquero così anche i “pupi cu l’ova”, che contenevano, immersi o affioranti dalla pasta di pane, delle uova spesso colorate. Il pane veniva cotto nelle forme più varie: panierini, canestri, campanili, colombe e forme antropomorfiche (da qui il nome di “pupi”).
Si ha anche notizia di una tradizione bagherese, per cui il “pupo con l’uovo” divenne un dono delle ragazze ai loro fidanzati nel giorno di Pasqua; era realizzato a forma di cuore e molte decorazioni e il sabato santo era stato benedetto in chiesa. Le uova utilizzate erano di diverso numero secondo i fruitori: al fidanzato andava il “pupo” a forma di cuore con 9/11 uova, alla suocera quello con 7 uova, ai cognati con 5 e così via degradando. All’epoca, invece, non si usavano le uova di cioccolata.
Io da ragazzo vivevo a Genova; a Bagheria, paese dei miei genitori, venivo solo in estate e qualche volta a Natale. A volte però, per Pasqua, i “pupi con l’uovo” ci arrivavano in un bel cesto inviato dai parenti: più fortunati dei loro colleghi “pupi di zucchero” (mandati invece in occasione dei Morti e immancabilmente semidistrutti dalle scosse del viaggio) i “pupi con l’uovo”, impastati in casa dalle mie zie e poi cotti in un forno vicino casa loro, approdavano in Liguria in tutta la loro fragranza e rallegravano il giorno delle Palme (come oggi).
Quando, eccezionalmente, all’età di 8 anni venni a Bagheria per la Pasqua del 1962 in occasione del matrimonio di un mio zio, ebbi modo di vedere e gustare di presenza i tantissimi “pupi con l’uovo” fatti in casa, con tanto di teglie coperte da teli, che erano state adoperate per portarli a cuocere al forno più vicino; il loro sapore genuino era incomparabile con quello odierno (ma gioca forse, anche qui, la deformazione e idealizzazione dei ricordi operata inevitabilmente dal tempo).
Gli ingredienti dei “pupi con l’uovo”, come si è detto, sono molto semplici; ecco la ricetta originale dell’Antico Forno Valenti di Bagheria: per la pasta frolla 600 kg di farina di rimacino, 400 Kg di farina 00, 500 g di zucchero, 250 g di strutto, 2 tuorli, 2 buste di lievito per dolci, 2 g di vanillina, 300 ml di latte; per la glassa 2 albumi, 2 gocce di limone e 200g di zucchero a velo; per decorare 200 g. di confettini colorati e 6 uova sode. Non mancano su Internet le istruzioni per la preparazione (per chi volesse cimentarsi personalmente nella loro realizzazione); rimando ad es. al sito www.orogastronimico.it.