Stamattina alle 10,15 (come dimostra la foto) ho potuto avere un’ulteriore prova del fatto che a Palermo la concezione del tempo assume connotazioni tutte sue.
In via Ruggero Settimo, il salotto (?) di Palermo, sono da tempo collocati, sopra alcuni pali che contengono avvisi pubblicitari, degli orologi. Non si sa con quale intento siano stati messi là: il Palermitano raramente guarda l’orologio (neanche quello del suo telefonino); tanto meno lo guarda quando passeggia per il centro. Forse dunque la funzione di questi cronometri era intenzionalmente solo estetica o decorativa.
Fatto sta però che alle 10,15 non c’erano due orologi che segnassero la stessa ora: come si vede dalla foto, un orologio segnava le 11,03, un altro le 12 (!) e un terzo più distante le 10,55. Se mi credete sulla parola, di altri cinque orologi (collocati alle spalle di questa immagine) solo uno presentava un’ora accettabilmente vicina a quella reale, mentre gli altri vagavano liberamente nel tempo sparando gli orari più imprevedibili.
Del resto, in questa città nessuno osa dare un appuntamento preciso: ad es. programmando una serata in pizzeria, non si dice mai “ci vediamo alle otto” (sarebbe sentita come una sorta di imposizione putiniana), ma semmai “ci vediamo otto-otto e mezza”; ciò significa che solo dalle 20,30 sarà ventilata la possibilità di mettersi in movimento per raggiungere il luogo dell’incontro. Se poi, preoccupato, qualcuno osasse inviare angosciati messaggi ai ritardatari, la risposta sarebbe immancabilmente “Sto arrivando” (in altre parole, “Sto uscendo di casa”).
Così era, così è, così sarà.
Non sarà certo, quello della sincronizzazione degli orologi, un problema da inserire nel programma del futuro sindaco di Palermo, chiunque egli sia. E che dobbiamo diventare, svizzeri??!!