Chi avesse letto il mio recente post sulle mie estati bagheresi dei primi anni Sessanta, potrebbe pensare che le mie vacanze estive trascorressero soltanto in paese.
Non era affatto così: infatti andavo spesso, con i miei genitori e con alcuni parenti, al Lido Olivella, tra Santa Flavia e Porticello.
Ci andavamo in carrozzella; le carrozzelle a Bagheria facevano capolinea accanto a Villa Palagonia all’angolo con via Roccaforte, che era allora l’unica via che portava a Santa Flavia (non esistevano ancora la via D. D’Amico ed il tratto di via Papa Giovanni XXIII dietro lo stadio).
io e mio padre sedevamo davanti, “a cassetta” accanto al cocchiere; io ero meravigliato dalle crudeli frustate che costui appioppava alla povera bestia, che si vendicava con pantagrueliche cacate in diretta (allora non ecosostenibili, senza pannoloni e senza raccoglitori).
La carrozzella ci lasciava a metà della strada che unisce Santa Flavia a Porticello, in cima a una lunga e ripida discesa che conduceva all’Olivella; questo perché il cavallo avrebbe avuto non poche difficoltà a percorrere questo “sciddicaloro” sia in discesa che in salita. Toccava a noi dunque percorrerlo a piedi per raggiungere lo stabilimento, a circa 500 metri di distanza; ma nelle prime ore del mattino l’impresa era fattiblissima.
Il Lido Olivella era caratterizzato dalle mitiche “palafitte” in legno; ne allego qui alcune foto del 1964, ma è possibile rivederle anche in una scena del bellissimo film “Baarìa” di Peppuccio Tornatore (che per l’occasione, con la sua consueta maniacale precisione, fece ricostruire l’Olivella sul set di Tunisi).
Il mare era cristallino, di un colore verde oliva, con tanti pesciolini che vi sguazzavano; i bagnanti erano pochi, la ristorazione minimale e in genere sostituita dagli approvvigionamenti portati da casa.
Io in genere passavo il tempo giocando con la sabbia, fornito di altissimi strumenti tecnologici (paletta e secchiello) e con un buffo berrettino triangolare.
La merenda si faceva nella terrazzina della palafitta, davanti alla cabina di legno; quest’ultima era dipinta in vari colori e caratterizzata da ampi squarci e fori (per la gioia dei guardoni dell’epoca).
Di pranzi al ristorante dell’Olivella ne ricordo ben pochi e solo legati a particolari occasioni; del resto era un’epoca in cui il concetto stesso di “vacanza” era “in fieri”, la parola “movida” era del tutto ignota e il contesto generale era minimalista. Ci si accontentava di poco e si era felici con nulla.
Dopo la giornata al mare, verso le 17 si risaliva per lo “sciddicaloro” di cui sopra, che al ritorno si trasformava in una ben più ardua “acchianata”, anche per il sole “arraggiato”; ricordo, durante l’ardua salita, lo stridìo assordante di cicale pazze di sole, il silenzio circostante, la carrozzella che come un miraggio ci aspettava in cima alla salita, il successivo dondolante ritorno a Bagheria (con immancabile sosta al passaggio a livello chiuso di Santa Flavia e relativa attesa di un quarto d’ora).
Mimmo Sciortino, memoria storica di Bagheria e mio prezioso consulente grazie alla quantità enorme di informazioni e ricordi in suo possesso, mi segnala che accanto all’Olivella, seguendo la strada verso Porticello, c’era un tratto di battigia rocciosa in calcare, chiamata da tutti, per il colore delle rocce, “i petri bianchi” (“le pietre bianche”). Nel tratto di mare antistante stazionavano delle barchette a remi con i proprietari che “abbanniàvanu” (cioè “pubblicizzavano”) il traghettamento in barca alla volta dell’“Aciddàra” una spiaggetta che si trovava tra la fine delle cabine del lido Olivella e Sòlanto, al prezzo di 25 lire andata e ritorno; lo slogan era: “varca pulita, varca pulita”. I traghettati venivano lasciati nella spiaggia per un paio d’ore (il tempo di prendere un po’ di sole e fare il bagno) per essere poi ripresi dal barcaiolo e ricondotti alle “pietre bianche”. Il prezzo pagato ai traghettatori, per i ragazzini di allora, era quasi la metà rispetto al costo di ingresso al Lido Olivella…
Bei ricordi, oggi cancellati dalla triste realtà.
Il Lido dell’Olivella fu confiscato negli anni ’80, poi passò al Demanio Marittimo, di proprietà della Regione Sicilia. La motivazione della confisca era l’abusivismo del proprietario, che aveva costruito a ridosso della spiaggia un orrendo ecomostro in cemento e amianto.
Nel 2007 il Comune di Santa Flavia, interessato a ripristinare l’antico lido, aveva approntato un progetto di decementificazione e di ricostruzione delle leggendarie cabine in legno, con lo scopo di liberare la spiaggia dall’ “ecomostro” e di riqualificare l’immobile. Ma non se ne fece nulla e l’Olivella rimase nel più completo degrado, con la spiaggia ridotta a cloaca con un substrato di alghe morte.
Nel 2016 i volontari di Legambiente vi trovarono rifiuti di ogni genere: materie plastiche, reti e tessuti di varia origine, flaconi di diserbante, oli meccanici e copertoni d’auto, tutte “bombe ecologiche” presenti in grandi quantità.
Nel novembre del 2019 la Regione siciliana emanò un bando per assegnare ai privati 27 beni demaniali marittimi, con l’obiettivo di rivalorizzare i fabbricati insistenti sul pubblico demanio marittimo. L’ex lido Olivella era fra questi beni da dare in concessione; ma neanche stavolta si andò oltre i buoni propositi.
Il 6 giugno scorso, come si legge nel sito www.blogisicilia.it, il sindaco di Santa Flavia Salvatore Sanfilippo ha ripreso a occuparsi del problema, ma ha dovuto confessare quanto segue: «nonostante l’interesse manifestato dalla mia amministrazione e i ripetuti solleciti dell’attuale concessionario “Domina Zagarella Sicily” (P.K. Sicily), l’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente, unico ente competente, non è riuscito a risolvere i problemi esistenti che permetterebbero al Domina la realizzazione del nuovo Lido Olivella di Santa Flavia».
In proposito il sindaco citava una sua lettera, inviata il 26 maggio al dirigente generale del Dipartimento Ambiente, al commissario per il contrasto al dissesto idrogeologico, all’Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia, alla Capitaneria di Porto di Palermo, alla Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Palermo e alla società P.K. Sicily Spa. Amaramente, però, Sanfilippo doveva concludere che «l’amministrazione non ha le risorse necessarie per potere predisporre un progetto di fattibilità tecnico-economica né risulta essere competente in materia di dissesto idrogeologico». Tuttavia il primo cittadino dichiarava di non volersi arrendere e ribadiva «la totale disponibilità del Comune nel porre in essere tutti gli atti amministrativi che risultano essere di competenza dello stesso» per riesumare l’antico Lido Olivella.
Il freddo linguaggio della burocrazia si contrappone in modo lancinante alla struggente malinconia dei ricordi.
Certo, sarebbe un bel miracolo quello di assistere alla resurrezione del mitico stabilimento: non avrebbe più, sicuramente, l’aura mitica che gli dava il contesto di allora; ma sarebbe pur sempre una bella vittoria sull’incuria, l’abbandono e l’oblìo. E dunque, come per tanti altri problemi insoluti e semi-insolubili di questa sfortunata isola, facciamo un altro nodo al fazzoletto e attendiamo tempi migliori, se mai verranno…
Salve.
Ricordi di una notte di 1/2 estate. Ho 65 anni, malato oncologico e i ricordi affiorano la mente. Tra i ricordi più belli anni 60 al Lido Olivella il giovedì con il Grest dell’oratorio Santa Chiara di Palermo dove sono nato e cresciuto fino a 40 anni. I Salesiani di Santa Chiara in estate ci deliziavano in molteplici attività aspettavamo con ansia il giovedì per andare al mare. Partenza in pulman con Don Gaetano laico che faceva da autista il giovedì mattina alle ore 9:00 con pranzo a sacco, salvagente, costume e telo da mare sempre definito tovaglia. Qualche spicciolo per chi ne aveva possibilità, la gita aveva un costo di 150Lire. L’oratorio già svolgeva il ruolo di antimafia con Don Lillo Di Gregorio tenendo impegnati centinaia di ragazzi tra il Grest e altre attività anche post estate. E’ stato bello e gli sono grato per avermi coinvolto in questi stupendi ricordi. Buonanotte