Il giorno della Candelora

Oggi, 2 febbraio, è il giorno della Candelora.

Ricordo che, quando facevo lezione, immancabilmente chiedevo ai ragazzi se conoscessero questa ricorrenza; e la risposta, altrettanto immancabilmente, era che quasi tutti non l’avevano mai sentita nominare. Il che mi confermava puntualmente nella duplice constatazione di come le famiglie contemporanee abbiano la memoria sempre più corta e di come invece la mia fosse sempre più anacronisticamente e inopportunamente lunga.

Comunque sia, non mancavo di citare i detti popolari legati alla ricorrenza odierna.

In genere, se la giornata è serena, si è indotti a sperare nella fine dell’inverno, mentre in caso contrario si constata la permanenza della brutta stagione: come si dice a Roma, “Quando vien la Candelora / de l’inverno semo fora; / ma se piove o tira vento / de l’inverno semo dentro”.

Il detto rispecchia un antico proverbio latino (che chiama la Candelora col nome sacro di “Purificatio”): “Si Purificatio nivibus, Pasqua floribus; si Purificatio floribus, Pasqua nivibus”.

Decisamente più pessimista era quest’altro proverbio latino: “Sole micante / Virgine purificante / nix erit maior quam ante” (“Se brilla il sole / nel giorno della purificazione della Vergine / ci sarà più neve di prima”).

Meno ottimistica era quest’altra filastrocca siciliana: “Candelora, candelora / quaranta giorni ancora” (di inverno). Ma quest’anno, con un inverno siciliano pressoché inesistente, questi versi diventano un ottimistico auspicio di qualche pioggia che metta fine alla preoccupante siccità che affligge l’isola.

Nella liturgia cattolica si celebra oggi la festa della Presentazione al Tempio di Gesù, raccontata dal vangelo di Luca: secondo la Legge di Mosè ogni primogenito maschio era offerto a Dio, per cui i genitori dovevano riscattarlo con l’offerta di un sacrificio; inoltre una donna era considerata impura per un periodo di 40 giorni dopo il parto di un maschio, per cui doveva andare al Tempio per purificarsi; e il 2 febbraio cade appunto 40 giorni dopo il 25 dicembre, giorno di Natale.

Oggi dunque termina di fatto il periodo natalizio e soltanto oggi, dunque, avremmo dovuto “sbaraccare” albero e presepe…

La festa è detta popolarmente “candelora” perché in questo giorno si benedicono le candele, simbolo di Cristo “luce del mondo”; così infatti viene chiamato il Bambino Gesù dal vecchio profeta Simeone: «I miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele».

In Oriente si dà appunto particolare risalto all’incontro tra Gesù e il vecchio sacerdote Simeone e la profetessa Anna nel tempio di Gerusalemme; la festa ha dunque il nome di Hypapante (cioè “incontro”). Il nome “Candelora” deriva invece dal latino tardo “festum candelorum” (con variazione di genere rispetto al classico “candelarum”).

Il rituale della Candelora fu introdotto dal patriarca di Roma Gelasio intorno all’anno 474 d.C. in sostituzione della cerimonia pagana dei Lupercali (festeggiati alle idi di febbraio, cioè il 13 del mese). Nel VI secolo la ricorrenza fu anticipata da Giustiniano al 2 febbraio.

Celebrazioni legate al concetto di “luce” erano già presenti nelle tradizioni religiose precristiane: ad esempio nella tradizione celtica la festa di Imbolc era celebrata il 1° febbraio e segnava il passaggio tra la stagione invernale e quella primaverile, il passaggio dal buio e freddo alla nuova luce, in concomitanza con l’allungarsi delle giornate.

Il significato della parola non è certo: in irlandese “imbolc” significa “in grembo”, con riferimento alla gravidanza delle pecore, quindi agli agnelli in arrivo; a livello simbolico l’espressione potrebbe indicare il risveglio della natura. La festa di Imbolc era legata alla Dea Brigit, divinità del fuoco, della tradizione e della guarigione (sostituita in epoca cristiana da santa Brigida). Nel mondo romano, inoltre, la Dea Februa (assimilata a Giunone “Februata”) era celebrata alle calende di febbraio, cioè il primo giorno del mese.

A livello gastronomico, in Francia la Candelora (Chandeleur o Fête des chandelles) è il giorno delle crêpes; queste infatti erano considerate un simbolo di amicizia (i mezzadri le offrivano ai loro padroni, come simbolo di gran fiducia) e di buon auspicio (infatti, per la loro forma rotonda e dorata, richiamano il disco solare ed evocano l’arrivo della primavera).

Anche in Francia i proverbi oscillano fra fiducia meteorologica e pessimismo: “À la Chandeleur, l’hiver se meurt ou prend vigueur” (“Alla Candelora l’inverno muore o riprende vigore”).

Negli Stati Uniti e in Canada la festa religiosa è stata sostituita da una laica, “il giorno della marmotta”, Groundhog Day, che si celebra appunto il 2 febbraio. La tradizione vuole che in questo giorno si debba osservare il rifugio di una marmotta: se questa compare e non riesce a vedere la sua ombra perché il tempo è nuvoloso, l’inverno finirà presto; se invece vede la sua ombra perché è una bella giornata, si spaventerà e tornerà di corsa nella sua tana, per cui l’inverno continuerà per altre sei settimane.

Sul “giorno della marmotta” ricordo sempre con piacere il film “Ricomincio da capo” (diretto nel 1993 da Harold Ramis e interpretato da Bill Murray e Andie MacDowell), che parla di una surreale ripetizione costante del “giorno della marmotta”.

Analogo (sorprendentemente) è in Piemonte il ‘Giorno dell’orso’: la leggenda infatti vuole che l’orso, in questa giornata, esca dal letargo e valuti il tempo: se l’inverno è già finito torna fuori definitivamente, altrimenti se ne torna nella tana.

In definitiva, la Candelora è un momento di ritorno alla luce, di passaggio, di rinnovamento, di cambiamento: una mutazione che riguarda la natura, ma che potrebbe anche riguardare il nostro spirito, spesso afflitto dalle vicende quotidiane, che potrebbe e dovrebbe trovare una “luce” in fondo al tunnel, per sperare in un domani più sereno.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

1 commento

  1. Credo in tutta onestà che l’oblio della Candelora sia stato un fatto determinato dalla nomenklatura ecclesiale che, ignara del cambiamento epocale che ha relegato la Chiesa a quel che oggi è, ritenne di epurare dalle ricorrenze liturgiche quelle di più stretta ascendenza contadina e popolare. Come la Candelora. Che risente di quella “contaminatio” che solo ultimamente è stata accettata dalla Chiesa facendo buon viso a cattivo gioco. Perché di quello si tratta: altro che spirito e uscita dal tunnel. La Candelora è la festa della Luce, sono i falò accesi a sant’Antonio Abate, è “a murenna ca tras a san Vlas”, per l’allungamento delle giornate che rendeva d’obbligo la merenda ai braccianti. Ricordo da bambino le filippiche del prete del paese contro il santo patrono e la sua devozione bollata come idolatrica. Il prete non c’è più. Il santo patrono invece è rimasto, nella pompa inalterata di cui il folklore di un popolo è capace,

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