Tutti conoscono l’arcipelago delle Eolie; eppure nei dépliants turistici e persino nelle enciclopedie si continua a sostenere che esso sia formato da sette isole: Lipari, Salina, Vulcano, Stromboli, Panarea, Alicudi e Filicudi.
Ebbene, c’è una clamorosa omissione in questa affermazione. Esiste infatti, a nord di Alicudi e Filicudi, un’isoletta molto piccola, poco più di uno scoglio, che si chiama Pintacudi.
Allego una carta geografica in cui si può vedere con assoluta chiarezza questa isoletta; eppure di essa si continua a sapere poco e niente.
Sarà colpa della sua posizione defilata, o forse del gioco maligno delle correnti che rendono la navigazione e l’approdo alquanto difficile: fatto sta che di Pintacudi cerchereste invano notizie sui libri e sui media; dunque vi fornisco io alcune indicazioni, nella speranza di suscitare un interesse culturale e anche turistico che possa valorizzare finalmente la sperduta isoletta.
NOTIZIE GEOGRAFICHE
L’isola di Pintacudi si trova 10 km a nord-est di Alicudi e 8 km a nord-ovest di Filicudi. È dominata da un colle chiamato Cunigghiuni, il cui toponimo deriva dai numerosi conigli che si aggirano sui suoi pendii.
La pianta dell’isola forma quasi un piccolo rettangolo, con superficie di circa 2 km², con coste ripide ed aspre; essa costituisce la parte emersa di un vulcano spento, il Pinturicchio, sorto circa 300.000 anni fa e rimodellato da successive eruzioni e fenomeni quaternari.
NOTIZIE STORICHE
Come dimostrano alcuni studi (fra cui la “Geologische Beschaffenheit der Insel Pintacudi” di Otto Von Tarakken, Lipsia 1954), l’isola fu abitata già nel paleolitico, come attestato da orme di conigli rinvenute presso l’attuale porto e sulla sommità dell’isola.
Al IV secolo a.C. datano alcune sepolture a lastre di pietra lavica rinvenute in località Pintazza nel 1954 (gli scavi furono condotti dall’archeologo Wolfgang Betrüger); furono anche scoperti dei corredi funerari e alcuni frammenti di vasellame di età romana (su un coccio si legge nitidamente l’epigrafe “Numquam effugies”).
Nel 1675, quando si combatté la battaglia delle isole Lipari tra una flotta spagnola comandata dal marchese de Viso e una squadra francese comandata dal duca di Vivonne, incaricato di portare soccorso alla città di Messina che si era ribellata agli spagnoli, alcuni marinai iberici trovarono scampo proprio a Pintacudi: sono stati rinvenuti infatti alcuni elmi, qualche sciabolone e resti mummificati di “tapas”.
Finora resta inspiegato il ritrovamento, avvenuto a metà del secolo scorso, di numerose bandiere rossoblù, alcune con lo stemma del Grifone; è fondata ipotesi di Siegfried Scharlatan che alcuni navigatori genovesi siano approdati nell’isola sfuggendo alla persecuzione dei Doria (in proposito, cfr. “Archäologische Zeugnisse aus Genua auf der sizilianischen Insel Pintacudi”, Marienbad 1955, p. 345).
POPOLAZIONE
L’isola è pressoché disabitata: solo sul versante settentrionale, meno scosceso di quello opposto anche se battuto spesso da un impetuoso fresco maestrale, si trovano alcuni insediamenti (fra cui i caratteristici “pintusi”, abitazioni in pietra di derivazione arabeggiante).
La popolazione attuale di Pintacudi è composta da una decina di residenti; solo che non è facile trovarli, perché nel remoto caso che avvistino qualche nave in avvicinamento preferiscono celarsi agli sguardi stranieri. Ciò rientra in un particolare fenomeno che è stato studiato dal celebre psicologo colombiano Manuel Considerado nel suo saggio “Disposiciones psicológicas particulares de los habitantes de Pintacudi” (Bogotà 2005).
I (pochi) pintacudesi vivono di pesca e della produzione agricola autarchica dell’isola.
FLORA E FAUNA
Se si riesce ad approdare (non sempre è possibile a causa dei venti contrari e delle correnti insidiose), si può tentare di fare a piedi il giro dell’isola; si percorrono alcune aspre mulattiere e ci si immerge in una paradisiaca macchia mediterranea composta da capperi, ginestre, ulivi, lentischi, carrube e piante altrove introvabili, come la “Pintacutia arborescens”, la “Centaurea pintolica” e il caratteristico “Cytisus pinticus”, chiamato “pintagghiu” dai locali.
La fauna è molto varia: oltre ai suddetti conigli, vi si trovano uccelli migratori come il pellicano (ma c’è anche qualche raro esemplare di pelligatto) o il fenicottero rosé (purtroppo ormai estinto è il fenicrudero). Sono assenti (giustificati) i cinghiali, che preferiscono ormai stanziamenti metropolitani nel centro delle principali città italiane.
GASTRONOMIA
La colazione mattutina prevede, curiosamente, la focaccia genovese; per le possibili motivazioni storiche di questa usanza, cfr. Wolfgang von Esser, “Vorkommen genuesischer Focaccia im Äolischen Archipel”, Berlin 2020.
Va detto però che nel 2021, in piena pandemia, nell’isola sbarcò a sorpresa il panellaro palermitano Totò Mangione, che installò sulla costa settentrionale un chiosco di pane e panelle; gli abitanti locali ne divennero affezionati frequentatori. Su richiesta degli indigeni, il Mangione creò anche un adiacente chiosco ove si vende “island food” delizioso a prezzo stracciato (babbaluci, crastuna, pane con milza e ricotta, frittola, musso e carcagnolo, “purpiceddi”, “maccarruneddu”, trippa levitana, zuppa di cozze, ecc.).
L’unica trattoria presente (“Zù Mariuzzu”) è aperta solo nel periodo estivo; vi si mangia di tutto, perché, in base alle usanze locali, “sventuratus qui non manciat tuttum fisimasque habet ridiculas” (come si legge in un’epigrafe in lingua latino-sicula, trovata nel 1957 in una grotta dall’archeologo spagnolo Pedro Encuentratodo).
CLIMA
In questo periodo di caldo asfissiante, in cui ogni abitante della Sicilia dotato di ragione preferirebbe essere islandese, molti potenziali turisti potrebbero chiedersi che tempo troverebbero a Pintacudi.
Ebbene, anzitutto, come si è detto, l’isola è spesso battuta da venti provenienti da nord; in particolare, poi, l’estroso abitante locale Salvatore Ciriveddu è riuscito nell’impresa audace di imprigionare, in alcune grosse bombole, alcuni campioni di gelida tramontana ligure; nei (pochi) giorni di afa, l’aria imbottigliata viene liberata e immediatamente sull’isola si crea una ventilazione tale da indurre a indossare quel golfino che Carlo Verdone raccomandava per i turisti diretti a Marte.
Come se non bastasse, il geniale scienziato tedesco Otto Wunderlich sta per completare la realizzazione di mini-scafandri su misura dotati di aria condizionata che, trasformando i turisti in astronauti, permetteranno di sconfiggere la calura.
STABILIMENTI BALNEARI E MOVIDA
Non sono previsti dal regolamento comunale dell’isola; la seconda è espressamente vietata, anche perché non c’è dove muoversi. A disposizione di eventuali turisti sono: sdraio per il relax vista-mare (noleggio euro 1 al giorno), libri forniti da un anonimo simpatizzante, calia e simenza da sgranocchiare + la tipica bevanda dell’isola, il Pintz (di recente inserito fra i cocktail ufficiali dell’IBA, l’Associazione Internazionale dei Bartender e secondo alcuni destinato a insidiare il predominio attuale dello Spritz).
Mi fermo qui.
Se da un lato ho vergato (Giovanni Verga mi ha ispirato) queste righe per fare conoscere questa località finora ingiustamente trascurata, dall’altro mi auguro che Pintacudi non perda mai la sua pace incontaminata. Non lo meriterebbe proprio.
Grande umorismo alla Campanile! Di buona qualità!
Grazie Mario per quest’ulteriore pillola di cultura/ informazione . Non sapevo che esistesse quest’isola che stranamente ricorda in tuo cognome …che forse trae origine proprio da questa isola remota è un po’ dimenticata , ma sicuramente affascinante proprio perché aliena dal cosiddetto ‘ mondo civilizzato ‘ . Dalle citazioni noto che esercita più fascino sugli studiosi tedeschi , curiosi ed esploratori , che su noi poveri siciliani /italiani ormai poco avvezzi all’avventura e all’esplorazione .