Ieri sera il Consiglio dei Ministri ha varato la norma sui test psicoattitudinali per i magistrati, che entrerà in vigore per i concorsi banditi dal 2026. Sarà il CSM (su indicazione del Consiglio universitario nazionale) a scegliere i docenti universitari in materie psicologiche che costituiranno la commissione giudicante. Come si legge nel sito del “Corriere della Sera”, «il colloquio psicoattitudinale si svolgerà durante la prova orale. In particolare, chi avrà superato la prova scritta riceverà (prima dell’orale) dei test scritti individuati dal CSM, sul modello di quelli cui sono sottoposti gli aspiranti agenti di polizia. Questi test costituiranno la base per il futuro colloquio psicoattitudinale».
Nel sito del “Giornale” una non meglio precisata “fonte che conosce bene il funzionamento dei test” (?) aggiunge: «L’obiettivo in questi casi non è dare la caccia al matto o allo schizofrenico, ma più semplicemente verificare se il candidato è adatto a adempiere a una funzione che non tutti sono in grado di svolgere. È una verifica scientificamente fondata e strutturata, che ricomprende quelle figure ricomprese nelle categorie di cui in linguaggio tecnico si dice che riconfigurano la vita di altre persone».
Segue un commento dell’articolista del quotidiano: «Che i magistrati – qualunque sia il loro ruolo specifico – rientrino in queste categorie è fin troppo ovvio. Per questo i test saranno finalizzati a individuare forme di narcisismo, di mancanza di empatia, di pregiudizi, di funzionamento relazionale che rischiano di compromettere la capacità di riconfigurare in modo responsabile la vita di quanti (imputati, vittime, parti civili in conflitto tra loro) si trovano alle prese con i meccanismi giudiziari».
Sagge e illuminate considerazioni, come si vede: soprattutto la “mancanza di empatia” (in particolare nei confronti dei criminali) è una gravissima colpa.
Ci si augura a questo punto che analoghi test (“una preselezione con 80 domande di cultura generale a risposta multipla – le classiche crocette – con 60 minuti per rispondere, seguita – per chi supera il primo scoglio – dal test vero e proprio, gestito sulla base di studi universitari: cento domande divise per batterie, accertamenti di logica, di ragionamento, di calcoli combinati”) siano somministrati a tutti quelli che si candideranno d’ora in poi a ricoprire un ruolo politico nel nostro Paese.
Sarebbe triste e “sbilanciata” un’Italia in cui i magistrati siano ormai “empatici”, privi di pregiudizi e lontani da ogni narcisismo, mentre i politici continuino ad essere l’esatto contrario.
Attendiamo dunque con fiducia che, con la solerzia che lo contraddistingue, l’esecutivo vari questa ulteriore norma, che – come dice il ministro della Giustizia – non presupporrà alcuna “lesa maestà”.