Domenica scorsa, volendo vedere la sepoltura di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, da poco traslata nella chiesa di San Domenico, ho avuto modo di rileggere le epigrafi poste sulle sepolture dei tanti uomini illustri che riposano nel “pantheon” di Palermo.
Fra tutte, mi ha colpito (per motivi che dirò fra poco) la sepoltura di Carlo Napoleone Giachery.
A Palermo esiste una piazza (o meglio, come si usa in questa città, una finzione di piazza) intitolata a Giachery e spesso caratterizzata (come tutte le finte piazze palermitane) da inestricabili ingorghi di traffico.
Nel libro “Le strade di Palermo” (Roma 1993) si trovano le seguenti notizie su Carlo Giachery: «Nato a Padova il 28 giugno 1812 e morto a Palermo il 31 agosto 1865. Venuto fanciullo a Palermo e vissutovi per tutta la vita, Carlo Giachery, laureatosi in architettura e successivamente in fisica e matematica, da giovanissimo quale incaricato, e successivamente per pubblico concorso, insegnò architettura all’Università di Palermo. Fra le sue opere da architetto sono da ricordare i “due corpi di carattere classico” all’orto botanico a compimento di quelli fondati da Marvuglia. Costruì una sala di stile gotico, all’Arenella, su incarico di Vincenzo Florio, che fu invitato in Russia per conto dello Zar a Pietroburgo, che intitolò proprio Villa Arenella. A lui si deve l’ampliamento della Fonderia Oretea, l’altare nella chiesa S. Nicolò all’Olivella, l’Ospedale Civico di Palermo, e lo stabilimento Pojero al Sammuzzo. Disegnò la carta della Sicilia e ne illustrò l’opera in una “Memoria descrittiva”; partecipò ai moti del 1860 ed ebbe la “medaglia civile” al merito per le sue opere. La sua morte prematura, a 53 anni, lasciò un grande cordoglio nei suoi contemporanei. La sua tomba è nel Pantheon della chiesa di S. Domenico».
A queste notizie biografiche se ne possono aggiungere altre: ad esempio, il fatto che il padre di Giachery (di nome Giuseppe Luigi) gestisse a Palermo un rinomato albergo (Hôtel de France) dedicandosi anche al commercio di prodotti tessili; oppure, le nozze di Carlo, nel 1839, con la giovanissima Carolina Brandaleone (1823-1911), appartenente alla ricca borghesia imprenditoriale cittadina.
Va detto inoltre che il sodalizio di Giachery con Vincenzo Florio iniziò nel 1844, con il progetto della palazzina dei Quattro Pizzi nella Tonnara Florio; egli fece poi parte, dal 1850, di varie importanti commissioni: quella ministeriale dei Lavori pubblici, acque e foreste; quella creata per individuare i criteri per il rivestimento della cupola della cattedrale di Palermo; infine quella per la realizzazione del Giardino Inglese.
Da ricordare, poi, le opere architettoniche create da Giachery a Palermo e i progetti da lui realizzati, fra cui i lavori al carcere dell’Ucciardone, gli edifici all’ingresso dell’Orto Botanico posti ai lati del Tepidarium e del Calidarium, il Teatrino della Musica in forma di tempietto neoionico al Foro Italico (in collaborazione con Domenico Lo Faso Pietrasanta), la Casina di Salvatore D’Alessandro lungo la strada della Real Favorita, la direzione di lavori in vari ospizi di beneficenza, il restauro del piedistallo della statua di Carlo V a piazza Bologni, le serre in ghisa e vetro nell’Orto Botanico per la coltivazione sperimentale delle piante di ananas, il prospetto della Fonderia Oretea, la Fabbrica Florio «per la molitura del sommacco con macchina a vapore sita nello stradone dei Quattro venti», ecc.
Insomma, non c’è dubbio che Giachery si sia meritato ampiamente la gratitudine della sua città adottiva, che lo ha ritenuto degno di una sepoltura a a San Domenico, in un sarcofago in marmo di Carrara poggiato su un alto piedistallo che fu scolpito da Salvatore Valenti.
Ma chi fu lo scellerato autore dell’epigrafe in suo onore?
Essa recita infatti: “QUI / PER CURA DE’ RIAMATI SUOI FIGLI / RIPOSANO GLI AVANZI / DI CARLO NAPOLEONE GIACHERY / DA PADOVA / ALLA CATTEDRA DI ARCHITETTURA / NEL PALERMITANO ATENEO / PROFESSORE MERITISSIMO / MORTO IL 31 AGOSTO 1865”.
Sorvoliamo su quel “professore meritissimo” (che forse voleva dire “molto emerito”).
Ma quegli “avanzi”….
Di quell’insigne architetto, docente universitario di alto livello, benemerito della città e patriota che partecipò ai moti del 1860, restano solo “gli avanzi”.
Sì, gli avanzi: come quando la mattina facciamo l’inventario dei resti del cibo rimasto la sera prima e decidiamo di riciclarli per la nuova giornata.
Sic transit gloria mundi…
Ma forse, al solito, esagero.
Forse il mio è solo un banale scrupolo lessicale.
Che differenza c’è, in fondo, fra i “resti” (così in genere vengono chiamati) e gli “avanzi” di un essere umano che ha studiato, amato, combattuto, realizzato, lavorato, agito, respirato, vissuto insomma, su questa terra?
Che si debbano rispolverare i versi di Ugo Foscolo? (“Qual fia ristoro a’ dì perduti un sasso / che distingua le mie dalle infinite / ossa che in terra e in mar semina morte?”)
No.
Non può essere così e non dovrebbe essere così.
E se proprio vogliamo citare il poeta di Zante e se è vero che “a egregie cose il forte animo accendono / l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella / e santa fanno al peregrin la terra / che le ricetta”, forse allora gli epigrafisti di ogni epoca dovrebbero pesare maggiormente le parole e avere più rispetto per quelle povere ossa umane che, un tempo, erano carne, sangue, cuore e spirito vivente. Soprattutto, non dovrebbero classificarle come “avanzi” (termine da riservare, forse, soltanto agli ex galeotti…).
Riscriviamo dunque così la lapide del benemerito architetto: “QUI RIPOSA / CARLO NAPOLEONE GIACHERY / NATO A PADOVA NEL 1812 / VISSUTO A PALERMO / IVI DEFUNTO IL 31 AGOSTO 1865. / ARCHITETTO, DOCENTE UNIVERSITARIO, PATRIOTA, / ABBELLÌ, AMÒ E MIGLIORÒ LA CITTÀ IN CUI VISSE. / PER L’AFFETTO DEI CARI FIGLI E PER LA RICONOSCENZA DI PALERMO TUTTA / IN QUESTO TEMPIO CITTADINO / RIMANE VIVA LA SUA MEMORIA / COME FULGIDO ESEMPIO / DI DEDIZIONE AL LAVORO, ALLA FAMIGLIA E ALLA COMUNITÀ CIVILE”.
…Forse era uno spirito burlone, l‘epigrafario. Ha pensato che così avrebbe raggiunto fama anch’esso, dopo quel tanto lavoraccio. E forse, come spesso vuole il destino, gli eredi l’hanno offerto poco….