Come se niente fosse

1) Alcuni giorni fa, a Taormina, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha dimostrato di avere le idee piuttosto confuse in fatto di Storia, quando ha affermato che Cristoforo Colombo “voleva raggiungere le Indie circumnavigando la terra sulla base delle teorie di Galileo Galilei”.

La gaffe, almeno, non è stata etichettata dal ministro come un “equivoco” (come ormai è consuetudine fare): non è stato detto infatti, almeno questa volta, che gli ascoltatori “avevano capito male”; insomma, la frittata era fatta e amen.

Nonostante questo, però, da un ministro della Cultura (una volta, quando esisteva qualche persona colta nel governo, questo ministero non esisteva) ci si sarebbe aspettato un passo indietro: se non le dimissioni (ci mancherebbe altro che un ministro incolto della Cultura debba dimettersi!) almeno un’ammissione a denti stretti che, quando andava al liceo (anzi alla scuola media), il giorno in cui il professore aveva parlato di Colombo lui aveva avuto altro da fare (forse pensando già alla sua carriera politica).

Niente del genere.

Come se niente fosse.

2) Joe Biden, dopo aver dato tristemente prova nel confronto con Donald Trump di essere ormai assolutamente inadeguato alle fatiche e alle responsabilità che spettano all’uomo più potente del pianeta, non ha minimamente ritenuto, neanche lui, di fare un passo indietro; e questo nonostante le richieste dei suoi colleghi di partito, dei suoi finanziatori, delle principali testate giornalistiche, di milioni di elettori americani.

In un Paese di 336 milioni di abitanti, evidentemente, non esiste una sola persona di età meno avanzata in grado di impedire il ritorno alla Casa Bianca di chi aveva tentato di restarvi con una specie di folkloristico colpo di stato.

Biden dunque resterà in corsa, pervicacemente, anche se la parodia che ne fa Maurizio Crozza diventa sempre più tragicamente attuale; a rinunciare non pensa proprio, convinto che quella infausta serata di Atlanta non conti nulla.

Come se niente fosse.

3) Luciano Spalletti, disastroso allenatore della più disastrosa nazionale di calcio mai vista, ha affermato dopo l’eliminazione di ieri sera: “Ho sbagliato, sono il primo responsabile” e ha subito dopo aggiunto: “Resto e voglio ringiovanire l’Italia“. Il ct infatti si è dichiarato fiducioso: “Io credo di sapere quello che ci vuole. Voglio ricreare il gruppo dal basso, con energie nuove“.

Inutile dire che le “energie nuove” sono per lui quelle di altri giocatori da utilizzare, pescandoli chissà dove e chissà come, per poi magari sottoporli agli stessi continui cambi di modulo e alle stesse teorie immaginifiche, distanti anni luce dalla realtà e dalla fattibilità.

Certamente, l’“energia nuova” non sarà quella di un nuovo allenatore degli azzurri, perché Spalletti, “primo responsabile”, non pensa minimamente a dimettersi (né ci pensa il presidente della FIGC Gabriele Gravina, che ha dichiarato oggi che “è impensabile risolvere i temi abbandonando un progetto che dal primo momento abbiamo definito pluriennale”). Quindi Spalletti potrà ancora, alla prossima partita dell’Italia, sfoggiare la sua orribile e inguardabile (e jellatissima) giacca con la scritta posteriore “Italia”.

Come se niente fosse.

Certo, Sangiuliano, Biden e Spalletti si meraviglierebbero non poco di essere stati accostati fra loro in modo così irriverente; fatto sta però che tutti e tre, “mutatis mutandis,” sono l’emblema di un’epoca, la nostra, in cui chi sbaglia non paga, in cui l’errore più che essere perdonato è ignorato, in cui ogni sussulto di dignità viene cancellato dall’inutilità di ogni scrupolo moralistico.

L’esempio dei tre personaggi qui citati, quindi, potrà incoraggiare tanti altri a continuare impunemente a fare danni più o meno gravi, in tutti i settori della vita pubblica, senza che questo comporti nulla di nulla. Tutto potrà continuare tranquillamente come prima, anche nell’eventualità (sempre più probabile) di errori, mancanze, trascuratezze e disastri.

L’importante, sempre e comunque, sarà non fare mai un passo indietro.

Come se niente fosse.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

2 commenti

  1. Una mia carissima amica e parente mi scrive: Pintacuda, tu sei tutti noi.
    Le mando ogni tanto i tuoi articoli. Anch’io la penso così.

  2. Ma chi ci fu? Pigghiamunni un cafè !è ormai prassi minimizzare tutto soprattutto ai livelli più alti 😞c’è chi ordina di fermare il treno e chi sfrutta i dipendenti sottraendo milioni di euro all’INPS o propone di trasportare i turisti in elicottero per salvare il turismo a Cogne; chi profetizza una grande rinascita della Sicilia grazie ad un fantasmagorico ponte ,dimostrato da esperti essere qualcosa di infattibile per la faglia su cui verrebbe costruito …tutto per nascondere e giustificare l’incapacità e l’incompetenza che caratterizza gran parte dei politici o personaggi super pagati autoctoni e stranieri che invadono costantemente le nostre vite sui social o in TV.Banalizzare tutto ed andare avanti . Questa è la parola d’ordine !perché in questa società liquida tutto scorre velocemente … nienti ci fu! Pigghiamunni un cafè 🤷‍♀️😊

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