Come si legge nel sito di Orizzonte Scuola, ieri «il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha presentato a Milano la proposta di legge di Forza Italia, nota come “Ius Italiae”, che mira a semplificare il processo di acquisizione della cittadinanza italiana. Secondo Tajani, per diventare cittadini italiani è fondamentale possedere una solida conoscenza della lingua italiana, della storia e della geografia del Paese, nonché della Costituzione e dei principi di educazione civica. “Dopo dieci anni di scuola dell’obbligo, svolti con impegno e profitto, si può aspirare a diventare cittadini italiani”, ha affermato Tajani, evidenziando l’importanza di un percorso educativo come prerequisito per l’integrazione nella società».
Benissimo: a questo punto moltissimi italiani di nascita e di stirpe perderanno la cittadinanza, dato che evidentemente sono lontanissimi dal “possedere una solida conoscenza della lingua italiana, della storia e della geografia del Paese, nonché della Costituzione e dei principi di educazione civica”; quanto ai “dieci anni di scuola dell’obbligo, svolti con impegno e profitto”, non sono obiettivo meno utopistico per un numero enorme di studentesse e studenti “italianissimi”.
Il bello è che Tajani, per queste sue dichiarazioni, è stato contestato non dalle opposizioni ma dai suoi stessi alleati: infatti alla kermesse leghista a Pontida si sono alzati cori ingiuriosi all’indirizzo del vicepremier (n. 1), mentre in uno striscione si leggeva “Ius scholae in vista, Tajani scafista”.
Non si devono però preoccupare i sostenitori del governo per questi scontri all’interno della “solidissima” maggioranza, dato che Salvini si è scusato per il comportamento dei suoi seguaci (definendoli “quattro scemi”), aggiungendo però che “la legge sulla cittadinanza va bene così e non è una priorità” e che semmai “presenterà una proposta di legge per toglierla a chi commette reati in Italia“.
A questo punto migliaia di criminali italianissimi, di discendenza italiana superiore ai trisavoli, cominceranno a tremare; tuttavia il ministro dei Trasporti Immobili ha almeno, forse involontariamente, detto una cosa giusta: non merita di essere cittadino italiano, come non merita di essere cittadino di alcun Paese, chi è disonesto, chi truffa, chi delinque, chi ruba, chi spaccia, chi è mafioso, chi insomma commette ogni sorta di crimini con arroganza e certezza non della pena ma dell’impunità.
A tutti costoro (che nella stragrande maggioranza risulterebbero italianissimi) la cittadinanza andrebbe tolta; e, oltre a mandarli in galera, si potrebbe aggiungere come ciliegina sulla torta un bell’esame di italiano, storia, geografia ed educazione civica (che per molti sarebbe peggio della galera).