Estate 1970: quando a Mondello non si poteva fare caciara

Ho qui davanti a me la copia del Radiocorriere Tv n. 36 del 6-12 settembre 1970. In quell’estate il rotocalco aveva condotto un’inchiesta sulle spiagge italiane, con particolare attenzione alla “Hit parade” musicale.

In questo numero, alle pagg. 22-25, in un articolo di Nato Martinori, veniva presentata la situazione a Mondello; l’articolo si intitolava «Il silenzio piace al Gattopardo – Perché i bagnanti palermitani di Mondello non amano gli strilli canori dei juke-box. La festa “bene” al Circolo e i divertimenti alimentari dei “diseredati”».

Se ne deduce che, mentre in altre parti d’Italia la sera esisteva già una certa “movida” (che non si chiamava ancora così perché in Spagna c’era ancora il generale Franco, che non era certo un suo fautore), a Mondello i regolamenti comunali imponevano il silenzio dopo le 24.

L’articolo inizia con la rievocazione della Mondello dell’ultimo dopoguerra: «Fino a venti, venticinque anni fa, qui scendevano per il riposo estivo i gattopardi di Palermo e le loro piccole corti domestiche. L’estate a Mondello era un rito, un obbligo di classe a cui non ci si poteva sottrarre e che si rinnovava puntualmente da decenni. Si davano l’arrivederci alle ultime battute della stagione lirica al “Massimo” nei saloni liberty dell’Albergo delle Palme e si ritrovavano su questo viale in una apoteosi di riverenze e di inchini. Bastava che l’antica capitale di re Ruggero fosse sferzata dalle prime staffilate di canicola che le austere case di via Maqueda, via Roma, i palazzotti intorno alla Favorita si spopolassero. Lungo questa striscia di sabbia incastonata tra Monte Pellegrino e Capo Gallo avevano le loro ville, i loro stabilimenti balneari, i fedeli pescatori che per l’occasione ripulivano con tinte vivacissime le barche. Gli svaghi quotidiani erano elencati in un Baedeker che nessuno aveva mai scritto ma che tutti conoscevano a memoria. Salutari escursioni sui viottoli che si intrecciano per il Pellegrino (“il più bel promontorio del mondo” aveva detto Goethe) con il capofamiglia che raccontava della Santa Rosalia. […] Poi giù verso le rupi a picco di Capo Gallo. Antri profondissimi, le grotte dei Vitelli, dei Vaccari, del Capraio erano servite da rifugio ad arabi, fenici, greci. cartaginesi. Perfino ad un gruppo di marinai italiani, mi dice un vecchio pescivendolo, durante l’ultima guerra per sottrarsi alla prigionia degli alleati. Ne vennero fuori, più morti che vivi, un mesetto dopo, tuttora all’oscuro degli sviluppi della situazione. Balli e musiche? Quelli in voga, che volete, “Vieni c’è una strada nel bosco”, Rabagliati, il Trio Lescano. Locali nessuno, qualche festino la domenica pomeriggio nelle ville».

Negli anni Cinquanta-Sessanta però era avvenuta la svolta: «Poi, improvvisamente. il primo strattone che avrebbe dovuto dare una faccia nuova al paese. La guerra è già trascorsa da parecchio e viene aperta [nel 1958] la “Conchiglia d’Oro”, una balera in grande per la gente di Palermo con il portafoglio pieno. Quasi contemporaneamente il Torneo nazionale di musica leggera e il Premio Europa per il cinema. Da Roma è un viavai ininterrotto di attori, cantanti, press-agent. Vi portano perfino la Bardot e per poco il villaggio non salta letteralmente in aria per l’entusiasmo incontenibile di migliaia di persone. Sembra che Mondello, ormai dimentica del tranquillo trantran dei nomi migliori del Gotha palermitano, si accinga a surclassare Venezia e Sanremo, quando inaspettatamente e senza ragioni chiaramente plausibili, torna alla sua antica fisionomia. Accanto ai nobili si allineano questa volta i grossi costruttori, i professionisti di vaglia, gli emigranti che hanno fatto fortuna. Poi il boom edilizio, la motorizzazione e il week-end di massa. Una domenica di agosto a Mondello? Impossibile. La fila delle macchine arriva fino a Villa Igiea e questo prestigioso hotel dista dieci chilometri dal paese»

Si passa quindi all’analisi della Mondello dell’estate 1970, con la testimonianza di Gianni Frusteri, direttore del complesso “Delta 5”: «Gianni Frusteri conosce la zona come il fondo delle proprie tasche. Canta da vent’anni, ha una laurea in legge e dirige un complesso, i Delta 5, che si esibisce due volte alla settimana al “Lanternino”, l’unico night, insieme al “Boomerang”, in un raggio di cinquanta chilometri. Mondello? Vive del respiro di Palermo. […]. L’ondata turistica è imponente anche da queste parti, quasi quattrocentomila persone l’anno scorso, ma è gente di passaggio che viene per visitare, vedere e scoprire nel più breve tempo possibile. Non si ferma, non mette tenda come sulla costa adriatica, in Liguria, sull’Amalfitano. Il nostro pubblico è perciò solo ed esclusivamente pubblico palermitano. Cosa chiede? I ragazzi del Delta 5 (uno studente in lettere, uno in ingegneria, un terzo del classico, un quarto ragioniere e un quinto operaio idraulico) hanno un repertorio vastissimo, commerciale, orecchiabile e ballabile. La distinzione che si può raccogliere è pero immediata. Mentre i giovani al di sopra dei venti, venticinque anni sono disposti ad accettare e applaudire il rifacimento di uno slow degli anni Cinquanta, un classico dei Trenta o dei Quaranta, i minorenni te lo snobbano, si accalcano agli angoli della piattaforma in attesa che si attacchi con un ritmo sfrenato del tempo corrente. Per questo se in una nostra classifica, al primo posto possiamo facilmente piazzare un “Settembre”, subito dopo irrompono un “Nana hey hey kiss him good bye”, un “Gonna yet back to you” ».

Seguono notizie sul “Boomerang” e sul “coprifuoco” imposto dal regolamento comunale dopo le 24: «Al “Boomerang”, delizioso locale in riva al mare, ingresso libero, apertura ogni sera dalle 23 in poi, pubblico medio da un minimo di cento ad un massimo record di mille persone. Boris Vitrano, un odontotecnico che capeggia un complesso musicale pop, avanza proteste a non finire. Una fitta serie di querele che sentiremo ripetere in altri posti e da altre persone. Prima fra tutte il silenzio, una speciale ritirata fuori ordinanza che scatta a mezzanotte e contro la quale non ci sono reclami che tengano. Alle 24 in punto bisogna abbassare gli amplificatori e pizzicare con più delicatezza le corde delle chitarre, altrimenti sono multe che fioccano. La gente vuole dormire, rispondono puntualmente i tutori dell’ordine, e in effetti è la stragrande maggioranza dei villeggianti che pretende il silenzio più assoluto».

Questa invece la situazione davanti al “Baretto”: «Voltiamo pagina. Alla stessa ora, davanti al “Baretto”, ritrovo abituale dei giovani bene, assembramento di supercilindrate e di mastodontiche motociclette di ogni tipo e nazionalità. A tratti sembra di essere in una Indianapolis in miniatura, ma per questo chiassoso sferragliare di tubi di scappamento, si chiude un occhio e ci si tappa le orecchie. Boris precisa che la faccenda, a modo suo, offre pure un ritratto della particolare disposizione psicologica del palermitano vacanziere, ma a parte ciò, la conseguenza diretta è che se fino a mezzanotte i Moderns (un avvocato, due ragionieri, un architetto, uno studente in percussione al Conservatorio) possono sbizzarrirsi su un “Question 68-69 di Chicago” o su un indiavolato shake, non appena si entra in zona sonno bisogna calare i toni e scivolare sul melodico che oltretutto può più facilmente conciliare il sonno».

I Moderns suonano al “Boomerang” (1970)

A Mondello, poi, andavano sparendo (come del resto stava avvenendo in tutta Italia) i juke-box: «Anche per questo a Mondello non esistono juke-box. Il solo in funzione è collocato negli ampi saloni della “Sirenetta”, ristorante dove gli amanti delle ghiottonerie culinarie siciliane potranno vivere i loro momenti migliori e passare da una pasta con le sarde, ad uno sfincione, ad una zuppa freschissima di triglie, ad un assaggio di martorana con cassata finale. Il tutto spruzzato da un Corvo o da un Solunto dal bouquet incomparabile. Anche per l’apparecchio mangiadischi della “Sirenetta” non c’è pietà: a mezzanotte devono staccare la presa».

Insomma, una Mondello fin troppo tranquilla, che invitava all’esodo verso Isola, Sferracavallo e l’Addaura: «Una Mondello tranquilla, fin troppo, aggiungono quanti invece la vorrebbero equiparata alle più celebri località d’Italia. Cosa si fa allora tra un bagno e l’altro, tra una corsa sullo sci acquatico e una volata in macchina fino all’Isola delle Femmine, fino a Sferracavallo? Basta osservare attentamente la distribuzione toponomastica di questi chilometri di sabbia e scoglio. Ad Addaura gli stabilimenti più chic, quello della Marsa, con piscina, bungalow, minigolf, campi da palla a volo e da tennis, l’altro per i discendenti diretti e indiretti dei vecchi gattopardi e dei nuovi ricchi, che esoticamente hanno chiamato Acapulco. Nella parte opposta, sulla estrema lingua sassosa dove sorge l’albergo “La Torre”, altre piscine, altri bungalow, un club per virtuosi dello sci. Nel mezzo, di fronte alla piazza, la spiaggia per tutti».

La piscina della Marsa (1970)

Anche allora, peraltro, cominciavano a calare a Mondello i “pendolari” del week-end, rigidamente divisi per ceto (come è legge dinastica qui a Palermo, che da sempre si caratterizza per la separazione sprezzante fra i ceti sociali): «Per i pendolari del sabato e della domenica, una lunga fila di capanni dove servono le panelle, farinacei seccati al sole e fritti, a dieci lire al pezzo, ricci, polipi bolliti, insalata di pomodori e cipolla. Per i “signori” il circolo “Roggero De Lauria” e quello della “Vela”, esclusivi, chiusi a qualsiasi apertura. Per i primi Za’ Peppina che con cento lire permette di custodire nella sua vecchia bicocca abiti e sporte cariche di vino, timballi e frutta profumatissima, con l’affitto annesso di un antiquatissimo costume da bagno. Per gli altri le silenziose conversazioni nei saloni del circolo e i progetti di una sortita in yacht a Vulcano, meta preferita dei ragazzi che vestono in via Frattina a Roma e che completano gli studi tra Milano e Firenze».

Molto più economico e alla buona era, per i meno abbienti, lo spettacolo fornito dal fachiro Simbha, una delle istituzioni della Mondello ’70: «Per i diseredati di sempre lo spettacolo di Simbha, fachiro di Caltabellotta, quarantenne, turbante scolorito, ampio pantalone tipo meharista, sandali e faccia incorniciata da una barba da santone. Si esibisce nella calata dei pescatori tra nugoli di ragazzini. La sua, precisa in un italiano infarcito di massime bibliche, è una dimostrazione prevalentemente alimentare. Divora grossi batuffoli infiammati di stoppa con pece, rottami di piatti, pezzi di alluminio. viti. Quando si infila due enormi chiodi nelle narici prega le signore sensibili “di volgere gli sguardi verso gli orizzonti d’oriente”. Allorché consuma “un fiero pasto” di lamette da barba precisa che sono nuove per editare infezioni. Mal di fegato? Dolori all’apparato digerente? Signore, che dice mai: sono un fachiro. Poi la sera, mestamente, prende posto sull’autobus che lo lascerà a Palermo dove lo attendono moglie e famiglia numerosa».

I ricchi intanto se la spassavano fra una festa e l’altra: «Per i ricchi le fantasiose teste, una all’anno, al Circolo della Vela: nella stagione passata tutti in vesti hawaiane. Questa volta, probabilmente, tutti da pirati».

C’era anche una guaritrice facoltosa: «C’è poi, per gli uni e per gli altri. la guaritrice che dopo lunghi anni di lavoro si è costruita una villa alla quale ha imposto il nume augurale di Salvatrice. Maghi e fattucchieri sono inoperosi: il loro periodo buono attacca con i primi di ottobre».

C’era pure, purtroppo, chi in quell’estate 1970 mancava all’appello: «Personaggi: ce n’era uno fino all’anno passato, stupendo. Quel Zu’ Ferdinando ottuagenario pescatore che viveva in una barca da sempre, che non aveva memoria di mura domestiche. Lo trovarono morto una fredda mattina, ma si convinsero che era passato all’al di là soltanto nel tardo pomeriggio. Pareva che dormisse, piccolo piccolo, sotto una spessa coltre di giornali».

Per ballare, poi, c’era anche Villa Igiea: «Ma chi vuole ballare ha ancora una soluzione: la “Villa Igiea”. Attualmente ci sono i Players. I gusti musicali di qui? Il capo complesso, che batte tutte le zone siciliane, dice che non c’è troppa diversità con il continente. Dall’inizio della stagione non fa altro che ripetere fino alla monotonia “Insieme” e “Lady Barbara”».

Elezione di Miss Cinema Palermo a Villa Igiea, estate 1970 – presentatore Nuccio Costa

Il finale descrive la conclusione della serata a Mondello: «Torno a Mondello mentre le due sale cinematografiche si spopolano, mentre i camerieri del “Gambero Rosso” fanno il conto delle mance, mentre gli ultimi pesciaioli innaffiano di acqua salata banconi e marciapiedi. Saranno le due e un gruppetto di ragazzi avanza strimpellando su una chitarra. Uno dice all’altro dell’estate passata a Cesenatico, roba dell’altro mondo, una caciara a non finire. E qui, porca miseria, neppure il gusto di andare a infilare l’ultimo cento lire nella fessura dei juke-box. Tanto per darsi la buona notte, come è costume dei ragazzi di tutta la terra».

P.S.: Per curiosità, la Hit parade italiana del 28 agosto 1970 era la seguente: 1) “La lontananza” (Domenico Modugno) – 2) “Insieme” (Mina) – 3) “Fiori rosa, fiori di pesco” (Lucio Battisti) – 4) “Tanto pe’ cantà” (Nino Manfredi) – 5) “Viola” (Adriano Celentano) – 6) “In the summertime” (Mungo Jerry) – 7) “Lady Barbara” (Renato dei Profeti) – 8) “Sympathy” (Rare bird) – 9) “L’isola di Wight” (Michel Delpech) – 10) “Fin che la barca va” (Orietta Berti).

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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