Ricordo di Giulio Tramontana nel centenario della nascita

Il 2 giugno 2025 scorso ricorreva il centenario della nascita dell’avv. Giulio Tramontana, barone di Mezzograno, morto a Palermo il 26 dicembre 2023.

Era nato a Palermo, ma – come ci teneva a precisare – “sol perché i suoi Genitori lavoravano in quella città”; infatti le sue origini familiari, dal lato paterno e materno, provenivano da Castronovo di Sicilia, piccolo comune in provincia di Palermo, sulla strada per Agrigento, fra Lercara e Cammarata.

Dal lato paterno, il casato dei Tramontana aveva radici antichissime; in origine i “Tramuntana” erano discendenti dai re di Narbona e Gerona, capitale della Catalogna, tanto che re Alfonso II di Aragona (1157-1196) concesse le armi a Bernardo de Tramuntana (di Narbona) per la sua partecipazione alla guerra contro i Mori.

In seguito alcuni discendenti mutarono il nome in “Tramontana”, ricoprendo alte cariche: don Cesare de Tramontana Staiti (patrizio di Messina) cadde nella grande battaglia di Lepanto nel 1571; da questo Cesare derivò un ramo collaterale della famiglia, che si stabilì nell’isola di Lissa in Croazia.

Un altro ramo, discendente da don Francesco de Tramontana, visse in Sicilia: un Salvatore Tramontana sposò Giovanna Tancredi (discendente dal re normanno Tancredi vissuto nel XII secolo) ottenendo per la sua munificenza il titolo nobiliare di “barone del Mezzograno”; tale titolo risaliva alla “baronia medietatis grani” instaurata all’inizio del ‘400 da re Martino di Sicilia: infatti, come racconta Giulio Tramontana in una sua poderosa biografia-autobiografia scritta a quattro mani con Lelio Cusimano, «Salvatore Tramontana, […] predisponendo il suo trasferimento a Castronovo di Sicilia dalla città di Chiusa, compì un atto di munificenza a favore del popolo, affrancando il pedaggio in grani d’oro che esigeva sulle merci che transitavano e sui natanti che approdavano nel porto caricatore di Sciacca. E fu allora che il titolo nobiliare di “Barone del Mezzograno” […] fu concesso per investitura del 16 settembre 1666 in riconoscimento dell’atto di beneficenza popolare eroga a Salvatore Tramontana e a tutti i suoi discendenti di prima genitura» (da Lelio Cusimano, La storia e la vita di Giulio Tramontana, ed. Scientific books di G. Cafaro, Palermo 2010, p. 151).

Da questo secentesco Salvatore Tramontana discendeva Giulio Tramontana, nato appunto nel 1925, che conseguì la maturità classica nel luglio 1943 a Caltanissetta.

Due mesi prima, il 15 maggio, aveva tenuto la prima conferenza della sua vita a Piana degli Albanesi (allora Piana dei Greci), ove la sua famiglia era sfollata per i bombardamenti a Palermo. In quell’occasione il giovane studente, davanti a un pubblico di avvocati e professionisti sfollati dal capoluogo, anziché pronunciare il previsto elogio del bersagliere Giacomo Schirò, decise di cambiare argomento, parlando invece dei “sacrifici eroici dei soldati italiani, nelle trincee dei vari fronti, senza mezzi, abbigliamento e vettovagliamento adeguati alle calure dell’Africa ed alle intemperie della Russia(op. cit., p. 173). Il cambio di programma era stato indotto dal terribile bombardamento del 9 maggio 1943 a Palermo; come osserva lo stesso Tramontana: “Si poteva parlare di fascismo, come di consueto? Tutto ciò mi diede coraggio di guardare in faccia la realtà della situazione e di parlare pubblicamente dell’errore commesso da Mussolini facendo entrare in guerra l’Italia, impreparata e inadeguata, tanto da farci invidiare la saggia e fortunata neutralità della Spagna” (ibid., p. 174). Il discorso del giovane oratore sorprese l’uditorio: “La gente ascoltava, allibita, il mio discorso fuori dal normale. Io sentivo il coraggio di dire la verità sulla situazione di quei giorni. La guerra era sbagliata!” (ibid., p. 175).

Dopo lo sbarco degli alleati, Tramontana iniziò a svolgere un’alacre attività storiografica a Castronovo riordinando la biblioteca ereditata da uno zio, avv. Giuseppe Bagnati, deceduto due anni prima.

Un giorno suo padre Alvaro lo portò con sé a Palermo per controllare se la loro abitazione fosse stata bombardata o saccheggiata; con una “Isotta Fraschini” messa a disposizione da un conoscente, partirono una mattina alle 4,30 da Castronovo giungendo alle 9,30 a Palermo; a questo viaggio, definito “apocalittico”, si unì anche un maresciallo dei carabinieri.

In quella occasione, dopo aver verificato le buone condizioni della casa, Giulio e suo padre si recarono in via Cavour 112, presso la sede di “Sicilia e libertà”, guidata dall’avv. Vincenzo Petrigni di Altofonte; aderirono quindi a questa organizzazione politica separatista. Fu il primo passo per un ulteriore impegno nel MIS (Movimento per la indipendenza della Sicilia), costituito da Andrea Finocchiaro Aprile; Giulio si legò soprattutto all’avv. Pietro Villasevaglios (1878-950), ideologo del movimento.   

Andrea Finocchiaro Aprile (1878-1964)

Tramontana, divenuto rappresentante della Lega Giovanile Separatista, fu redattore del giornale “Sicilia liberata” dal luglio 1943; intraprese anche un’attività comiziale in varie piazze di Palermo. Fu poi “corriere di fiducia” di Finocchiaro Aprile, che gli affidò dei memoriali indirizzati al generale Harold Alexander, al presidente americano Roosevelt, a re Giorgio VI di Inghilterra e alla conferenza di Yalta; il giovane “messaggero” li portò all’aeroporto di Boccadifalco, affidandoli a diplomatici e giornalisti internazionali che ne curarono la consegna (non si sa se poi i destinatari li abbiano effettivamente letti…).

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, Giulio Tramontana accompagnò Finocchiaro Aprile e i maggiorenti del MIS a un incontro con il generale Badoglio nella prefettura di Palermo. Così raccontava questo episodio, molti anni dopo, lo stesso Giulio: «Il Generale Badoglio ascoltò le mie istanze sulle necessità della Gioventù Siciliana dell’immediato dopoguerra, con apparente amabile cortesia; e per alcuni problemi umanitari. […] Ma poi il Generale Badoglio per nulla si adoperò sulle istanze dell’On. Andrea Finocchiaro Aprile, non prospettando neppure l’Autonomia Siciliana subordinatamente invocata; e per nulla si adoperò sulle necessità della Gioventù Siciliana da me sostenute. In verità il Generale Badoglio non mi ha sorpreso ed avevo già accolto le sue formalistiche cortesie con molta riserva. […] Badoglio era – come Cavour – “Piemontese” e portava naturale con sé l’antico detto “Piemontese, falso e cortese”» (op. cit., pp. 195-196). Sul successore di Mussolini il giudizio di Tramontana era categorico e impietoso, biasimando soprattutto le “efferatezze” compiute da Badoglio quando era stato governatore in Libia (1928-1933).

Nonostante ciò, Tramontana continuò a tenere comizi in nome del suo giovanile separatismo, che si basava soprattutto sull’idea di un riscatto della Sicilia dalle troppe oppressioni passate, ivi compresa quella fascista. Il fenomeno non era da poco: nel 1944 il MIS era arrivato infatti a contare quasi mezzo milione di iscritti in Sicilia.

Giulio Tramontana in un suo comizio nella fase “separatista”

Tuttavia questa milizia politica non mancò di creare problemi: infatti un giorno del 1945, mentre il ventenne Giulio passeggiava per via Libertà con Finocchiaro Aprile, quest’ultimo fu arrestato e condotto al confino a Ponza; lui invece fu condotto “sul tavolazzo” del Commissariato di via Garibaldi e interrogato fino a notte fonda. Fu poi rilasciato per l’intervento dell’avvocato e onorevole Pietro Castiglia, che si rese “mallevadore” del comportamento del giovane separatista. Comportamento che però non rimase certo esente da “marachelle” verso l’ordine costituito; Giulio racconta infatti: «fu una fortuna che gli inquirenti non sapevano che Giulio Tramontana, più di una volta, in ore quasi notturne, in macchina guidata dal barone Stefano La Motta e con il conte Giuseppe Tasca, aiutava il ginecologo Gaspare Tamburello a portare le valigie con gli strumenti chirurgici, per operare i giovani dell’EVIS [Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia], che erano rimasti feriti in scontri armati con le Forze dell’Ordine» (op. cit., p. 200).

Uno dei momenti più memorabili per Tramontana fu, nel maggio 1946, l’incontro con re Umberto II di Savoia, che era venuto a Palermo, ospite del comm. Vaccaro in via Villareale 47; qui fu organizzato con gli esponenti del MIS un incontro, nel corso del quale fu proposto al sovrano di non andare in esilio ma di rifugiarsi in Sicilia, a patto che egli riconoscesse la Sicilia come «Stato Sovrano con piene funzioni internazionali e con proprio parlamento». Il sovrano rifiutò, benché «commosso da questa spontanea ansia di simpatia», perché era «preoccupato che tale proposta siciliana avesse potuto ingenerare una guerra civile» (op. cit., p. 201). Tuttavia in quell’occasione il re «promise e mantenne di legiferare, prima di andare in esilio, l’Autonomia Speciale della Sicilia, con i poteri di legislazione esclusiva, con lo Statuto Siciliano, che promulgò con suo decreto n. 455 del 15 maggio 1946» (ibid.).

Il giudizio di Tramontana sull’ultimo re d’Italia è dunque apertamente positivo: «Fu un “Re Galantuomo” di indole moderna e generosa, aperta al popolo, con cui ho avuto il privilegio di conferire personalmente in quell’incontro, manifestando la mia stima, tanto da ricordarlo ed invitarlo poi a fare da testimone alle mie nozze: invito accettato con signorile amabilità, per procura da Cascais, giusta lettera del Ministro della Real Casa, on. Falcone Lucifero, dell’8 marzo 1956» (op. cit., pp. 201-202). Umberto II lasciò poi l’Italia il 13 giugno 1946 dopo la vittoria della Repubblica nel referendum istituzionale del 2 giugno.

Partito il re, i separatisti siciliani tentarono di far ratificare il decreto regio sull’autonomia siciliana. Finocchiaro Aprile chiese al governo americano un protettorato temporaneo sulla Sicilia fino alla stesura della costituzione italiana; e fu Tramontana a consegnare questo memoriale al comandante della squadra navale americana di stazza a Palermo (che lui chiama “Nicols”, ma doveva essere in realtà John Towers), da inoltrare al presidente statunitense. Non se ne fece nulla, perché gli americani revocarono presto il protettorato sulla Sicilia, anche per evitare il parallelo protettorato russo sui Dardanelli; comunque il movimento separatista, dopo una serie di perquisizioni, arresti e denunce, fu assolto dalla magistratura “per non avere commesso il fatto” (non era sceso in piazza con le armi né aveva tentato un colpo di stato); anche Giulio dunque la fece franca e uscì indenne da quel trambusto politico.

La sua attività politica proseguì con alcuni comizi; uno di essi, sulle politiche agricole, si tenne a Bagheria. Era presente il capomafia Calogero Vizzini, il quale venne a felicitarsi con l’oratore promettendogli anche il suo sostegno elettorale; ma Tramontana si astenne fermamente da questo “aiuto”, ricordando i consigli del suo maestro di studio legale, l’avv. Pietro Castiglia: «con questa gente, rapporti strettamente professionali, ma “incuttizzi niente”» (cioè, niente rapporti personali). La mafia preferì dunque riversare i suoi consensi su tanti altri candidati della Democrazia Cristiana.

Nel periodo successivo, Tramontana si accostò ancor di più a Pietro Castiglia; questi a un certo punto aveva pensato di confluire a sua volta nella DC, incontrando però l’avversione di Bernardo Mattarella (1905-1971), padre di Piersanti e dell’attuale Presidente della repubblica. Castiglia aderì allora al Fronte dell’Uomo Qualunque (FUQ), fondato a Roma nel 1944 dal giornalista Guglielmo Giannini, con istanze liberal-conservatrici, populiste, anticomuniste e legate all’antipolitica, in polemica sia col fascismo sia con i partiti antifascisti del Comitato di Liberazione Nazionale (DC, PSIUP, PCI, PLI, PRI).

Iniziò dunque, dopo la fase separatista, la fase “qualunquista” di Tramontana, al seguito dei deputati qualunquisti siciliani Pietro Castiglia, Guido Russo Perez e Gennaro Patricolo.

Giulio divenne corrispondente parlamentare all’Assemblea Costituente, frequentando Montecitorio dal 25 giugno 1946 al gennaio 1948; scriveva per i quotidiani palermitani “Corriere espresso” e “Mattino di Sicilia” e per alcuni settimanali politici siciliani. Come raccontava egli stesso, «ciò che lo appassionò di più fu il privilegio di avere seguito cordialmente i meravigliosi costituzionalisti Bettiol, Dominedò, Calamandrei, Russo Peres e Castiglia, nel comitato dei 75 redattori della Costituzione, eletti dalla Assemblea Costituente, sotto la presidenza dell’on. Vittorio Emanuele Orlando» (op. cit., p. 214).

Giulio Tramontana (a sinistra) con l’on. Guido Russo Perez e la moglie, alla seduta inaugurale dell’Assemblea Costituente (Roma, Montecitorio, 25 giugno 1946)

Parallelamente, continuava la sua attività comiziale. Il 6 novembre 1946, sulla scalinata del Teatro Massimo, parlò prima dell’on. Gennaro Patricolo, candidato qualunquista che pochi giorni dopo fu eletto sindaco di Palermo con i voti della destra (31 su 59 consiglieri comunali). In quell’occasione Giulio denunciò la crisi della classe politica del tempo, definendola «balbettante ed inadeguata ad affrontare le questioni aperte, che opprimono Stato e Regione; incapace di realizzare un minimo di progettualità, con governi, parlamentari e politici più attenti alla superficialità della rappresentazione che non alla sostanza» (op. cit, p. 231). Ciò avveniva, a suo parere, «perché oggi si avvera la mortificazione degli uomini veramente validi e specializzati nel merito di ampi settori della vita pubblica, che si confinano ai margini della politica e delle istituzioni, mentre carriere si continuano a costruire per nepotismo, per raccomandazioni, per anzianità o per “figli d’arte”, specie nell’ambiente parlamentare» (op. cit., p. 232). Proponeva dunque un ritorno al sistema uninominale.

Un comizio di Giulio Tramontana a Castronovo

Nel luglio 1947 Giulio Tramontana si laureò in Giurisprudenza con 110 e lode e pubblicazione della tesi, che trattava il seguente argomento: “I rapporti costituzionali tra la legislazione regionale e la legislazione statuale, quali emergevano dai progetti di Costituzione”; relatore fu il prof. Giuseppe Cavarretta, ordinario di Diritto costituzionale e Preside della facoltà di Giurisprudenza di Palermo.

Da neolaureato, Giulio iniziò un’intensa attività congressuale: il 1° agosto 1948, nella ricorrenza del centenario della Costituzione svizzera, portò al convegno di Lugano la voce dei “sicilianisti”, a suo dire «allora animati dal proposito antesignano di attuare una Confederazione del tipo bismarkiano» (op. cit., p. 234).

Nel 1949 divenne avvocato dell’ordine di Palermo; fu assunto ai servizi legali e di contenzioso della Direzione Generale del Banco di Sicilia e inviato alla sede di Milano; nella città lombarda fu anche collaboratore del “Giornale degli italiani”. Nell’agosto di quell’anno partecipò al I congresso delle Casse di Risparmio italiane, nel Palazzo ducale di Venezia, pronunciando un discorso sul credito nella crisi artigianale e industriale del dopoguerra e sulle possibili azioni delle Casse di Risparmio per risollevare l’economia locale del Sud e della Sicilia. In quella occasione si dissociò dal discorso introduttivo del presidente del consiglio, Alcide De Gasperi, che aveva dichiarato: «Non facciamoci illusioni. Noi ormai facciamo parte di un piccolo Paese, destinati a sciamare per il Mondo» (cfr. “Alfiere Nazionale”, 31 maggio 1950).

Numerose furono le partecipazioni di Tramontana ad altri congressi e convegni; era intanto stato nominato assistente del prof. Eugenio Di Carlo alla cattedra di Filosofia del Diritto nell’università di Palermo. In particolare nel maro 1951, nel primo convegno degli industriali in Sicilia nella Sala delle Lapidi del Municipio di Palermo, parlò dell’industria cinematografica, auspicando l’istituzione di una Sezione di Credito Cinematografico al Banco di Sicilia (allora tale credito era monopolio della Banca Nazionale del Lavoro).

Nel giugno 1951 il principe Gianfranco Alliata di Montereale (deputato alla costituente e al Parlamento nazionale) fondò una “Accademia del Mediterraneo” con sede a Villa Igiea a Palermo, deliberata da sessanta esponenti di quindici Paesi del Mediterraneo, sotto la presidenza del novantenne senatore Vittorio Emanuele Orlando.

Giulio, nominato “membro onorario”, ebbe modo di esprimere le sue convinzioni sul ruolo “mediterraneo” della Sicilia nell’ambito di un’auspicata zona di libero scambio, sulla necessità di attrarre capitali stranieri nell’isola («attraverso il ripristino delle azioni al portatore nella Legislazione siciliana»), sull’opportunità di migliorare la rete infrastrutturale siciliana e i porti, sull’incremento delle relazioni con i Paesi africani e dello scambio di dati, rendendo le informazioni celeri e reciproche.

Erano molto avanti rispetto ai tempi le sue proposte di costituire un “Osservatorio del turismo mediterraneo”, una Tv “euro-mediterranea”, un “collegio tecnico mediterraneo”, una “Scuola Mediterranea economica” in Sicilia (per la formazione di giovani dirigenti di aziende della sponda sud del Mediterraneo) e un “istituto universitario europeo”. Tuttavia, come lamentò poi lui stesso, questo ambizioso programma «fu trascurato dalla insipienza e dalla insensibilità dei governanti che, non finanziando più oltre l’attività prestigiosa iniziata dall’Accademia del Mediterraneo, hanno fatto sì che quelle prospettive programmatiche si diradassero, sino a cadere nel nulla» (op. cit., p. 251).

In realtà al tema della Scuola mediterranea economica si mostrò in seguito sensibile Padre Ennio Pintacuda, presidente del CERISDI (Centro Ricerche e Studi Direzionali), fondato nel 1988 con sede a Castello Utveggio. Lo si vide molti anni dopo, il 18 giugno 2010, quando a Palermo si riunì presso il CERISDI l’Assemblea Parlamentare Euromediterranea, con la presenza degli allora presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani. Giulio Tramontana partecipò da osservatore ai lavori dell’assemblea, caldeggiando la proposta del senatore D’Alì sulla necessità di approntare un “codice del Mare Mediterraneo”; e non mancò di puntualizzare che tale progetto era «formulato in ritardo di ben 59 anni dal contenuto della mia prolusione espressa nel giugno 1951 nella seduta inaugurale della Accademia del Mediterraneo» (op. cit., p. 255).

Un altro settore in cui Tramontana fu attivo all’inizio degli anni ’50 riguardava l’impegno nelle vicende amministrative di Palermo, Lercara Friddi e Castronovo; nel suo paese d’origine fu per decenni consigliere comunale in quattro legislature, dal 1952 al 1970. Era all’opposizione rispetto alla maggioranza democristiana, nella destra nostalgico-monarchica (in contrapposizione ideologica con il Movimento Sociale).

La squadra di calcio di Castronovo fondata da Giulio Tramontana nel 1955, che le donò “attrezzature, divise e labaro”

La militanza politica di Giulio non fu aliena da manifestazioni goliardiche (che oggi gli sarebbero costate caro…): una volta Franco Restivo (presidente della regione siciliana dal 1949 al 1955) venne a Castronovo ad inaugurare i lavori per la costruzione della diga sul lago Fanaco; ebbene, quando l’insigne onorevole azionò il detonatore per fare brillare la prima mina, esso fece cilecca; il gesto fu ripetuto tre volte tra la crescente ilarità dei presenti, mentre gli organizzatori locali avrebbero voluto sprofondare sottoterra. Ma, come racconta Tramontana, «in verità avevo ben pagato l’operaio, che dalla cabina – al suono ripetuto del trombettiere – per tre volte tolse la corrente elettrica, rendendo inefficace il detonatore, consentendo finalmente al quarto tentativo la efficienza del detonatore ed il brillamento della mina inaugurale, in un clima di umorismo generale, mortificante» (op. cit., p. 221).

Di quel periodo restano diversi ricordi fotografici, proposti qui di seguito; particolarmente curiose sono le foto scattate con Giuseppe Garibaldi, nipote dell’eroe dei due Mondi (era figlio di Ricciotti Garibaldi), venuto a Castronovo per suffragare le elezioni di Giulio; Garibaldi jr. colse l’occasione per contestare al PCI di aver fatto un uso improprio dell’effigie di suo nonno – che non era mai stato comunista – come contrassegno elettorale del Fronte Democratico Popolare).

Giulio Tramontana con il nipote di Garibaldi (al centro)

Di questa fase della sua vita Giulio ricorda anche una fase goliardica da “viveur”, in cui ebbe come “compagni di merende” il già ricordato principe Gianfranco Alliata e il barone Michelino De Stefani; insieme «costituivano un trio perfettamente e ammirevolmente affiatato di giovani scapoli» (p. 258), che si riuniva ora a casa Alliata, ora al Grand Hotel delle Palme, ora a Villa Igiea, ora al Teatro Massimo, ora al Circolo Artistico, ora a Villa Whitaker; alcune foto ritraggono il giovane Giulio in compagnia di alcune «splendide signore della società palermitana».

La fase di “vita gaia” di Giulio Tramontana

Gianfranco Alliata era «un gaudente e generoso»: Giulio rigetta con sdegno le accuse che furono falsamente rivolte al suo amico in occasione della strage di Portella della Ginestra del 1° maggio 1947, cui il principe era del tutto estraneo, essendo alieno da ogni violenza e semmai propenso a burle e goliardate. Ecco infatti due episodi di cui Giulio fu testimone: «Lo accompagnavo talvolta nel rione popolare di Piazza Ballarò ed aveva le tasche piene di pezzi da 500 lire, che distribuiva a tutti i ragazzini che lo attorniavano esultanti e lo accompagnavano al podio dei comizi con l’on. Leone Marchesano, organizzati dal devoto monarchico Marino (un venditore di olio), alla fine dei quali offriva polipo a tutti i presenti e aderenti. E nel sabotaggio di tutti i comizi comunisti di Girolamo Li Causi in piazza Politeama Gianfranco Alliata era un gaudente umorista. Ingaggiava tanti ragazzini per fare incetta di topi al Papireto; li portavano negli scatolini e li liberavano nel pieno del comizio, nella piazza, tra le grida delle donne ed il fuggi fuggi della gente» (op. cit., pp. 268-269).

Certo, questa esistenza dorata e spensierata (fin troppo) comportava qualche rischio: ad esempio, alla faccia delle leggi vigenti, in quella gioventù aristocratica di fede monarchica sussisteva incredibilmente l’antica usanza dei duelli per risolvere questioni d’onore più o meno importanti; e Giulio rischiò di esserne coinvolto. Infatti, quando nel 1955 avvenne la fusione dei qualunquisti e dei monarchici in Sicilia, per fattivo interessamento dello stesso Tramontana (a ciò delegato da Falcone Lucifero, maestro della Real Casa Savoia), la candidatura regionale dell’ex qualunquista Pietro Castiglia offese il duca Paolo Lombardo di Cumia, ufficiale maggiore di cavalleria, che definì quella candidatura “il regalo di Giulio Tramontana”; Cumia si pronunciò dunque apertamente contro la candidatura di Giulio alle elezioni regionali del 1955. Inutile dire che Giulio rispose per le rime: trasformandosi in una sorta di Sherlock Holmes, indagò nello schedario del Banco di Sicilia, scoprendo che il suo avversario era “pluriprotestato” e aveva avuto anche dei problemi giudiziari; si recò dunque al comitato elettorale chiedendo di bloccare la candidatura del duca di Cumia. Questi, anziché giustificarsi, mandò a Tramontana il cartello di sfida.

Giulio sudò freddo, perché era nota l’abilità schermistica del duca di Cumia; tuttavia escogitò un astuto escamotage, trovando nel “Codice cavalleresco” del 1895 di Ernesto Salafia, al punto 33, una regola che impediva ai “protestati” di battersi in duello, poiché «squalificati dal codice cavalleresco». Muniti di tale codice, i padrini di Giulio andarono nella sede del comitato elettorale a chiudere il verbale della vertenza cavalleresca; così il duello non si fece (buon per Giulio, che non fu infilzato dalla micidiale sciabola del duca…). Benché scampato a questo pericolo, Tramontana decise di rinunciare alla candidatura alle regionali del 1955, valutando che i voti di lista non sarebbero stati sufficienti a ottenere un seggio parlamentare e, soprattutto, non intendendo in alcun modo accettare “favori” interessati da parte di alcuni esponenti della mafia.

Preferì dunque pensare alle nozze con Mariuccia Nicolosi, che avvennero a Palermo il 9 giugno 1956; testimone era il re Umberto di Savoia, che (essendo in esilio) non poté essere presente ma delegò il Ministro della Real Casa Falcone Lucifero; altri testimoni furono l’on. Pietro Castiglia, il direttore generale del Banco di Sicilia Ignazio Capuano e Gianfranco Alliata.

Lettera di Falcone Lucifero (8 marzo 1956), delegato da re Umberto II come testimone alle nozze di Giulio Tramontana e Mariuccia Nicolosi

I due sposi si erano conosciuti a una festa a Lercara; in quell’occasione il padre di Mariuccia, l’avv. Luigi Nicolosi di Lercara, prese informazioni su Giulio; e quando gli dissero che era un bravo ragazzo e che gli piacevano le ragazze, non ebbe niente da eccepire…

La cerimonia nuziale avvenne a Casa Professa e il trattenimento si tenne al Circolo degli Ufficiali. In viaggio di nozze gli sposini andarono in Costa Azzurra e a Capri.

In seguito, Giulio si candidò alle regionali del 1963 nel Partito Liberale Italiano; tuttavia, nonostante l’impegno profuso e un buon successo personale, non fu eletto, a causa dei pochi voti complessivi del partito; in quella occasione si rammaricò di aver ottenuto pochi voti nella “sua” Castronovo (“nemo propheta in patria”…).

La delusione fu forte; come racconta parlando di sé in terza persona, «Giulio Tramontana cadde in sonno, prostrato da tanta negativa e disastrosa esperienza, e si è ritirato per oltre quaranta anni a vita privata, lontano dalla politica e dal Palazzo e dalle candidature» (op. cit., p. 288).

In questo lungo periodo, però, continuò a passare ore ed ore sulla sua macchina da scrivere, sfornando sempre nuovi progetti e  ideando riforme istituzionali (abolizione del finanziamento dei partiti, designazione dei candidati da parte della base, ritorno delle cariche pubbliche a solo titolo onorifico senza alcun compenso, riduzione drastica delle spese ministeriali inutili, ecc.). Non si dava pace di certe “ingiustizie” retributive: «È scandaloso che il Ragioniere della Camera dei Deputati guadagna 20.000 euro di più del Presidente della Repubblica. E che i 60 stenografi del senato arrivano a 253.700 euro lordi l’anno; più del presidente Napolitano che riscuote 237.560 euro lordi l’anno; più del capo del governo che arriva a 212.000 euro lordi l’anno. […] Ed il Barbiere del Parlamento ha più di un cattedratico» (op. cit., p. 298).

Deplorava anche (nel 2010) che i nostri parlamentari europei fossero pagati più che nelle altre nazioni (149.215 euro al mese contro ad es. gli 82.380 della Gran Bretagna e i 63.093 della Francia).

Detestava le “auto blu” e constatava che in Italia ce ne fossero ben 574.215, di cui 30.000 in dotazione ai vertici dello Stato per un costo di 297 milioni di euro l’anno (come comunicava il ministro Brunetta sul “Giornale di Sicilia” del 26/6/2010).

Non si dava pace per il fatto che «le indennità di deputati e senatori non sono mai pignorabili, neppure se siano stati condannati per un reato comune, ad esempio l’emissione di assegni a vuoto; e nella denuncia dei redditi sono obbligati a dichiarare solo l’effettivo stipendio» (p. 305).

Rilevava con sarcasmo che a Buckingham Palace operavano solo sei centralinisti, la metà di quelli del Comune di Catania (fra l’altro, questi ultimi, processati dalla corte dei conti perché si spacciavano per ciechi).

Collezionava dati sugli sprechi della Regione siciliana (una collezione che, vista la storia di questo ente, poteva risultare infinita…): spese-fiume per consulenti (4.160.000 euro l’anno nel 2010), privilegi, doppi incarichi, pensioni d’oro, costi per i servizi (ad es. le spese per il ristorante fra 2009 e 2010 aumentavano da 500.000 a 700.000 euro!), auto blu (500.000 euro annuali). Ne derivava una constatazione impietosa: «Una pioggia di milioni di euro, sotto forma di stipendi d’oro, gettoni da capogiro, che gravano sul bilancio della Regione, il cui deficit ammonta a circa 2,4 miliardi di euro. E ciò contro la richiesta di sacrifici che la classe politica dirigente chiede ai cittadini» (op. cit., p. 312).

Tramontana aveva sperato nell’appoggio di Silvio Berlusconi alla sua “crociata” contro questi “smodati emolumenti” regionali e nazionali; confidava nel fatto che il Cavaliere «ha detto più volte di essere un dilettante della politica, immerso in essa solo per passione e non per interesse» (op. cit., p. 313). Era un’illusione, come era forse prevedibile; ma nel frattempo veniva rivolto un pressante invito a Berlusconi perché lottasse per un «ritorno alle cariche pubbliche di ogni grado, elettive e non, di governo e di sottogoverno, a titolo prestigioso ed onorifico, senza alcun emolumento» (ibid.).

Parallelamente, Berlusconi e il ministro Tremonti erano invitati anche a provvedere alle infrastrutture viarie, diffidando delle «chimere del ponte sullo Stretto; che non vedranno neppure i nostri nipoti» (op. cit., p. 321). Sul ponte sullo stretto, sempre intorno al 2010, Giulio scriveva profeticamente: «In un contesto di arretratezza di ferrovie, di strade, di porti ed interporti, locali, provinciali, o addirittura indegne di un Paese moderno, una Opera del genere rappresenta un autentico esempio di “Cattedrale nel deserto”, un monumento allo spreco, almeno oggi. Attraversare in fretta la penisola ed il ponte; e poi rallentare miseramente, divenendo ostaggio della rete ferroviaria isolana antiquata; senza infrastrutture viarie trasversali, che portino rapidamente nell’entroterra della Sicilia, è inutile costruire il Ponte sullo Stretto; se le autostrade e le ferrovie di Calabria e Sicilia non realizzano più rapidità, modernità, sviluppo, sicurezza; se una rete ferroviaria, vecchia di 180 anni, sia inadeguata; con una manutenzione carente, con sicurezza approssimativa; in assoluto ritardo a quella del resto d’Italia, senza ancora Alta Velocità; se i Paesi interni della Sicilia non potranno raggiungerlo facilmente e rapidamente, con ferrovie siciliane ottocentesche, con percorsi tortuosi, con linee ad un solo binario, con bassa velocità, con passaggi a livello frequenti» (op. cit. p. 459).

Un’altra battaglia che Giulio combatté tanto pervicacemente quanto vanamente fu quella per la realizzazione di una superstrada Castronovo-Himera. Il progetto originario era stato promosso nel 1986 dal Consorzio per l’area di sviluppo industriale della provincia di Palermo, quale concessionario dell’opera pubblica della Cassa del Mezzogiorno, che ne era titolare. La progettazione esecutiva fu inoltrata al Ministero per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno ai sensi della legge 64/1986; contestualmente fu richiesto il finanziamento per tale progettazione. Il Ministero approvò l’iniziativa, inserendo il finanziamento della progettazione nel primo piano annuale di attuazione dell’I.S.M. deliberata dal CIPE in data 29/12/86; tuttavia, cessata con la legge 488 del 1992 la Cassa per il Mezzogiorno, che era titolare dell’opera progettata, tutto cadde nel dimenticatoio.

Ma Giulio continuò ad auspicare questa superstrada Castronovo-Himera, descrivendone e quasi sognandone il tracciato: «Si tratta di una scorciatoia di soli 23 Km; che si attesta nei pressi della Stazione ferroviaria di Castronuovo; e attraverso una galleria di 1.670 metri, sotto cozzo Pizzutella, (a doppio foro di entrata; con separazione dei sensi di marcia, con tutti gli accorgimenti. di sicurezza, illuminazione, nicchie di ricovero, impianti telefonici, dispositivi di allarme ed antincendio e di ventilazione antifumo) sbocca sotto la stazione ferroviaria di Roccapalumba/Alia; e, con viadotti e quattro gallerie alternate, di 725 metri e tre di 400 metri, scorre a valle della stazione ferroviaria di Montemaggiore, dell’abitato di Sciara, e si inserisce tra Fiumetorto e la ferrovia sino alla Stazione di Cerda. E da qui con una curva a largo raggio arriva all’agglomerato industriale di Termini, allo svincolo delle Autostrade PA-CT e PA-ME e superando il doppio binario ferroviario Fiumetorto/Cefalù arriva al Porto ed interporlo di Termini. Si tratta – come detto – di una scorciatoia di soli 23 Km che consenta al flusso automobilistico di raggiungere rapidamente le autostrade a Buonfornello ed il porto di Termini e l’agglomerato industriale; dall’entroterra della Sicilia, dell’agrigentino, dell’ennese, del Nisseno evitando agli automobilisti di dovere affrontare il più lungo attuale percorso di 95 Km in più per girare da Castronuovo per Villabate a raggiungere Buonfornello. Sarebbe una infrastruttura, giudicata sul tavolo tecnico. “opera accessoria” del Porto di Termini nelle sue future dimensioni, che agevolerebbe la rapida esportazione dei prodotti agrumicoli dell’entroterra della Sicilia, via mare, dal porto di Termini: superando così la concorrenza delle Puglie, che si trovano a metà strada verso le frontiere nordiche. Il costo dell’opera – di cui sono stati già pagati i Professori di Università progettisti – ammontava nel 1987 a 372 miliardi e 191 milioni di lire» (op. cit., pp. 409-410).

Invano l’ormai attempato barone scriveva alle autorità politiche regionali e nazionali, invano subissava di lettere private le sue conoscenze più altolocate, invano minacciava un’ostinazione perenne («alzerò la voce sempre di più; e sono pronto ad urlare, perché in un mondo politico e parlamentare di sordi e di ciechi è l’unico modo per farsi sentire», op. cit. p. 413). Pedantemente aggiungeva dettagli sul progetto, illustrava vantaggi, preveniva critiche, prevedeva ostacoli, organizzava incontri e convegni: tutto rimase (e rimane tuttora, dopo la sua morte) sulla carta, incrementando ulteriormente (se ce ne fosse stato bisogno) quello che Giulio chiamò «il bubbone delle incompiute in Sicilia» (op. cit., p. 428). Parallelamente, doveva constatare l’inconsistenza delle (troppe) promesse berlusconiane, dividendo i suoi strali polemici tra il governo regionale e quello nazionale.

Dalla sua residenza di Termini Imerese (ove si recò spesso dal 1979) Giulio, ormai ottantenne, continuava ad interessarsi alla vita della comunità, a progettare soluzioni economiche per migliorare la vita dei cittadini, a proporre provvedimenti che nessuno avrebbe mai adottato.

Era il suo modo di tenersi vivo: nella villa di campagna fra Trabia e Termini, in estate, si portava la sua storica macchina da scrivere Olivetti M40 e lavorava per almeno 4 ore al giorno, mettendosi al primo piano nello studio o a pianterreno vicino al camino sfornando pagine e pagine di nuovi studi, nuove idee, nuove proposte; quando era invece nella casa di Palermo si accontentava di un piccolo stanzino. Usava spesso la carta carbone per fare copie dei suoi scritti.

Fra le tante proposte che andò escogitando in quel “buen retiro”, ben sei furono concepite per “rivoluzionare l’economia di Castronovo”: più il suo paese d’origine lo disconosceva e lo ignorava, più lui pensava a come aiutarlo a migliorare. Ecco dunque un progetto per il miglioramento della rete di distribuzione idrica, un altro sulla costruzione di un sanatorio in contrada Piedigrotta, una proposta di ristrutturazione del convento dei cappuccini, un progetto di costruzione di un autodromo attorno al lago Fanaco, l’auspicio della ricostruzione ex novo degli antichi “molini ad acqua” per la molitura del grano duro (col sogno di tornare a produrre le deliziose “muffolette” e “vastedde” dei tempi antichi) e ancora l’idea di risvegliare la devozione per il patrono San Vitale (del quale si mise a studiare la storia, auspicando il ritorno delle sue reliquie dalla chiesa di Armento in Lucania nella natìa Castronovo).  

Insomma, come ebbe modo di scrivere l’on. Guido Lo Porto, «Giulio Tramontana è stato uno studioso, formatosi al chiuso di una Biblioteca, fruttuosamente frequentata, ma anche all’aria aperta della azione e dell’agone politico. Ha scritto lavori, apparentemente di natura tecnico-giuridica, ma che esprimono tutta intera la passione civile di un Siciliano militante, insieme all’ansia partecipativa di un politico, che ha scelto lo studio e l’impegno intellettuale, al posto della appartenenza partitocratica. Lo spirito animatore delle sue pubblicazioni consiste nel mantenere viva la speranza di una Sicilia redenta, e nell’alimentare, in quanti non hanno vissuto l’esaltante esperienza della costruzione della Autonomia Regionale Siciliana, una memoria storica, da consegnare alle nuove generazioni» (op. cit., p. 484).

Lo stesso Giulio, nel più volte citato libro rievocativo del 2010, all’età di 85 anni sentiva il bisogno di fare questo bilancio riepilogativo sulla sua attività (mantengo tutte le maiuscole che ha voluto usare in abbondanza, guidato non dalla correttezza grafica ma dalla sua personalissima scala di valori): «Nel contesto di questa Politica, deviata e perversa, io ho difeso e difendo questa Terra di Sicilia: terra impastata di sacrifici, di sudore, di sangue; terra dura dei nostri Contadini, dei nostri Cittadini, dei nostri Operatori, dei nostri pagatori di tasse smodate, all’interno dell’Isola. Ecco perché la Terra di Sicilia, il mio Paese di origine, Castronuovo di Sicilia, il Siciliano, il Contadino, la degradata civiltà, i sacrifici della nostra Gente, sono stati sempre presenti nei miei discorsi e nei miei scritti. Io ho voluto essere un veicolo di trasmissione del Mondo Ideale, nell’Anima delle masse Siciliane; assumendo in ogni occasione il ruolo di autentico sacerdote di una fede. Io sono un rappresentante della vecchia classe. Appartengo ad una generazione disgraziata, a cavallo tra i vecchi tempi ed i nuovi; e che si trova a disagio in tutti e due. Sono stato sempre privo di illusioni-, e sono quindi rimasto, indipendente, fuori dalla Politica del Palazzo» (op. cit., p. 486).

Credeva che fosse il momento di fare bilanci conclusivi; e Lelio Cusimano, l’editorialista del “Giornale di Sicilia” che raccolse, riordinò e pubblicò tutti i materiali sopra esposti, auspicò che in quell’anno 2010 fosse concessa dal comune di Castronovo la cittadinanza onoraria al suo ottantacinquenne compaesano, «vecchia quercia ancora indomita» (op. cit., p. 505). In seguito fu pubblicato un trafiletto sul “Giornale di Sicilia” che sembrava annunciare l’assegnazione della cittadinanza onoraria, ma in realtà non vi fu mai una vera delibera in proposito.

Negli ultimi anni di vita Giulio Tramontana continuò a lavorare indefessamente, scrivendo sempre sulla sua monumentale Olivetti; e qualche volta, quando andavamo a trovare sua figlia, la cara amica Irene, passavamo a salutarlo e ci intratteneva con lunghe chiacchierate in cui accavallava ricordi, testimonianze e progetti.

Un elenco di pubblicazioni di Giulio Tramontana

Due anni fa, a 98 anni suonati, ebbe modo di dirmi (a proposito dell’ennesimo progetto di realizzazione del ponte sullo stretto) che erano stati i Romani ad avere per primi l’idea di questo ponte; infatti il console romano Lucio Cecilio Metello nel 251 a.C. aveva realizzato un ponte galleggiante temporaneo per trasportare gli elefanti da guerra catturati ai Cartaginesi a Palermo verso la penisola italiana. Il ponte era stato costruito tra Messana (l’attuale Messina) e Regium Julium (oggi Reggio Calabria), nel punto più stretto dello Stretto di Messina. La struttura non era un ponte stabile in muratura o legno, ma una passerella galleggiante composta da centinaia di botti vuote, legate a due a due, disposte in linea sul mare; sulle botti venivano posizionate delle travi di legno e uno strato di terra per creare un piano calpestabile; ai lati, robusti parapetti di legno per impedire agli elefanti di cadere in acqua. Alcune versioni riportano anche l’uso di barche intervallate tra le botti per rafforzare la struttura. Le principali fonti che riportano questo episodio sono Plinio il Vecchio e Strabone (controllando meglio mi convinsi poi che l’attendibilità storica dell’evento è in realtà piuttosto controversa: ma non gli dissi niente).

Giulio Tramontana nel giorno del suo 97° compleanno (2 giugno 2022)

Negli ultimi mesi di vita, a 98 anni di età, lavorava su un libro da intitolare “Il movimento indipendentista – Lo Statuto siciliano di autonomia speciale nella Confederazione italiana”, che avrebbe voluto dedicare alla memoria di Andrea Finocchiaro Aprile. Vi parlava della “storia millenaria della nazione siciliana, del ‘regnum Siciliae’, del Parlamento siciliano”, disquisiva sulla “rivoluzione intellettuale della società contro la partitocrazia per un nuovo Stato di diritto contro storture e ludibrio della attuale politica verso la Elettocrazia”, ribadiva le “fondamentali modifiche costituzionali proposte dall’uomo della strada, il più acuto degli elettori”. Di quest’opera inedita, che ribadiva con forza le idee di tutta la sua vita, restano le numerose cartelle dattiloscritte.

Giulio si spense il 26 dicembre 2023.

Alla Messa funebre, tenutasi due giorni dopo al Don Bosco, sua figlia Irene lesse un breve discorso commemorativo; eccone qualche stralcio: «Gentiluomo di stampo antico, caro papà, sei stato sempre affezionato ai tuoi periodi di gioventù trascorsi con impegno culturale ed anche politico, lavorando con trasparenza e assoluta moralità. Invero, speravi in una Sicilia migliore che assurgesse ad esemplare modello quale regione a statuto speciale. Tuttavia, dai tuoi scritti, a te tanto cari, dedicati ad approfondimenti e ad evoluzione storica e politica della tua regione, traspare delusione! Specialmente quella di trovarsi, col trascorrere del tempo e con il susseguirsi degli eventi, al cospetto dell’umana mediocrità, sovente ed evidentemente rappresentata da soggetti e personalità dimostratisi non all’altezza dei ruoli rivestiti! Sei stato figlio unico, nonché nipote unico amatissimo, appartenente a famiglia di antiche tradizioni nobiliari e morali, originaria di Castronovo di Sicilia. Hai avuto la fortuna di sposare – nell’ormai lontano 9 giugno 1956 – Mariuccia Nicolosi originaria di Lercara Friddi, donna di carattere e di sani principi, condividendo con lei la buona e la cattiva sorte, ossia periodi belli e meno belli! Mariuccia, la cui ampia parentela ti ha accolto con sincero affetto. Caro papà, io, Irene, tua unica figlia, ti ho sempre avuto quale amico e consigliere oltre che padre. Sei sempre stato affezionatissimo a mio marito Saverio e ad Andrea e Federico, tuoi carissimi nipoti, dei quali hai sempre seguito ogni evoluzione della loro vita personale e professionale! Da ultimo, caro Papà, per di più, sei stato anche felice bisnonno della piccola Lucia, raggio di sole nella nostra vita! Caro Papà, riposa in pace».

Si può solo aggiungere che sicuramente Giulio sarà ancora più contento oggi, vedendo dalla sua nuvoletta che un’altra bisnipotina, Sara, è già venuta al mondo, mentre un’altra è in arrivo… Sicuramente correrà alla sua Olivetti (di cui nell’aldilà non può non esistere una copia fedele) per aggiungere qualche capitolo di riflessioni, considerazioni, citazioni, progetti e proposte da destinare alle sue bisnipotine.

MARIO PINTACUDA

Palermo, 15 giugno 2025

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

1 commento

  1. Caro prof., il “sapere” come lo trasmette lei incanta, e stimola sempre di più a conoscere ed approfondire, grazie e buona domenica.

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