Un amico molto attento mi fa giustamente notare che non si deve parlare di “Festa della donna”, ma di “Giornata internazionale della donna”, poiché la motivazione alla base della ricorrenza non è una festività, ma la riflessione sulla condizione femminile.
Giustissimo e ineccepibile; del resto, come si legge nel Vangelo secondo Wikipedia, «La Giornata internazionale della donna (o Giornata internazionale dei diritti delle donne) è una ricorrenza internazionale che si celebra l’8 marzo di ogni anno e sottolinea l’importanza della lotta per i diritti delle donne, in particolare per la loro emancipazione, ricordando le conquiste sociali, economiche, politiche e portando l’attenzione su questioni come l’uguaglianza di genere, i diritti riproduttivi, le discriminazioni e le violenze contro le donne».
Consideriamo dunque tarocchi tutte le “memes” (si dice così? ora mi vengono dubbi in continuazione…) che da Internet stanno arrivando a fiumi alle donne che ci circondano e che fanno loro gli auguri per la “festa della donna”; e plaudiamo invece ai (pochissimi) messaggi politicamente corretti che le invitano invece a vivere bene la loro “Giornata”.
Al di là delle definizioni (io ricordo sempre quei rivoluzionari napoletani che, mentre le truppe borboniche restauravano l’assolutismo, discutevano ancora su come chiamare la loro repubblica, se partenopea o napoletana), sarebbe auspicabile che nei confronti delle donne tornasse un briciolo del rispetto, della galanteria e della devozione che si usava una volta.
Quando i nostri genitori insegnavano a noi maschietti ad alzarci quando entrava una donna (lo faccio ancora).
Quando alle donne si cedeva il posto negli autobus.
Quando ci si toglieva il cappello per salutarle.
Quando si apriva loro lo sportello dell’auto.
Quando si toglievano dalle loro mani i sacchetti della spesa.
Quando si servivano loro per prime a tavola.
Quando ci si inchinava nel salutarle.
Persino quando si baciava loro la mano (cosa che i “gentiluomini” all’antica non mancavano mai di fare).
Si dirà: sì, ma tutto questo coincideva con l’epoca del maschilismo, del paternalismo, della sopraffazione, dell’assenza di ogni emancipazione femminile e di ogni pari opportunità, ecc.
Sarà: ma io nella mia ormai settantennale esistenza non credo di aver mai visto un’epoca in cui, come ora, le donne (alla faccia della loro Giornata Internazionale odierna) siano così bistrattate, violentate, irrise, assassinate, private di ogni rispetto reale e, peggio, illuse e deluse.
Si spera dunque almeno che questa Giornata Internazionale (come è giusto dire) o Festa (come dicono i più) sia davvero un’occasione in cui si rifletta davvero sulla condizione femminile, al di là dei discorsi di facciata e delle considerazioni opportunistiche, con l’obiettivo di trasformare in fatti concreti le troppe parole di circostanza.