Sabato scorso sono tornato a Boccadasse, antico e incantevole borgo marinaro a pochi chilometri dal centro della mia città natale, Genova.
Secondo una leggenda, intorno all’anno 1000 alcuni spagnoli (fossero pescatori o avventurieri) naufragarono durante una tempesta e trovarono scampo in questa piccola baia tra le rocce. Il loro capo, tale “Capitan Donderos”, decise di stabilirsi per sempre nel luogo della salvezza, dando vita al borgo.
Oggi, arrivando dall’arioso Corso Italia, il bel lungomare di 4 km che parte dalla Foce, si scopre il borgo penetrandovi da un vicolo accanto alla chiesa di Sant’Antonio. E subito si è “aggrediti” da uno squarcio panoramico straordinario: il golfo, fino al monte di Portofino, e le casette colorate di Boccadasse aggrappate a una piccola baia.
La magica “apparizione” per me è resa ancor più bella dalla bandiera del Genoa che sventola su uno scoglio (occupato dai tifosi rossoblù quarant’anni fa ed eroicamente difeso da qualche infruttuoso tentativo di conquista doriana).
Nella piazzetta panoramica della chiesa, su una lapide si leggono questi versi del poeta e pittore genovese Edoardo Firpo (1889-1957), cui è intestato il magnifico belvedere: «O Boccadaze, quando a ti se chinn-a / sciortindo da-o borboggio da çittae, / s’à l’imprescion de ritorna in ta chinn-a / o de cazze in te brasse d’unna moae». («O Boccadasse, quando si scende a te / uscendo dal subbuglio della città, / si ha l’impressione di ritornare nella culla, / o di cadere fra le braccia d’una madre»).
Con le sue case dalle tinte pastello, strette le une alle altre intorno alla piccola baia, e con le sue pittoresche “crêuze” (i tipici viottoli stretti che si inerpicano sulle colline genovesi), Boccadasse sembra appartenere a un’altra epoca. In realtà, però, è quanto mai vitale: i pescatori vi continuano la loro antica attività e vi si trovano gelaterie (fra cui il famoso “Amedeo”), ristoranti e piccole gallerie d’arte; giovani e anziani vi si inoltrano senza barriere d’età, in cerca di un nuovo squarcio colorato, di una vista sempre diversa sul mare, di un odore o un suono particolari. Non c’è una volta che sia identico il contesto: ora il mare sornione lambisce pacato la riva sassosa, ora infuriato la sferza tempestoso, ora assume tutte le tinte del blu sotto i raggi del sole nelle varie stagioni.
Qui abitò per molti anni il cantautore Gino Paoli, che rievocò implicitamente quel periodo nella sua celebre canzone “La gatta”: “C’era una volta una gatta / che aveva una macchia nera sul muso / e una vecchia soffitta vicino al mare / con una finestra a un passo dal cielo blu…”.
Legata a Boccadasse è anche l’origine di un quartiere di Buenos Aires, “la Boca”, dove vivevano molti immigrati da Genova, parecchi dei quali erano originari del nostro borgo marinaro; e ancora oggi la squadra locale, il “Boca Juniors” (fondata da emigranti genovesi), porta nel retro della maglia la definizione originaria “Xeneizes”.
Secondo me è soltanto per la notoria garbata ritrosia dei liguri, per la loro indifferenza e fastidio per i clamori vacui, per il loro ironico “understatement”, che Boccadasse non è ancora stato proclamato “patrimonio dell’umanità”.
E per lo stesso motivo, assurdamente, molti ritengono erroneamente che andare a Genova significhi “vedere l’acquario”, misconoscendo e ignorando la quantità impressionante di bellezze panoramiche, artistiche, storiche, culturali che questa città offre.
E se vi si aggiunge (lo dice un palermitano adottivo, amareggiato dal modo in cui è tenuta la sua splendida città di residenza) un’amministrazione efficiente, un ottimo servizio di trasporto pubblico, la pulizia delle strade (“carugi” compresi), l’ottima qualità dei cibi e la cortesia discreta degli abitanti, credo che la “Superba” meriterebbe un numero di turisti esponenzialmente maggiore. Ma forse è meglio così: i suoi tesori continuano a offrirsi, discreti e spesso inimitabili, a un numero minore di persone, che però tornano poi a casa soddisfatti del loro soggiorno e “innamorati” di questa città.
Un’ultima nota: Boccadasse è diventata più nota da quando Andrea Camilleri vi ha stabilito la residenza di Livia Burlando, la “storica” eterna fidanzata del commissario Montalbano.
Il personaggio fu creato in omaggio al ricordo di una ragazza di Boccadasse conosciuta da Camilleri nel 1949 (cfr. “Il Mattino”, 23/6/1998); Camilleri del resto non aveva mai nascosto il “grande amore” per Genova: “una città in cui ho lavorato e fatto splendidi incontri” (addirittura nel romanzo “La mossa del cavallo” il protagonista parla inizialmente il dialetto genovese).
Eppure, nei romanzi di Montalbano, Boccadasse è per il commissario un luogo di soggiorno momentaneo, che non riesce a fargli dimenticare la sua Vigàta: e manca una descrizione adeguata, in Camilleri, del fascino unico del borgo genovese (dal quale Montalbano sembra sempre voler scappare via per tornare al suo villino di Marinella).
Occorrerà un’altra penna, allora, per dare a Boccadasse quel che è di Boccadasse; nell’attesa accontentiamoci delle immagini uniche di questo splendido borgo.
Ho divulgato queste splendide pagine a turisti ignari ma interessati a scoprire Boccadasse e Genova. Grazie professor Pintacuda del ricordo di Boccadasse.
Grazie a Lei per la sua attenzione.