Alcuni giorni fa avevo avuto modo, in un mio post su Facebook, di lamentare l’assenza di ogni decorazione natalizia a Palermo, dovuta ai gravi problemi finanziari del Comune. Riferivo però che cittadini e commercianti si stavano attivando per sopperire alla “totale assenza di pianificazione e di risorse da parte dell’amministrazione” (così la definiva Patrizia di Dio, presidente della Confcommercio di Palermo).
Oggi possiamo finalmente rallegrarci per una buona notizia: da ieri al centro della città, piazza Politeama, è stato acceso un bell’albero di Natale, sia pure nella forma alternativa di “installazione artistica”: come si legge oggi nel “Giornale di Sicilia”, «l’albero di Natale in piazza Politeama è finalmente realtà. Dopo le prove tecniche di mercoledì, ieri pomeriggio l’installazione dell’azienda IDock è stata accesa. Luci dorate e bianche nel corpo centrale della struttura in metallo e blu notte nei contorni perimetrali, lo stesso colore della stella di Natale posta alla fine di questo albero di 18 metri. Dopo una corsa contro il tempo, la città è riuscita ad avere il simbolo delle feste di fine anno nel cuore del centro. E questo grazie all’impegno delle associazioni di categoria (Confcommercio, Confesercenti, Confindustria, Confartigianato e Ance) che nei giorni scorsi si sono fatte avanti per dare una mano al Comune a corto di soldi per addobbare la città a festa. Un’iniziativa in sinergia con l’assessore alle Attività produttive Cettina Martorana, la quale, ieri al Politeama, ha voluto sottolineare anche l’impegno delle aziende partecipate che hanno dato il loro contributo per mettere in piedi questa imponente struttura che da qualche giorno incuriosisce i palermitani».
Il sindaco Orlando, presente ieri al Politeama insieme al vicesindaco Fabio Giambrone e ai rappresentanti delle categorie, ha colto l’occasione per compiacersi del risultato: «Insieme abbiamo fatto sistema, comunità. È il modo migliore per festeggiare il Natale e confermare l’amore per la città». Emblematica consacrazione del criterio dell’“armiamoci e partite”, che però a me non suona nuova.
Ricordo che un sindaco di Bagheria aveva la consuetudine, quando vedeva in paese qualcosa che non andava, di dichiarare sdegnato (ovviamente in dialetto siciliano, unica lingua utilizzata in quella sede) “Ma chi fìciru?” (= “Ma che hanno fatto?”).
Quando invece notava qualcosa che andava bene e funzionava, cantava vittoria dicendo: “’U viri chi fìcimu?” (“Lo vedi cosa abbiamo fatto?”).
L’uovo di Colombo: quello che non va lo hanno fatto gli altri, quello che va lo abbiamo fatto noi. Fare il politico dalle nostre parti è la cosa più semplice del mondo, appena si imparano due-tre meccanismi di base…
Alla lieta notizia dell’inaugurazione dell’installazione natalizia (le cui lampade, va detto, “sono state direttamente fornite dalla stessa azienda che illumina la Torre Eiffel”), se ne contrappone, nella stessa città di Palermo, una assolutamente negativa.
Un’ordinanza dell’Ufficio Traffico ha compromesso seriamente la mobilità sul famigerato Ponte Corleone sulla circonvallazione di Palermo e rischia, da lunedì prossimo, di fare collassare definitivamente il già tentacolare traffico della città.
Questo ponte (lo spiego ai non palermitani) attraversa il fiume (chiamiamolo così…) Oreto, permettendo alla circonvallazione di valicare l’ostacolo. Palermo è priva di una tangenziale (in questo Catania le è nettamente superiore), ma possiede un’arteria trafficatissima, impercorribile, invivibile, ovviamente chiamata “Viale Regione Siciliana” (“nomina sunt omina”, i nomi sono presagi), che tormenta giornalmente migliaia di sventurati pendolari e lavoratori costretti a percorrerla a passo d’uomo, se non di formica.
Ebbene, esiste una relazione tecnica sui problemi strutturali del ponte, realizzata dalla “Icaro progetti” (altro “nomen omen”, che allude allo sventurato figlio di Dedalo che – antesignano degli automobilisti palermitani – tentò invano di scappare dal labirinto volando).
Questa relazione, sollecitata da circa un anno (ma già un documento del 2006 segnalava il problema), è finalmente stata partorita: è un documento di due pagine (gli “icarioti” sono piuttosto laconici…) che denuncia il “forte degrado” della struttura e parla di una “vistosa e preoccupante lesione su un pilastro” e “infiltrazioni che proseguono nella fessura del pilone”.
I tecnici (geniali) consigliano di “innalzare a 60 km orari la velocità in modo da ridurre il traffico e fluidificarlo perché non è consigliabile lo stato attuale, in cui il ponte appare sovraccaricato”; e già si è deciso (con mirabile coerenza) che sul ponte “potranno passare anche i mezzi pesanti fino a 44 tonnellate che prima erano esclusi”.
Prezzo da pagare sarà la riduzione, in entrambi i sensi, a una sola corsia, nella quale andranno a imbottigliarsi le tre corsie + corsia laterale che precedono il ponte. Un ovvio, inesorabile e ineluttabile effetto a imbuto. Facilmente prevedibili code chilometriche nella sventurata zona, con tempi biblici di superamento del ponte e nella consueta totale assenza di vigili urbani (imboscati in ben più natalizi uffici) e polizia stradale (intenta semmai a controllare l’autovelox e a sanzionare lo sventurato di turno).
Il segretario provinciale della Filca Cisl, Francesco Danese, sbotta: «L’immobilismo dell’amministrazione rispetto alla situazione di grave pericolo in cui versa il ponte Corleone è vergognoso e non è più accettabile che, da mesi ormai, non si preveda un percorso di viabilità alternativo, condannando i cittadini ad un traffico infinito e un’attesa in coda snervante».
Inutile dire che di reali soluzioni al problema non si vede traccia; e che l’incubo di una drammatica riedizione della tragedia genovese del Ponte Morandi non viene citato espressamente solo per scaramanzia.
Verrebbe da dire: “Ma chi fìciru?”; ma resta la speranza tenace e irrazionale che un giorno qualche amministratore oculato (espressione qui sempre più ossimorica), trovata una quadratura del cerchio, possa dire, a problema risolto: “’U viri chi fìcimu?”.