Ma quale pioggerellina!

«Che dice la pioggerellina

di marzo, che picchia argentina

sui tegoli vecchi

del tetto, sui bruscoli secchi

dell’orto, sul fico e sul muro

ornati di gemmule d’oro?

Passata è l’uggiosa invernata,

passata, passata!»

Così poetava un tempo il ligure Angiolo Silvio Novaro (Diano Marina 1866 – Oneglia 1938), che come si vede attribuiva voce e sentimenti alla “pioggerellina di marzo”, facendole anche proclamare – con il suo monotono tintinnio – la fine dell’uggioso inverno.

Angiolo Silvio Novaro

Molta pioggia è passata da allora sotto i ponti.

Oggi, 1° marzo dell’anno venti-ventidue (continuo a credere che chiamare in questo modo anglosassone gli anni porti jella), qui a Palermo “sdilluvia”.

La app “Il meteo” segnala in questo momento “piogge abbondantissime”; e posso confermarlo, aggiungendo che qui, in pieno centro città, il mio termometro esterno segna in questo momento 7° (per le nostre latitudini un freddo semicanino).

Il cielo siciliano, così brutto quando è brutto, è nerissimo. Soffia un vento gelido e mi pare di dovermi vedere comparire davanti (come nella famosa pagina del “Gattopardo”) Tancredi Falconeri con il suo amico “continentale”, il conte Cavriaghi, quest’ultimo che proclama con la sua “insopprimibile erre moscia”, allibito, il trionfo di un imprevisto Giove Pluvio siciliano: «E pensare che a me avevano detto che quaggiù da voi non pioveva mai!». Del resto, anche allora – come scrive Tomasi di Lampedusa – «pioveva fitto, imperversava un maestrale umido che spingeva rabbiosi schiaffi di pioggia sulle finestre; lontano si udiva un rotolare di tuoni».

Passerà.

Post nubila Phoebus.

Tornerà il sereno. Speriamo non solo qui a Palermo. C’è bisogno di una schiarita più franca, più ampia, più universale. Non vediamo l’ora di posare gli ombrelli. Questa “uggiosa invernata” (dal covid in poi) dovrà prima o poi cedere il campo all’agognatissima primavera.

«Ciò dice la pioggerellina

sui tegoli vecchi

del tetto, sui bruscoli secchi

dell’orto, sul fico e sul moro

ornati di gemmule d’oro.

Ciò canta, ciò dice;

E il cuor che l’ascolta è felice».

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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