Trento: bocciati senza stigma

Come si legge nell’edizione locale del “Corriere della Sera”, al liceo delle scienze umane “Antonio Rosmini” di Trento in una delle classi di V anno «ben sei su 23 alunni non sono stati ammessi alla maturità. Un fatto inedito che ha fatto schizzare la percentuale dei bocciati della sezione dal 3%, media del Trentino e del resto d’Italia, a un eccezionale 26%».

Il dirigente scolastico, che si appresta ad andare in pensione, è riuscito a creare un ingegnoso eufemismo per definire gli alunni non ammessi agli esami: «Non chiamateli bocciati.  Preferisco definirli studenti che hanno la possibilità di fare un percorso per approfondire alcune competenze. Non è uno stigma, ma un bisogno a cui dobbiamo rispondere».

A questo punto, mi immagino il dialogo fra due ragazzi:

«Ciao. Ho saputo che ti hanno bocciato»

«Ma quando mai! Che dici! Mi è stata invece data la possibilità di fare un percorso per approfondire le mie competenze!»

«Ah, ok!» [frase dilagante nel mondo contemporaneo, pronunciata su tre note con lieve cantilena]

«E comunque non è uno stigma».

«Su questo non avevo dubbi. Anche perché uno stigma non saprei proprio dirti che cos’è».

«No, non è uno stigma; era un bisogno (impellente, quasi fisiologico) a cui si doveva dare una risposta».

«Ah, ok!» [c.s.]

Altro che le “Tragedie in due battute” di Achille Campanile!

Ma la notizia non finisce qui: il Preside del mancato stigma parla di «scelta difficile ma necessaria», corredata da una sana opera apostolica del “corpo docente”, che si è premurato di stabilire un “ripasso” «per garantire un percorso formativo completo che consenta ai ragazzi di affrontare al meglio il futuro».

Del resto, «due ragazzi non avevano la frequenza necessaria, il 75% del monte ore scolastico, e non sono stati valutati né ammessi ai voti, come previsto dalla legge» (chissà che cosa ha fatto la scuola per riportare a scuola questi latitanti nel corso dell’anno scolastico).

E poi, diciamola tutta, c’è un colpevole immancabile su cui “scaricabarilare” la colpa di tutto: «Il loro secondo anno è coinciso con la pandemia e per legge non è stato bocciato nessuno. L’anno dopo, in terza, si alternavano lezioni in presenza e didattica a distanza, quarantene e lockdown, e anche l’anno dopo abbiamo soprasseduto su alcune valutazioni per dare il tempo agli studenti di recuperare».  Ma quest’anno, dice l’articolo, «i nodi sono venuti al pettine».

Certo, ma almeno “non è uno stigma”: le stimmate lasciamole ai santi.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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