Nel 1980 mio padre, il M° Salvatore Pintacuda, che era stato docente di Storia della Musica e Bibliotecario al conservatorio “Paganini” di Genova dal 1950 al 1976, pubblicò un volume intitolato “Il conservatorio di musica Nicolò Paganini di Genova”, edito dalle Edizioni Sabatelli.
Come scriveva nella premessa (datata “giugno 1979”) il M° Gianni Ramous, allora Direttore del “Paganini”, «i 150 anni di vita che compie quest’anno il conservatorio di Musica “Nicolò Paganini” di Genova, quello che all’origine fu la Scuola gratuita di Canto e Instrumentale e poi il Civico istituto di Musica, meritavano un particolare e riconoscimento ed un giusto richiamo. Proprio col presente volume si è voluto da parte dell’Autore e dell’Editore portare a conoscenza di un vasto pubblico la storia di questa gloriosa istituzione attraverso un’opera di ricerca e documentazione cui il prof. Salvatore Pintacuda ha dato vita con rigore d’indagine e ricchezza di elementi conoscitivi. In questo modo ha preso corpo un libro dove l’Autore riesce a darci, in ordine cronologico e piacevolmente, non solo l’idea di quello che è stato il succedersi della vita di questa Scuola, dalle origini fino ai giorni nostri, talvolta accompagnandolo con corollari di curiosità, ma anche ad informarci delle sue attività e dei nomi famosi che diedero lustro all’Istituto».
Nelle prime pagine del volume, l’autore ricordava la nascita della “Scuola gratuita di canto” a Genova nel 1829; io però ho trovato copia di una “comunicazione” che mio padre pronunciò in occasione di una delle presentazioni del libro, in cui compaiono notizie più ampie e circostanziate su questa Scuola, che si rivelò fondamentale per la formazione musicale di allieve e allievi, per il legame con il Teatro “Carlo Felice”, per la quantità e la qualità delle periodiche “Accademie vocali e strumentali”. Da questa Scuola derivò anche la costituzione di un’orchestra stabile (che fu cronologicamente la prima in Italia) guidata per un ventennio da Angelo Mariani.
Riporto qui di seguito, per gli studiosi di quel periodo storico e della cultura musicale genovese, la “comunicazione” di mio padre, che risale al 1979.
Comunicazione del Prof. SALVATORE PINTACUDA
Il 1828 fu certamente un anno molto importante nella storia artistica e musicale di Genova perché segnò l’inaugurazione del Teatro “Carlo Felice”; ma non meno importante fu l’anno 1830, per il progresso della cultura e dell’arte genovese, perché segnò la nascita della prima Scuola professionale di musica. Questi due avvenimenti, in apparenza indipendenti l’uno dall’altro, hanno invece uno stretto legame storico, artistico ed economico; infatti fra teatro e scuola venne ad attuarsi ben presto una coordinata interdipendenza di rapporti che si prolungò e si ampliò negli anni per oltre un secolo.
Era stata l’esigenza di formare i quadri operativi per il nascente massimo tempio della lirica a determinare l’urgente necessità di creare a Genova un vivaio di strumentisti e can- tanti cui attingere permanentemente. A tale esigenza corrispose in modo più che soddisfacente il nuovo Istituto musicale, per cui non può concepirsi una efficiente vitalità del “Carlo Felice” – specialmente nei primi anni di attività – senza l’apporto didattico e professionale della civica Scuola di musica.
Per questa ragione ci sembra doveroso, mentre si celebrano felicemente i centocinquant’anni di vita del teatro, ricordare anche la Scuola, le sue origini, il suo primo sviluppo, il suo contributo di vitalità artistica capace di suscitare influenze notevoli sull’attività musicale cittadina.
E per ritrovare il germe primo che determinò la nascita di questa Istituzione, bisogna risalire alla serata inaugurale del nuovo teatro “Carlo Felice” e proprio all’esecuzione – presente l’autore – della Bianca e Fernanda belliniana.
“L’opera ha fatto l’effetto desiderato” scriveva Bellini al Florimo riferendosi al successo con cui “tutte le bellezze genovesi e forestiere in gran sfoggio” salutarono la sua opera la sera del 7 aprile 1828.
Secondo Bellini “l’effetto desiderato” era stato conseguito per esclusivo merito della sua musica e per la bravura dei cantanti (il soprano Tosi, il tenore David, il baritono Tamburini), mentre l’orchestra era “un orrore“: stonata e mal guidata dal primo Violino.
Purtroppo aveva ragione Bellini. In realtà, agli inizi dell’Ottocento, cantanti e strumentisti si facevano sempre più rari a Genova, cosicché, costruita che fu in soli due anni la magnifica sala del Barabino, non sì provvide in tempo e a sufficienza per assicurare al nuovo teatro il pieno funzionamento e la vitalità. La dote assegnata per il finanziamento degli spettacoli (Lire 100.550) era troppo esigua per poter far fronte ai bisogni del teatro appena sorto e a subirne le inevitabili conseguenze furono specialmente il coro e l’orchestra che, fin dallo spettacolo inaugurale, rivelarono gravi insufficienze esecutive. Pur attingendo ad elementi “forestieri” l’impresa non fu capace di approntare una orchestra efficiente e un coro passabilmente omogeneo.
In verità anche in passato c’erano stati periodi di paurose deficienze. Durante quel glorioso cinquantennio di prodigiosa attività operistica che precedette l’apertura del “Carlo Felice” non sempre l’orchestra e Il coro dei teatri S. Agostino e Falcone si mostrarono all’altezza della situazione. Però, tranne qualche debole disapprovazione del pubblico e qualche vigorosa protesta sulla “Gazzetta di Genova”, tali inconvenienze teatrali non ebbero mai un efficace e duraturo rimedio.
Ma finché la faccenda interessò quei teatri minori e finché si trattò di allestire spettacoli del corrente stile operistico settecentesco e primottocentesco, gli effetti di tali carenze non furono giudicati così gravi da correre urgentemente ai ripari. Ora però, fin dallo spettacolo inaugurale, due principali fattori rendevano paurosamente evidenti le gravi menomazioni in cui venivano a trovarsi i complessi corali e orchestrali.
Primo fattore: la considerevole importanza che veniva ad acqui stare l’attività lirica cittadina col sorgere del nuovo grande teatro, esigente un livello esecutivo che trascendesse i ristretti limiti di un mediocre provincialismo.
Secondo fattore: la musica di Bellini, così dissueta e difficile da penetrare, così espansiva e fluente negli abbandoni, profonda pur nell’affettuosa semplicità delle immagini melodiche, chiara e scandita nella levigata lucentezza dei disegni ritmici e perciò insofferente, più di ogni altra musica, di menomazioni, sfasamenti e incertezze esecutivi, assolutamente refrattaria a ogni deplorevole accomodamento.
Il primo Violino Giovanni Serra definiva questa musica “ragionata e piena di Filosofia”, tanto diversa da quella rossiniana e certamente più ardua da concertare e dirigere. E infatti, scrive sempre Bellini: “l’orchestra con me andava non tanto male, ma col primo Violino, che sebbene bravo non è tanto pratico, fanno delle grandi coglionerie“.
Fu questa scoraggiante situazione a creare le premesse per la fondazione a Genova di un istituto che avesse lo scopo di procurare bravi elementi, coristi, strumentisti e cantanti, necessari all’attività del nuovo teatro; un Istituto fondato su solide basi, con serietà d’intendimenti e garanzia di durata.
Già da tempo l’ispettore di palcoscenico del teatro S. Agostino. maestro Antonio Costa, meditava sulla necessità di creare un istituto apposito i cui allievi potessero offrire un apporto non trascurabile alla formazione dei cori nei teatri d’opera, ma l’ostacolo maggiore per l’attuazione di questo proposito era costituito dalla difficoltà di assicurarsi i mezzi necessari per il finanziamento della scuola. Ora però le condizioni ambientali erano favorevoli e certo, dopo la rappresentazione di Bianca e Fernando, non fu difficile al Costa far capire a quanti potessero averne interesse (primo fra tutti all’ Impresario dei Teatri) che la sua iniziativa era degna della massima considerazione e tale quindi da essere incoraggiata col soccorso di aiuti morali e materiali.
Come musicista Antonio Costa godeva di una certa rinomanza, avendo al suo attivo numerose composizioni strumentali e vocali, fra cui un’opera buffa, Il Marchese immaginario, rappresentata con molto successo nei teatri di Genova e Venezia. Inoltre la carica di Ispettore di palcoscenico gli consentiva di mantenersi a contatto coi numerosi patrizi che facevano parte della Sopraintendenza agli spettacoli. A costoro egli espose il suo progetto e facendo appello al “patrio zelo filarmonico” di questi ragguardevoli personaggi ne ottenne l’assistenza morale e un primo contributo finanziario.
Ma il passo più importante e decisivo per la costituzione di una scuola professionale di musica fu un contratto stipulato il 5 ottobre 1829 tra l’impresario Granara e il Costa per dar vita a uno “Stabilimento istruttivo di musica vocale tanto per maschi che per femmine e per incoraggiare coloro i quali fossero intenzionati di applicarsi nello studio suddetto“.
L’impresario si impegnava di valersi a partire dalla stagione 1830-31 “di quindici allievi maschi ed un loro maestro per direttore, per farli cantare, vestiti con gli abiti teatrali. in qualità di coristi tenori e bassi, nelle opere in musica, che si rappresenteranno nei Teatri di Genova nelle stagioni di carnevale e primavera, corrispondendo al sig. Costa franchi duemiladuecentoquaranta in ciascheduna delle dette due stagioni per ripartirli nel modo che meglio stimerà“.
L’accordo si estendeva anche a “dodici fra le allieve e dodici fra i giovinetti alunni” e inoltre: “tosto che ci sarà qualche allievo, sì maschio che femmina, che possa essere in caso di agire e cantare lodevolmente le seconde parti nelle opere, promette il Sig. Granara di valersi di esso almeno per una o due stagioni, assegnandogli franchi trecento per ogni stagione“.
Nacque così la “Scuola gratuita di canto” e la “Gazzetta di Genova” del 12 dicembre 1829 ne dava l’annuncio: “Una Scuola gratuita di canto, onorata della superiore sanzione, protetta dagli efficaci auspici di ragguardevoli personaggi, e in parte sostenuta da volontarj loro sussidj, vedremo aprirsi fra poco: essa verrà posta in attività il 2 del prossimo gennajo. Oltre i risultati immancabili e favorevoli al progresso fra noi dell’arte del canto, le disposizioni adottate assicurano fra non molto agli allievi dei convenienti vantaggi pecuniarj a titolo di incoraggiamento. Tre maestri sono scelti fra i migliori e più adattati; l’insegnamento delle femmine sarà sempre sorvegliato da una saggia e proba signora“.
Aperte le iscrizioni, gli aspiranti affluirono in numero superiore alle previsioni. Da un elenco nominativo degli allievi che sostennero gli esami di ammissione apprendiamo che presentarono domanda 52 tenori e bassi, 46 ragazzi e 29 ragazze. Fra i primi alunni ammessi a frequentare la Scuola troviamo un nome già degno di attenzione: è il nome di un ragazzo di dodici anni, figlio di un macchinista del Teatro “Carlo Felice”, nipote del celebre pittore e scenografo Michele Canzio; un alunno che si distinguerà presto per la sua spiccata musicalità e prontezza d’ingegno: Michele Novaro. il futuro autore di musiche sinfoniche e da camera. d’un’opera buffa in dialetto genovese e del celebre inno “Fratelli d’Italia” su versi di Goffredo Mameli.
I primi anni di vita dell’Istituto furono molto difficili. Le modeste entrate si rivelarono presto insufficienti a consolidare le basi e ad assicurare un assetto più conveniente alla nascente Scuola. Ma le disavventure finanziarie non impedirono i progressi artistici. Già nel secondo anno di attività la scuola aggiunse all’insegnamento della musica vocale l’insegnamento della musica strumentale.
I legami fra scuola e teatro si intensificarono sempre più e la “Gazzetta di Genova” del 22 aprile 1835 poteva scrivere orgogliosamente: “Assai presto dalla Scuola uscirono alunni che già si fecero giustamente applaudire nei cori del nostro gran Teatro, giungendo a quel grado di esatta esecuzione di cui a giudizio di molti non vantano ancora l’uguale gli altri principali teatri d’Italia”.
A rendere più stretti i vincoli fra l’Istituto e il “Carlo Felice” contribuiva il fatto che molti degli insegnanti erano anche professori dell’orchestra del teatro. I violinisti Carlo Sampietro, Agostino Dellepiane, Camillo Sivori, Giuseppe Bacigalupo, Agostino Bolliacini, il clarinettista Giovan Battista Gambaro (che fu anche primo clarinetto all’Opera italiana di Parigi), il fagottista Lorenzo Lasagna (citato dal Fétis), il cornista Giuseppe Corbellini, zio dell’ altro Corbellini, arpista e direttore dei cori, furono esecutori di riconosciuto valore artistico che cooperarono al consolidarsi dell’Istituto dando ai vari corsi quell’indirizzo di serietà e severità che costituì la premessa per un sicuro avvenire della scuola.
In sostanza furono creati in poco tempo quei rapporti fra studio e lavoro, dottrina e pratica, istruzione e professione, che reciprocamente giovarono alle due istituzioni. La Scuola, creata dal Costa in funzione di una precisa realtà artistico-economica, fu la fonte viva da cui il teatro trasse elementi preziosi per i suoi organismi corali e strumentali e, in virtù di tali vicendevoli vantaggiosi contatti, l’autorità dell’Istituto procedette sempre di pari passo con il prestigio del massimo teatro lirico cittadino.
A dimostrazione di ciò, non è senza significato il fatto che ai saggi scolastici della Scuola parteciparono spesso artisti di grande valore, “virtuose” e cantanti celebri del “Carlo Felice”, i quali accettavano volentieri di esibirsi fianco a fianco con gli allievi in periodiche Accademie vocali.e strumentali. Fra gli artisti più famosi che cantarono nell’Istituto sono da ricordare: Henriette Méric-Lalande, Bernardo Winter, Eugenia Tadolini, Emilia Tosi, Erminia Prezzolini e le genovesi Luigia Abbadia e Teresa Parodi.
Fra le esecuzioni di notevole importanza artistica, che certamente suscitarono nella città fervore d’interesse e costituirono un valido contributo al progresso della cultura musicale genovese, sono da segnalare: La Creazione di Haydn, lo Stabat Mater di Rossini, Il Giudizio universale di Raimondi, La Passione di Nostro Signore dello Zingarelli, il Miserere di Donizetti. l’opera Clementina e Roberto del compositore genovese Francesco Gnecco.
Ma l’apogeo di questa felice collaborazione didattico-artistica fu raggiunto nel 1860, quando il gran numero di ottimi allievi licenziati dalla Scuola favori l’attuazione di un ambizioso progetto da tempo vagheggiato: la costituzione di un’orchestra stabile. Genova deve proprio al suo Istituto musicale se può vantarsi di essere stata la prima città italiana a formare un complesso stabile che, guidato per un ventennio da un direttore d’eccezione, Angelo Mariani, raggiunse il più alto grado di perfezione esecutiva. Rileviamo infatti che quando il Mariani diresse a Bologna le prime edizioni italiane del Lohengrin e del Tannhäuser volle con sé i migliori elementi dell’orchestra genovese, e questo è un segno evidente dell’eccellenza degli esecutori (in gran parte professori, ex allievi ed allievi della Scuola) che costituivano l’orchestra stabile genovese.
Alla Arte di Antonio Costa, avvenuta il 7 gennaio 1849, il Comune di Genova decise di far suo l’Istituto, assumendone la gestione diretta e accettandone ogni aggravio finanziario. Da allora si sono succeduti nella direzione i maestri: Francesco Sanguínetì, Giovanni Serra, Serafino Amedeo De Ferrari, Vincenzo Noberasco, Carlo Del Signore, Giovanni Battista Polleri, Emilio Linari, Pasquale Montani, Luigi Cortese, Salvatore Pintacuda, Gino Contilli e Gianni Ramous (attualmente in carica).
Soltanto nel 1904 la Giunta comunale di Genova decise, con voto unanime, di assegnare al Civico Istituto di musica il nome di “Niccolò Paganini”. Verranno poi il pareggiamento ai Conservatori di Stato (nel 1933) e la statizzazione (nel 1967).
Divenuto Conservatorio statale il “Paganini”, ricco di tradizioni e di un immenso patrimonio ideale, prosegue il suo camino in consonanza coi tempi nuovi.
L’Istituto ha oggi un secolo e mezzo di vita: in tanti anni non sono mancati periodi critici, di smarrimento e di travagliata inquietudine. Ma anche nei momenti più difficili la Scuola seppe tener fede ai suoi ideali e ai suoi compiti educativi e sempre essa poté vantarsi di avere al suo servizio Direttori e maestri d’indiscussa bravura i quali, oltre a svolgere la loro intensa attività artistica e professionale, si sono dedicati con amore e passione all’educazione tecnica e artistica dei giovani, consapevoli di collaborare ad un’opera nobilissima: il progresso della Scuola per il bene della cultura e dell’arte di Genova.
SALVATORE PINTACUDA
1979