Autunno palermitano

Dopo mesi di calura

a Palermo si respira:

cielo grigio e nuvoloni

con rovesci e temporali,

vento fresco di maestrale,

qualche fulmine boreale.

Già il Palermitan si lagna,

si imbacucca ma si bagna,

già del fresco si lamenta

ed a rassegnarsi stenta.

Quando i gradi sono venti

qui son pianti, lagne e stenti:

i giacconi riesumati

sembran tutti un po’ spaesati.

C’è chi ha già dimenticato

quattro mesi tropicali,

col termometro a quaranta

e la cappa soffocante.

Nel frattempo il gran sovrano,

il gran sole siciliano,

si concede un po’ di ferie

arretrate e poco serie.

Già Lucifero e Caronte,

gli anticicloni australi,

son tornati nel Sahara

fra cammelli e beduini.

Pioverà per quattro giorni

qui a Palermo e nei dintorni:

ah che grande beneficio

per campagne e invasi vuoti!

Ma c’è già chi si deprime,

chi del sole è in astinenza,

chi non sa mai starne senza,

chi a Milano già si sente,

chi del caldo mai si pente,

chi rimpiange le infradito

e le brioche con il gelato,

le minestre ai tenerumi,

babbaluci e melanzane.

Qui l’autunno è uno straniero

che non sembra neanche vero:

giunge sempre di soppiatto

e da tanti è maledetto,

sopportato a malapena,

denigrato ed anche odiato

con rimpianto dell’estate.

Io però, stando ben zitto,

dell’autunno apprezzo tutto:

l’aria fresca e ripulita,

la temperatura umana,

i colori meno accesi

ed i giorni meno estesi.

Tanto, tornerà l’estate;

tanto, fugge vorticoso

questo nostro tempo breve:

dall’estate al breve autunno,

dall’inverno a primavera,

fino a un’altra calda estate.

Non dovremmo avere fretta

di tornare a sentir caldo,

perché quando ciò accadrà

un altro anno passerà.

Resta ancora, autunno caro:

anche se il palermitano

ti rifiuta e ti deplora,

tu rimani un poco ancora.

Ti offriremo dei tetù,

muffuletti e mustaccioli,

i biscotti a San Martino

e le olive ormai raccolte.

Non avere fretta, resta:

qui – vedrai – è sempre festa;

ed il sole al suo ritorno

sarà docile e clemente.

Resta, aspetta. Vedi? È bello

stare qui. Basta un ombrello.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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