L’ora legale

Questa notte è tornata l’ora legale.

In genere la prima domenica “legale” coincide con l’inizio della primavera, con la piacevole sensazione della luce e dei primi tepori. E per l’appunto oggi a Palermo soffia un vento teso da sud-est, che riporta un po’ di caldo e tenta così di ripristinare sull’isola il controllo che da un paio di mesi gli è stato sottratto da un inverno particolarmente freddo (almeno per i nostri parametri subtropicali abituali).

In Italia l’ora legale nacque come misura di guerra nel 1916 e rimase in uso fino al 1920. Dal 1940 al 1948 fu abolita e ripristinata diverse volte a causa della seconda guerra mondiale; venne poi adottata definitivamente con la legge 503 del 1965 e fu applicata per la prima volta nel 1966. Durava allora quattro mesi, dall’ultima domenica di maggio all’ultima domenica di settembre: e quell’anno restò in vigore dal 22 maggio al 24 settembre.

Io me lo ricordo benissimo, quel 1966. Avevo 12 anni ed ero meravigliatissimo da quel sole che non tramontava mai: a Genova ai primi di giugno il sole tramontava poco dopo le 21: mi sentivo in Scandinavia. Anche dopo il tramonto rimaneva nell’aria una sorprendente e incredibile chiarìa: la luce non voleva morire, non si arrendeva mai; e anche quando doveva necessariamente soccombere e farsi da parte, era pronta a riemergere trionfalmente alle 7 della mattina dopo.

La durata dell’ora legale fu estesa a sei mesi nel 1980, anticipandone l’inizio alla prima domenica di aprile; dal 1981 iniziò all’ultima domenica di marzo ed un ulteriore prolungamento è stato introdotto nel 1996, insieme con il resto dell’Europa, quando la fine fu spostata all’ultima domenica di ottobre.

Un paio d’anni fa i paesi europei hanno discusso sul mantenimento o meno dell’alternanza ora legale/ora solare (ah che bei tempi, quelli in cui si aveva tempo di pensare a problemi del genere…). E ci si scontrava inevitabilmente tra chi, rispettoso dei ritmi naturali, era favorevole all’ora solare tutto l’anno e chi invece, attento alle dinamiche sociali e produttive, si schierava a favore dell’ora legale costante.

Noi Italiani, al solito, abbiamo deciso salomonicamente, schierandoci per il mantenimento dello “status quo”.

A proposito di ora legale, come è noto alcuni anni fa i bravissimi Ficarra e Picone hanno realizzato un divertentissimo e non banale film sull’argomento, intitolato appunto “L’ora legale”.

La vicenda, per chi non lo sapesse, si svolge in un paese immaginario della Sicilia, Pietrammare (nella realtà Termini Imerese); fino a quel momento il paese è stato guidato da politici corrotti e opportunisti come l’ultimo sindaco Patanè (“vota sempre Patanè / senza chiederti perché”). Ma il nuovo sindaco Pierpaolo Natoli (interpretato da Vincenzo Amato), appena eletto, modifica nettamente le cattive abitudini, imponendo la regolarizzazione di tutto ciò che è contro la legge: combatte dunque l’abusivismo, il mancato rispetto della differenziazione dei rifiuti, l’inquinamento industriale, il degrado urbano, l’evasione fiscale.

Questo terremoto politico appare come una minaccia agli abitanti del paese, abituati all’uso spregiudicato di favoritismi illegali e alla convivenza con la corruzione e il malaffare. Tra questi sono i due protagonisti, Salvatore e Valentino (cognati del neo-eletto), proprietari di un chiosco semiabusivo, che saranno trattati esattamente come gli altri cittadini. Alla fine, Natoli viene costretto a dimettersi e l’ex sindaco Patanè torna a governare il paese dopo pochi mesi, in perfetta coincidenza con la fine del periodo dell’ora legale.

Il film ha momenti davvero esilaranti e battute fulminanti; ne cito una sola: quando un venditore abusivo nella pubblica piazza si sente chiedere dai vigili chi gli abbia dato la licenza, candidamente risponde: “Mio padre”.

[A proposito dell’abusivismo, ricordo sempre un aneddoto in proposito. Qualche anno fa mi trovavo su un vaporetto di Venezia (il corrispettivo acquatico dei nostri autobus). Salirono a bordo i controllori a verificare i biglietti. Un ragazzo ne risultò sprovvisto. Quando fu attorniato dai controllori, gli altri passeggeri lo guardarono con palese disprezzo: era uno che violava la legge, giustamente punito per un’innegabile infrazione. Fu multato e costretto a scendere alla fermata successiva; e, mentre scendeva, un anziano signore gli urlò con sdegno: “Abusivo!”.

E io pensai immediatamente che se quel nobile discendente dei dogi della Serenissima fosse vissuto a Palermo, questo grido lo avrebbe lanciato a ogni angolo di strada: “Abusivo tu, e tu pure, e tu anche!”. E si sarebbe meravigliato vedendo che su un autobus sono i controllori ad essere additati al pubblico disprezzo come “cornuti e sbirri”, non certo i non quantificabili innumerevoli abusivi che viaggiano a scrocco.]

L’ora legale è arrivata. Durerà fino a ottobre.

Ma la luce che porta è attenuata in questo momento da troppe ombre.

Cerchiamo la luce fra troppe tenaci tenebre: la pandemia (non è finita, checché se ne voglia pensare), la guerra (non accenna a finire, anzi…), gli aumenti indiscriminati dei prezzi (giustificati, anche quando sono ingiustificabili, dalle due precedenti emergenze citate).

Aspettiamo la luce, una luce vera. Il tunnel è lungo e l’oscurità è ancora fitta.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *