Questo cartello stradale si trova a Palermo, nella piazzetta alle spalle della Stazione Notarbartolo.
Si tratta evidentemente di un divieto di sosta, questo lo capiamo subito. Ma prevede una serie di eccezioni: infatti il divieto esclude “autovetture, motocicli, velocipedi e ciclomotori”.
Cosa resta? Suppongo i TIR, gli elicotteri, gli aerei, i motoscafi e i natanti. Infatti tutti parcheggiano tranquillamente. Il bello è che si prevede la rimozione forzata per i trasgressori: e quindi occorre immaginare dei mezzi di rimozione proporzionati agli oggetti da rimuovere (a proposito, come si rimuove un TIR?).
In realtà si ha l’impressione che questo sia uno degli innumerevoli segnali stradali messi a casaccio in città, data la “communis opinio” che di ogni cartello ognuno si può impunemente infischiare.
Aggiungo in proposito un aneddoto assolutamente autentico. In un ufficio della Regione Siciliana il ricevimento al pubblico era previsto dalle 10 alle 12. Alle 10,30 passate, diverse persone erano in attesa ma non si vedeva nessuno. Quando un tizio interpellò in proposito un usciere, mostrandogli il cartello con gli orari, questi rispose: “Lei non lo deve vedere quello che c’è scritto”.
Appunto. La Sicilia è speciale anche perché alcuni motti universalmente validi qui non hanno diritto di cittadinanza: infatti, se in genere “verba volant, scripta manent”, qui gli “scripta” sono effimeri e “volatili” come i “verba”. Se Platone fosse rimasto di più in Sicilia forse avrebbe finito per rammaricarsi di meno della caducità ed aleatorietà della scrittura.
Meglio dunque non fare affidamento su quello che si legge, ma basarsi sulla libera interpretazione soggettiva, che da queste parti è il prevalente criterio di giudizio.