L’alloro e l’ulivo

Il “Giambo IV” di Callimaco di Cirene (IV-III sec. a.C.) presenta la contesa fra l’alloro e l’ulivo, secondo lo schema tradizionale dell’αἶνος, cioè la favola, già utilizzato dagli antichi giambografi (ad es. in Archiloco comparivano la favola della volpe e dell’aquila e quella della scimmia e della volpe, cfr. frr. 174 e 185 W.).

Un’analoga disputa fra melograno, melo e olivo a proposito della ricchezza dei frutti è attestata nella raccolta di Esopo (385 Halm = 232 Hausrath). Altre suggestioni potevano venire dal contrasto fra i monti Citerone ed Elicona nella poetessa Corinna di Tanagra o dal celebre Certame di Omero ed Esiodo.

Il racconto deriva da una fonte locale (“dicono i Lidi antichi”, v. 7), confermando ancora una volta il canone callimacheo secondo cui non viene cantato nulla che non sia rigorosamente attestato (cfr. la ben nota affermazione ἀμάρτυρον οὐδὲν ἀείδω, fr. 612 Pfeiffer).

Il metro era il trimetro giambico scazonte, il dialetto lo ionico.

L’argomento del Giambo accenna al contesto da cui esso sarebbe scaturito, legato ancora una volta alle polemiche letterarie in cui era coinvolto Callimaco: “Il poeta era in contrasto con uno dei suoi rivali. Un tal Simo che si trovava lì per caso si intromise tra loro volendosi con ciò mostrare un loro pari. Dice che costui era un Trace (cioè un ladro di ragazzi). E aggiunge infatti una favoletta a proposito, che sullo Tmolo <l’alloro e> l’olivo erano in contrasto su a chi spettasse il primato…” (trad. D’Alessio).

Nel componimento, le due piante contendono per stabilire il primato fra di loro. Il contrasto presenta le caratteristiche dell’ἀγών:

  • ai vv. 18-44 si ha l’orgogliosa autodifesa dell’alloro che decanta le proprie lodi; è la pianta degli indovini, dei banchetti e dei sacrifici e costituisce il premio degli allori pitici; si definisce “sacro” (v. 37) e “puro” (v. 39), rinfacciando all’ulivo la sua associazione con “la strada che il becchino percorre” (v. 38).
  • ai vv. 46-92 segue la risposta dell’ulivo, basata sull’artificio retorico di una finta modestia; definisce il rivale “bellissimo in tutto” (v. 46), risponde all’accusa di essere connesso con i riti funebri facendone invece il suo vanto principale, “dei miei pregi il [più bello]” (v. 46), stabilisce una priorità fra le gare delfiche e quelle olimpiche affermando pindaricamente: “La gara a Olimpia è più grande / di quella a Delfi” (vv. 58-59).

Dal v. 61 il componimento ha una svolta, dato che l’ulivo riferisce il dialogo fra due uccelli che siedono tra le sue foglie (questo colloquio ricorda un analogo passo dell’Ecale, cfr. Callimaco frr. 70-76 Pfeiffer).

I volatili cinguettando esaminano gli argomenti a favore delle due piante:

  • l’alloro è stato creato dalla terra, l’ulivo da Pallade à vince l’ulivo;
  • fra gli immortali, Apollo onora l’alloro e Pallade l’ulivoà il confronto è pari, perché non si può fare distinzione fra gli dèi;
  • il frutto dell’alloro è inutile, mentre quello dell’ulivo è prezioso: è il pane del povero, è l’olio, produce le olive in salamoia che furono mangiate anche da Teseoà un altro punto a favore dell’ulivo;
  • i supplici protendono il ramo dell’ulivo e non certo dell’alloro à altro successo dell’ulivo;
  • i Delii custodiscono il tronco dell’ulivo, che diede ristoro a Leto quando aveva le doglie à quarto successo per l’ulivo.

Al termine uno dei due uccelli proclamava la netta sconfitta dell’alloro (v. 92). Di fronte al sussulto polemico del perdente, interviene un rovo a far da paciere: “Sciagurati, smettiamola, per non farci / deridere dai nemici!” (vv. 98-99).

L’intruso viene però zittito dall’alloro livido di rabbia. Qui il componimento si tronca.

Come si è visto, è altamente probabile che i personaggi della favola alludano a figure realmente esistenti e si inquadrino nell’ambito della polemica letteraria fra i poeti alessandrini dell’epoca.

Callimaco è stato identificato con:

  • l’umile rovo, che alla fine del brano provoca la reazione stizzita da parte dell’alloro;
  • la persona loquens della cornice,
  • l’ulivo; in tal caso il rovo sarebbe quel Simo, rivale di Callimaco, che aveva osato mettersi alla pari dei due litiganti.

Tuttavia, come scrive Perrotta, “leggendo una favola simile, si dimentica la morale, si dimentica la relazione con l’ignoto Simo e con la polemica letteraria di Callimaco. Il poeta s’è abbandonato alla libera gioia d’una delicata fantasia. Un’aria di scherzo fine, d’ironia maliziosa e sottile, avvolge con la sua levità tutto il contrasto” (G. Perrotta, Disegno storico della letteratura greca, p. 345).

Occorre infine notare che in greco i nomi dell’alloro e dell’ulivo (rispettivamente δάφνη e ἐλαία) sono femminili; e forse la contesa andrebbe immaginata tutta “al femminile”, creando quindi una prospettiva alquanto diversa.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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