Come ho ritrovato la mia Maestra di pianoforte

Pioveva fitto, lo scorso lunedì 8 agosto, sullo splendido parco di Schönbrunn a Vienna.

Una pioggia, per di più, non prevista (la app meteo.it, benché notoriamente pessimistica, fuori dai confini nazionali era andata in tilt e aveva previsto rassicuranti schiarite poi rivelatesi aleatorie).

La Gloriette a Schönbrunn – 8 agosto 2022 poco prima dell’acquazzone

Camminavamo, con due precari ombrellini in tre (di quelli che si disgregano e si “sconocchiano” puntualmente nel momento del bisogno), per il ghiaioso vialone che dalla Gloriette si dirige verso est.

Erano le 11,30 circa; avevamo ultimato la visita degli appartamenti reali e del parco, ma ora dovevamo affrettare il passo, perché alle 12 avevamo un appuntamento all’uscita su Am Platz a Hietzing.

Ero piuttosto emozionato; infatti stavo per rivedere, dopo quasi mezzo secolo, la mia insegnante di pianoforte, la prof. Maria Adelaide Bianchi, che vive in Austria dal 1973. L’avevo contattata pochi giorni prima con un arcaico SMS e lei si era mostrata disponibile e felice di rivedermi.

Ora dunque, mentre la pioggia aveva la meglio sull’impari resistenza dei nostri eroici ombrellini, rievocavo con la mente le tante ore di lezione con lei nello studio di mio padre.

La prof. Bianchi (ma d’ora in poi, come lei preferisce, la chiamerò “Marida”), originaria di Cecina in provincia di Livorno, figlia di un toscano (“filatelico e giramondo”, come lo definisce lei) e di una siciliana (la sig. Biondo di San Mauro Castelverde), era stata allieva di mio padre: veniva a lezione da lui per prepararsi ai concorsi; al termine, si fermava un’ora in più e mi dava lezioni di pianoforte.

Io avevo cominciato a strimpellare il piano anzitutto sotto la guida di papà; lui non voleva avviarmi alla sua carriera musicale (in particolare lo frenava il fatto che al conservatorio lo avrei necessariamente avuto come insegnante), ma aveva piacere che io imparassi a suonare meglio: avendo un’allieva come Marida, pianista bravissima e preparatissima, decise di affidarmi a lei.

Aprile 1962: all’età di 8 anni, io al piano

Ma io fui uno studente decisamente poco lodevole. Tanto diligente e impeccabile ero a scuola, tanto svogliato e renitente mi mostrai in queste lezioni di piano; e non certo per colpa della Maestra, bravissima, paziente, stimolante: ero io che non mi impegnavo adeguatamente, forse (e senza forse) per quel senso di disagio che si prova quando si pensa di doversi confrontare con il “peso” esorbitante dell’eredità paterna. Mio padre suonava il piano e il clarinetto (era diplomato in entrambi), ma anche l’oboe, il violino, la fisarmonica, l’armonica, il flauto e non so quanti altri strumenti (una volta improvvisò un breve concerto richiamando inopinatamente in servizio un “marranzanu” siciliano adibito a soprammobile, un’altra in Campania mostrò di saper suonare pure il “putipù”…): era un confronto impietoso per me e aveva un effetto paralizzante.

E dire che avevo un certo orecchio, un certo temperamento e una certa musicalità: spesso infatti mi mettevo al piano, ma non per studiare i brani assegnati dalla povera Maestra, bensì per improvvisare motivetti meno faticosi e molto più effimeri.

Oggi, quando mi metto al piano, rimpiango amaramente di non aver fatto miglior tesoro degli insegnamenti ricevuti.

Eravamo ora nella piazza di Hietzing, all’uscita da Schönbrunn, sul luogo previsto per l’appuntamento. Io guardavo tutte le persone anziane che si avvicinavano, curioso di riconoscere la mia Maestra, che ricordavo nel pieno splendore della sua giovinezza, bella e solare come poche persone.

Ora però, cinquant’anni dopo, come riconoscerla? Forse era più facile che mi facessi riconoscere io: certo, anch’io da allora sono cambiato non poco (diversi quintali di inutili capellacci neri in meno e molti chili in più); tuttavia, siccome con gli anni sono diventato abbastanza somigliante a mio padre, decisi di togliermi il cappellino che tentava invano di difendermi dall’acquazzone per sfoderare il mio cranio lucido inequivocabilmente pintacudiano.

Ma non ci fu bisogno: vedemmo infatti avvicinarsi a passo sveltissimo una bella signora che di anziano aveva solo l’età anagrafica, vivace, raggiante, solare sotto la pioggia, con un abito chiaro e con i capelli bianchi, che si sbracciava salutandoci.

Ci riabbracciammo e le presentai la mia famigliola.  Lei subito ci raccontò di sé: da quando si era sposata con il viennese Leo Kratochwil (morto purtroppo molto giovane, a soli 45 anni), aveva avuto due figli (Alexander che vive a Vienna e che le ha dato tre nipotini da lei ribattezzati “Qui, Quo, Qua” ed Eleonore che vive a Graz).

Hietzing (Wien), subito dopo l’incontro

Marida ci portò quindi in un elegante ristorante, che – guarda caso – si chiamava come me: “Mario” in Lanzer Strasse; qui abbiamo fatto un ottimo pranzo, innaffiato da ben sei calici di vino Tschermon, in un clima di cordialità favorito dalla personalità estroversa della mia Maestra.

Il ristorante “Mario” ad Hietzing

Lei (che ormai parla il tedesco perfettamente) scherzava con i camerieri, raccontava aneddoti, rievocava ricordi, ma al tempo stesso dimostrava di essere informatissima sul tempo presente, grazie anche alle tantissime sue letture, al suo desiderio costante di aggiornarsi e alla mentalità aperta e costruttiva.

Maestra e allievo mezzo secolo dopo – Ristorante “Mario” (Hietzing), 8/8/2022

Volle assolutamente che le dessi del “tu”, cosa che mi riesce difficile: come fa un allievo a dare del “tu” all’insegnante? (I casi in cui ciò succede, lo confesso, non mi piacciono troppo…). Ma – come dimostrò ineccepibilmente – ormai io sono vicino alla settantina e lei ha qualche anno in più: il “tu” sottolinea che ormai siamo “colleghi”…

Dopo il bel pranzo, Marida volle assolutamente offrirci un caffè a casa sua, distante poche fermate di tram e immersa nel verde in uno scenario incantevole. Qui, tra i tanti libri, le foto-ricordo, i cimeli di una vita operosa e di un’attività artistica straordinaria, con lo sfondo di un verdeggiante giardino (o boschetto?) condominiale, sorseggiammo un caffè che era un ottimo compromesso austro-italiano. Era per noi un po’ buffo il suo ricorrente “per favore” (traduzione del locale “bitte”), da lei usato spesso anche in occasioni inaspettate (“questo è il mio studio, per favore”), ma testimonianza tenace della cortesia straordinaria che è di casa in quelle zone.

Marida Bianchi in occasione di un suo “importante” compleanno

Nel pomeriggio ci salutammo contenti e un po’ commossi, con l’impegno da parte sua di venirci a trovare in Sicilia, dove la attirano anche le radici familiari materne (sua madre, come ho detto, era originaria di San Mauro Castelverde).

Mentre ci congedavamo, chiesi a Marida di inviarmi per mail alcune notizie sulla sua attività musicale e non, che sapevo assai intensa e degna di nota (mi riservavo già di parlarvene in questa sede…). Ebbene, nei giorni successivi, mi è giunta una pioggia di mail scritte futuristicamente dall’ipad (“Von meinem iPad gesendet”) della mia Maestra, con una serie impressionante di notizie, ricordi, testimonianze.

Qui mi limiterò a ricordarne frettolosamente qualcosa.

Marida era entrata al Liceo musicale “Paganini” di Genova all’età di soli nove anni. Gradualmente si appassionò enormemente agli studi musicali, studiando il pianoforte con la prof. Rossetti prima (sino al nono anno) e la prof. Pastorelli poi. Seguì poi corsi di perfezionamento pianistico al Conservatorio “B. Marcello” di Venezia e vinse una borsa di studio al “Paganini” di Genova.

Mio padre, che era stato già suo insegnante di Storia della Musica, cominciò ad elargirle “consigli saggi ed amichevoli”, guidandola nell’organizzazione di piccoli concerti con l’AGIMUS (Associazione Giovanile Musicale); poi, per farla “sistemare” meglio, le consigliò di prepararsi all’esame di abilitazione all’insegnamento della musica nelle scuole; scrive così Marida: «Con l’aiuto del M° Salvatore Pintacuda, mi preparo e vinco, quarta tra mille partecipanti. Ciò mi permetterà di cominciare ad insegnare nelle scuole medie».

Contemporaneamente Marida studiò Organo e Composizione organistica e frequentò dei corsi di perfezionamento a Salisburgo. La sua attività musicale continuò alla Scuola Media Bertani, ove organizzò la rappresentazione del “Barbiere di Siviglia” con i suoi allievi entusiasti, li portò (in epoca in cui assolutamente non si usava) alle prove generali delle Opere. Inoltre scriveva recensioni per concerti e opere (per il quotidiano genovese “Il Lavoro”).

Nel 1971 frequentò a Salisburgo dei Corsi di Didattica musicale, sotto la direzione di Leo Rinderer (una delle figure più influenti e importanti dell’educazione musicale austriaca), in compagnia di “grossi nomi, come il Davidovich  e Cesar Bresgen”.

Qui avvenne la svolta inaspettata nella sua vita: «Il corso è frequentato anche da un giovane austriaco, che mi traduce dal tedesco in inglese. Ci si ritrova nel ‘72 allo stesso corso. Leo, il giovane austriaco, ed io ci innamoriamo. In estate viene a Castiglioncello e a metà agosto siamo già fidanzati»

Nel 1973 dunque Marida sposò Leopold Kratochwil, pedagogista insegnante alle Scuole Medie austriache; in seguito fece per un po’ fa la spola fra Vienna e Genova, ma poi vennero i figli (prima Alexander, poi Eleonore) e dovette riprogrammare la sua attività.

Leo e Marida Kratochwil

Il marito intanto ottenne nel 1976 una cattedra all’Accademia di scienze pedagogiche a Feldkirchen, nel Vorarlberg; lei racconta: «Mi propongono di insegnare pianoforte al Conservatorio della Città: i miei figli intanto sono due ed io sono sola. Rinuncio». Ma non si fermò: insegnò in corsi propedeutici di educazione musicale, allestendo spettacoli; seguì i figli nei loro studi (Alexander studia il violoncello, Eleonore il pianoforte e il flauto dolce). Il compositore Ulf- Diether Soyka scrisse per madre e figli un pezzo per flauto dolce, violoncello e pianoforte: lo eseguirono come “Hietzinger Trio”.

Ulf-Diether Soyka

Purtroppo l’amatissimo marito, Leo, morì prematuramente nel 1994. I figli (grazie all’aiuto della madre) continuarono gli studi: «Alexander studia giurisprudenza. Eleonore continua con la musica, ma si laurea anche in Tedesco ed in italiano».

Eleonore, la figlia di Marida, con il marito Gabriel
Alexander

Madre e figlia si esibirono spesso con successo insieme (come duo pianistico a quattro mani o con pianoforte e flauto dolce), perfino in Lituania.

Anche quando Eleonore interruppe l’attività concertistica, l’attività frenetica di Marida Bianchi continuò: diresse cori, guidò con successo un gruppo di cittadini contrari alla costruzione di un’autostrada dall’impatto ambientale nefasto, conobbe molta gente in campo politico, organizzò mostre e conferenze, tradusse in italiano il testo per la Tesoreria Imperiale (Schatzkammer) nella Hofburg, fece altre traduzioni per il “Kunsthistorischen Museum”; si improvvisò anche guida turistica, diresse la società Ulf-Diether Soyka, eccetera eccetera eccetera.

Marida conclude così una delle sue mail: «Caro Mario, ho scritto nuovamente un po’ troppo. Riducilo all’essenziale, se lo vuoi mettere da qualche parte. […] Ieri ho ancora lavorato sulla vita di mio marito Leo. Spero di poterla finire al più presto. Ma se vedo ancora una volta quanto non si è più realizzato dei suoi sogni, del suo desiderio di migliorare il mondo della scuola e così quello dei bambini, mi viene tanta tristezza.  Bah! Così è la vita…. Ti/vi abbraccio con tanto affetto. È venuto poco fuori quanto fosse grande il rispetto e l’affetto che ho per tuo padre: mi ha tanto aiutato con i suoi consigli. Ed ho sempre sentito in lui una personalità buona e di grande valore. E in te un simpaticissimo, un monello un po’ nascosto, sotto la buonissima educazione…».

Ora questo monello nascosto coglie l’occasione per dire pubblicamente “grazie” alla sua Maestra Maria Adelaide Bianchi, non solo per quello che (nonostante fosse un alunno birbante) gli ha insegnato, ma soprattutto per la sua incommensurabile ricchezza umana, professionale, artistica. Persone come lei arricchiscono questo curioso pianeta e lo rendono straordinario.

Grazie, Maestra!

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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